Il digitale in Sanità non è ancora strutturato e la cultura dell’innovazione ancora deve permeare gli attori e le istituzioni della sanità.
Risultato: la Sanità italiana non è ancora preparata a fondo per affrontare le sfide covid-19. Quelle che stiamo vivendo ora e quelle che occuperanno i prossimi mesi.
Le risorse non possono più essere l’alibi per non sviluppare una seria politica di innovazione digitale del nostro Sistema Sanitario, dal momento che ingenti saranno i fondi destinati agli investimenti in Sanità che arriveranno dall’Europa.
Possiamo insomma adesso ridisegnare la Sanità, con azioni di digitalizzazione che avremmo già dovuto fare prima; almeno adesso non rimandiamole più.
Tutti i problemi della sanità (senza innovazione digitale)
Già la prima ondata dell’emergenza sanitaria ha messo in luce le carenze del nostro Sistema Sanitario: i tagli lineari alla sanità degli ultimi decenni hanno ridotto di molto le risorse umane e materiali necessarie a rispondere ai bisogni dei cittadini; il territorio – troppo frammentato e spesso abbandonato a sé stesso – non è stato in grado di dare una risposta coordinata e organica, lasciando cadere il peso troppo sulle spalle degli ospedali; il “gemello digitale” (per usare un termine di moda, indicato anche nel cosiddetto “Piano Colao” come una delle priorità di innovazione da attuare) della sanità non era pronto e disponibile nel momento del bisogno e mancava come l’aria ai pazienti Covid, nonostante fossero diversi anni che gli esperti del settore sollecitavano le aziende sanitarie in tal senso.
L’immagine è forte, lo sappiamo, ma è oggettiva: restituisce il senso di vuoto che il comparto della Sanità ha sentito nei mesi scorsi e che ci auguriamo non debba provare nei prossimi.
È proprio l’innovazione digitale, infatti, il filo rosso che lega buona parte delle risposte ai problemi del Sistema Sanitario: aiuta a trovare un nuovo punto di equilibrio tra sostenibilità economica, qualità dei servizi sanitari e volume di pazienti; sposta le cure verso il territorio e vicino al cittadino-paziente; apre nuove opportunità per servizi innovativi, sempre più personalizzati e predittivi della salute di una popolazione.
Non è un caso che fin dalle prime fasi dell’emergenza il tema sia tornato alla ribalta a tutti i livelli decisionali. A livello locale e aziendale alcune iniziative si sono sviluppate, in modo embrionale e tattico, sul territorio nazionale e hanno sfruttato il digitale per raggiungere i pazienti al domicilio. A livello centrale, il digitale ha trovato ampio spazio all’interno dei piani di rilancio (Decreto Rilancio, Piano Colao, ecc.), ma anche in specifici documenti di indirizzo (ad esempio le Linee Guida dell’ISS per la Telemedicina o il Documento della Commissione Salute delle Regioni) che ne hanno normato l’utilizzo – nel caso della Ricetta Elettronica e della Telemedicina. Inoltre, diverse Regioni (in particolare Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Province Autonome di Trento e Bolzano, Lazio, Abruzzo, Puglia, Umbria, Sardegna) hanno regolamentato la tariffazione delle prestazioni di Telemedicina.
Passata questa prima ondata di entusiasmo (per il digitale), ora che ci apprestiamo a vivere una nuova fase della pandemia, abbiamo la conferma che il lavoro di questi mesi non sia stato sufficiente e che ci si sia dimenticati troppo velocemente dei buoni propositi. Forse qualche settimana di apparente normalità ci ha fatto tornare alle vecchie abitudini, sospendendo o rimandando gli investimenti nel digitale, sperando che il nostro “gemello digitale” fosse solo un lontano ricordo, non più necessario. Eppure, dovremmo aver toccato con mano i vantaggi della sanità digitale. È stato comodo poter contare su una visita di controllo da remoto con il nostro medico quando non potevamo uscire di casa; è stato utile prenotare online l’orario di accesso all’ospedale per una prestazione diagnostica; ci siamo addirittura ricordati di avere un Fascicolo Sanitario Elettronico e di poterlo usare per ottenere la ricetta del medico e ritirare i nostri farmaci.
Allora, cosa non funziona ancora? Perché non siamo passati tutti in massa alla sanità digitale?
Le tre azioni prioritarie per una Sanità (digitale) a prova covid
È quindi ora il momento giusto per far tesoro di tutte le iniziative e per sfruttare la spinta al digitale e gli investimenti che arriveranno per indirizzare le azioni prioritarie. Tra queste, in prima battuta, rientrano a nostro avviso le seguenti tre:
- la Connected Care e la Videovisita, perché non possiamo più permetterci un blocco delle attività clinico-sanitarie e assistenziali, soprattutto per i pazienti non affetti da Covid (le stime parlano, ad esempio, di quasi due milioni di prestazioni rimandate solo per quanto riguarda l’area oncologica);
- l’accoglienza digitale, per ridurre oggi le occasioni di contagio e domani le attese senza valore aggiunto dei cittadini-pazienti presso le strutture sanitarie;
- l’utilizzo dei dati per finalità epidemiologiche e di prevenzione, per evitare di farsi cogliere di nuovo impreparati alla prossima pandemia e passare davvero da un sistema reattivo a uno proattivo e predittivo.
Avremo occasione di approfondire queste azioni a ForumPA Sanità 2020 nel webinar dedicato alla Sanità Digitale e alle priorità da stabilire per una risposta immediata ai bisogni del Sistema Sanitario, ma iniziamo a evidenziarne i risvolti pratici di seguito.
Connected care e videovisita
Per Connected Care si intende la progettazione di nuovi modelli di prevenzione e cura supportati da soluzioni tecnologiche che abilitino l’integrazione tra i servizi, grazie alla condivisione delle informazioni dei cittadini e dei pazienti tra tutti gli attori coinvolti (medici e infermieri ospedalieri, operatori sanitari sul territorio e a domicilio, pazienti, referenti istituzionali, ecc.) in una piattaforma unica con dati omogenei. Tra i servizi che rientrano in questo modello, la Videovisita è sicuramente uno dei principali, anche nella sua semplicità: garantisce la continuità di cura, soprattutto per i pazienti cronici e fragili, a tutte le visite di controllo, e riduce al minimo gli spostamenti dei cittadini. L’importanza di sfruttare le soluzioni digitali come mezzo per erogare le visite e raggiungere i pazienti al loro domicilio è stata evidente soprattutto durante l’emergenza sanitaria, ma l’impatto e i benefici potrebbero essere ancora più elevati se tale modello fosse equiparato alla normale pratica clinica, come ancora troppo faticosamente sta avvenendo. In modo analogo, potrebbero essere riorganizzati i servizi territoriali attraverso piattaforme per la presa in carico, la rilevazione degli stili di vita (ad esempio attraverso la raccolta di dati da sensori indossabili o domestici) e il supporto medico con chat e videovisite certificate, oltre a moduli per servizi specialistici (ad esempio per patologie cardiologiche, respiratorie, endocrine e metaboliche, ecc.).
L’accoglienza digitale
La seconda azione riguarda i percorsi di accoglienza dei pazienti all’interno delle strutture sanitarie e territoriali che, grazie alla tecnologia, possono essere calibrati per minimizzare il tempo di permanenza del paziente nella struttura sanitaria. L’accoglienza digitale, infatti, togliendo dal canale fisico le operazioni di prenotazione, accettazione, pagamento e ritiro dei referti, fa sì che il paziente si trattenga in struttura solo per il tempo di erogazione delle prestazioni, rimuovendo inoltre le lunghe attese per le diverse operazioni.
Uso dei dati a supporto dei processi decisionali
Terzo tassello fondamentale, non certo per ordine di importanza, è il ripensamento della gestione e analisi dei dati a supporto dei processi decisionali. Occorre infatti raccogliere e valorizzare i dati di salute lungo tutto il percorso di cura del paziente, per comprendere l’evoluzione delle esigenze della popolazione e reagire più tempestivamente al cambiamento. Il cittadino-paziente deve essere parte attiva di questa cultura del dato, orientata alla prevenzione e alla predizione più che al controllo, che ha storicamente caratterizzato l’approccio alla gestione dei dati raccolti dalle piattaforme di Connected Care (adeguatezza terapeutica, predizione sviluppo patologia, controllo dei pagamenti, controllo dei consumi, ecc.). Diversi sistemi sono già attivi per la raccolta dei dati, a cominciare dal Fascicolo Sanitario Elettronico, la cui piena disponibilità sarebbe oggi estremamente preziosa. Analogamente alla strategia per lo sfruttamento dei Big Data in ambito meteorologico, dovremmo preoccuparci di pianificare lo sfruttamento dei Big Data in sanità per prevedere lo stato di salute delle comunità e preservare le fasce più fragili, attraverso la costruzione di vere e proprie mappe di fragilità che siano la sintesi di indicatori economici, sociali, clinici, ambientali.
Conclusioni
Il mondo interconnesso in cui viviamo ci impone il ripensamento dei modelli che regolano diversi aspetti delle nostre vite (sociale, economico, ambientale) e questo influenza anche il modo in cui ci prendiamo cura della nostra salute. Tutto ciò richiede una forte capacità di progettazione, che deve necessariamente tenere conto di diverse variabili ma che, al contempo, ha molte più opportunità rispetto al passato, mutuando buone pratiche, conoscenze, competenze, modelli da altri ambiti e adattandoli al contesto sanitario.
Come team Healthcare Innovation di Partners4Innovation (P4I) ci stiamo impegnando nel fare la nostra parte, strutturando in un modello semplice ed intuitivo le competenze acquisite per la trasformazione digitale del Sistema Sanitario. EmpowerCare è l’ecosistema di servizi pensato per tutti gli attori della Sanità, capace di supportarli nel percorso di evoluzione digitale con interventi a livelli crescenti di complessità e impatto organizzativo: dalla progettazione dei nuovi modelli di cura e assistenza, fino alla scelta delle soluzioni tecnologiche e al coordinamento nella realizzazione dei nuovi servizi.
Alla capacità di progettazione dovranno affiancarsi competenze specifiche (tecnologiche, sociologiche, analitiche) e un orientamento alla condivisione che andranno naturalmente a favorire il digitale come leva per la trasformazione del Sistema Sanitario, per passare, quindi, dalla logica della “cura” del problema al “prendersi cura” del cittadino-paziente, attraverso un Sistema finalmente proattivo e predittivo.