La Sanità deve passare alla fase due della digitalizzazione, compiendo il salto dai progetti dematerializzazione (vedi Fascicolo Sanitario Elettronico) all’uso intensivo dei dati de-materializzati e dei Big Data della Rete.
Si tratta di offrire un nuovo corredo informativo alla governance clinica nazionale, regionale, aziendale e per una medicina di precisione personalizzata, la presa in carico dei pazienti con patologie croniche, fino all’home care.
Ma per colmare il gap tra aspettative e realtà e, quindi, passare alla fase due, occorre superare una serie di problematiche e compiere innanzitutto una rivoluzione culturale, che vede tra i suoi strumenti anche l’Intelligenza artificiale e il machine learning.
Connected care e cittadino al centro
Proprio quest’anno l’Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano ha indicato una strada diversa dal passato. L’Innovazione digitale in sanità passa da due paradigmi: il connected care e il cittadino al centro. Ma cosa significa questa scelta per la governance del nuovo welfare sanitario?
La domanda è tutt’altro che banale, perché portando questi due paradigmi alle estreme conseguenze si ribalta completamente una cultura digitale durata trent’anni in sanità e non soltanto in questo ambito.
La tesi sostenuta dal politecnico è nota. La rivoluzione demografica (nel 2050 il 35% della popolazione sarà composta di over 65) porta a uno straordinario incremento di domanda di servizi per la salute, anche per motivi di crescita culturale sui valori dello star bene. Di converso le risorse a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale resteranno stabili o più realisticamente caleranno (si prevede dal 6.6 al 6.4 del PIL).
In questa contraddizione, che si somma a quella di un progressivo assottigliamento dei servizi sociali comunali a causa della crisi finanziaria degli enti locali, c’è tutta la dimensione esplosiva del fenomeno sanità. Già oggi, infatti, su 2.800.000 anziani non autosufficienti presenti in Italia, soltanto trecentomila (poco più del 10%) sono assistiti dal servizio pubblico socio-sanitario.
La risposta del Politecnico a questo scompenso è, come sappiamo, l’innovazione digitale in termini di efficientamento del sistema e di empowerment del cittadino. Un mix destinato ad avvicinare nell’ambito del welfare sanitario la domanda all’offerta e viceversa. Ma siamo sicuri che funzionerà?
Esaminiamola nel dettaglio. La proposta dell’Osservatorio si articola più precisamente in quattro macro temi sui quali focalizzare l’innovazione attraverso il digitale:
- la prevenzione e gli stili di vita con un utilizzo intensivo di Internet e dei social;
- l’accesso elettronico con i Cup e il pagamento on line;
- la continuità di cura con il follow-up in rete e l’informatizzazione del percorso di cura, ma anche attraverso un uso estensivo delle applicazioni tecnologiche di intelligenza artificiale.
- E, infine, una nuova frontiera di impiego degli e-Data e dei Big Data (data analytics) per riorganizzare i processi e creare valore in sanità.
Telemedicina e Fascicolo Sanitario Elettronico
L’analisi del Politecnico però rivela anche due aspetti inquinanti dell’universo e-Health italiano. Due colonne portanti del processo di de-materializzazione della sanità segnano vistose incrinature: sono la Telemedicina e il Fascicolo Sanitario Elettronico.
I progetti della Telemedicina hanno assorbito negli ultimi due decenni molti soldi di investimenti europei, del Governo e delle Regioni senza lasciare tracce durevoli in termine di innovazione nei percorsi di cura e soprattutto di de-ospedalizzazione e Home Care.
Il concetto stesso di telemedicina è culturalmente datato, perché si basa su un impianto teorico pre-Internet e non a caso ebbe il suo massimo splendore con gli impianti radio destinati alle grandi unità della Marina e delle zone rurali nordamericane.
Diverso è il discorso sul Fascicolo Sanitario Elettronico, che ha rappresentato l’unico reale tentativo in Italia di costruire una architettura e-Health centrata non sulla burocrazia ma sul cittadino. Il suo parziale fallimento – tutti gli italiani dovevano poterlo utilizzare dalla fine del 2015 – deriva da due fattori:
- L’impossibilità di definire una politica nazionale di de-materializzazione della sanità nel contesto di un servizio sanitario estremamente frazionato a livello regionale, con un sistema di governance centrale debole, soprattutto sul terreno delle innovazioni condivise;
- L’incapacità dei sistemi regionali, anche quelli più dinamici come Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Trentino di offrire soluzioni tecnologiche per il cittadino al passo con la cultura consumer del mercato digitale.
Quest’ultimo fattore ha creato un cambiamento di medium, dal cartaceo (certificati, sportelli) al digitale (FSE, CCE), a due velocità: quella del sistema sanitario pubblico e quella del mercato, della gente. Il primo, il sistema pubblico, ha tempi di progettazione, realizzazione e implementazione che sono mediamente dieci volte maggiori del mercato consumer del digitale.
La tecnologia dei Fascicoli che conosciamo è quella di circa quindici anni fa, perché in queste regioni sono stati ideati e progettati tra il 2000 e il 2005, implementati nei dieci anni successivi con una lentezza impressionante (e parliamo delle regioni ‘di punta’), portati a regime dal 2015 a oggi. Mentre metà degli enti regionali d’Italia sono ancora al nastro di partenza a sei anni dalla legge che lo rende obbligatorio (non per l’utente ma per la PA): quella del ‘decreto fare’ del Governo Letta del 2013.
CupWeb e Cup 4.0
L’unica innovazione che si è diffusa e ha contribuito a cambiare i processi di accesso alla sanità sono stati i Cup, i Centri Unificati per la Prenotazione elettronica, avviati in epoca pre- Internet (il primo a dimensione metropolitana è nato Bologna trent’anni fa). Oggi questi sistemi si stanno sviluppando a livello regionale nella versione CupWeb e Cup 4.0 e prevedono una totale de-materializzazione delle agende mediche specialistiche e di diagnostica. Anche se è utile ricordare che soltanto dopo 15 anni, cioè nel 2005, sono stati riconosciuti per la prima volta dal Piano Sanitario Nazionale e ci sono voluti altri dieci anni, venticinque in totale, per far mettere a gara la loro realizzazione dalla maggioranza delle regioni italiane (ma non ancora da tutte!).
La stessa regione dove il Cup è stato inventato, l’Emilia Romagna, lo considerò per diversi anni una innovazione di nicchia, senza possibilità di espansione e a costo troppo elevato, al punto da prevederne una disinstallazione dopo cinque anni di funzionamento a causa delle forti pressioni della burocrazia sanitaria. Il primo Cup abbatteva, con una prenotazione elettronica, già otto passaggi burocratici per il cittadino che intendeva prenotare una visita ed era, inoltre, già dotato di una ‘Cupcard’ non molto diversa dalle attuali tessere sanitarie.
Va però riconosciuto che il FSE – i primi attivati sono quelli dell’Emilia Romagna (Progetto Cup2000) e della Lombardia (Progetto Siss e Lispa) – hanno costituito un serio tentativo di creare in Italia un sistema di cultura internet citizen-centered, come propone oggi il Politecnico di Milano e connected care.
Nel FSE i dati della storia clinica individuale sono raccolti dal cittadino e resi permanentemente online su internet in forma protetta, appunto per una connected care. Uno dei primi FSE attivati in Emilia Romagna permise di fornire dati per curare un paziente a Pechino trasferitosi per un viaggio di lavoro in Cina. L’architettura interoperabile del Fascicolo, originariamente concordata in sede Agid con le Regioni pilota, ha tutte le caratteristiche di una soluzione e-Health compatibile con un sistema di ultima generazione Internet.
Il passaggio a tecnologie di rete consumer- per fare un esempio: utilizzare il Fascicolo con Whatsapp in sicurezza e senza bardature burocratiche di accesso e navigazione – permetterebbe di rivoluzionare l’accesso alle informazioni e alle prestazioni della sanità, fondendo FSE e Cup Web in unica piattaforma al servizio del cittadino.
I tre problemi da risolvere per passare alla fase due
Ma tutto questo è sufficiente per colmare quel divario indicato dall’Osservatorio PoliMi tra aspettative e offerta di salute nei prossimi anni?
Certamente no se non si utilizza la de-materializzazione delle informazioni sanitarie per risolvere tre problemi basilari:
- la governance clinica real time,
- la personalizzazione delle cure,
- la presa in carico digitale.
Uno sforzo che può essere compiuto solo utilizzando la straordinaria potenza del combinato eData-Big Data, cioè ricostruendo il ‘corredo informativo’ della cura e ancor prima della prevenzione con tecniche predittive di estrazione dei dati.
In altre parole, come abbiamo già accennato, la sanità ha bisogno di percorrere la fase due del cambio di medium da cartaceo a digitale con il passaggio dai progetti strumentali di de-materializzazione, quella che un tempo chiamavamo ‘informatizzazione‘ (gli applicativi di reparto, la CCE, i flussi, poi il FSE) all’uso intensivo dei dati de-materializzati e dei Big Data della Rete.
I dati comportamentali dei pazienti rilevabili dai sistemi Cup 4.0, di quantified self dal web, quelli di sentiment analysis e ambientali estraibili dai social, assieme ai dati Proms auto-prodotti dagli utenti sul loro stato di salute, nonché ai dati genetici, devono permetterci di riscrivere completamente la base informativa e gestionale del SSN.
Ai ‘dati amministrativi’ strutturati, che, tradizionalmente formano il corredo informativo della governance, occorre aggiungere, in termini di disponibilità real time, quelli non strutturati del web, o semplicemente de-materializzati nei FSE e nei Cup, interpretabili con una nuova generazione di algoritmi.
L’intelligenza artificiale e la scienza del Machine Learning diventano, poi, un naturale supporto al professionista sia medico che manager per operare in un quadro di alta complessità e di esplosione dell’informazione.
Questa operazione culturale non può più essere compiuta, però, stando all’interno dei Servizio Sanitario Nazionale pubblico e nemmeno allargato a quello, sempre più robusto e poket per i cittadini, delle cliniche private. Occorre che la ricostruzione del corredo informativo Health avvenga in un contesto ampio, tanto più in presenza di un’utenza con problematiche sociali crescenti.
Un’operazione che va condotta partendo da un ecosistema ambientale in grado di contenere e armonizzare, con il nuovo medium ad alta comunicazione (de-materializzazione e virtualizzazione delle informazioni), i diversi ‘silos’ del welfare assistenziale secondo uno schema progressivo di ambiti virtualizzazione già richiamati (ma non sviluppati) dal Piano Triennale dell’Agenda Digitale Italiana.
Sono ambiti, quelli sotto indicati, tendenzialmente crescenti e avvolgenti per il cittadino, ma anche per una nuova governance del sistema assistenziale italiano.
➡️Sanità-Salute (FSE)
➡️➡️ Socio-Sanitario (Fascicolo Socio-Sanitario Elettronico)
➡️➡️➡️ Ambiente (Fascicolo Ambientale)
➡️➡️➡️➡️ Servizi estesi di Welfare (My Page dell’eWelfare)
➡️➡️➡️➡️➡️ Smart City (My Page Smart del Cittadino)