La digitalizzazione della sanità presenta vantaggi per il miglioramento dell’assistenza sanitaria, come il risparmio di tempo e il miglioramento del monitoraggio, ma pone anche molte sfide al quadro normativo e politico.
Se non si affrontano queste sfide con una visione strategica che faccia andare di pari passo la realizzazione di una solida infrastruttura – basata su telemedicina e Fascicolo Sanitario Elettronico – e una adeguata formazione dei medici e il coinvolgimento dei pazienti, anche questa volta si rischia di vanificare gli sforzi per la trasformazione digitale della sanità.
La nuova Sanità col PNRR: digitale e dati sono i pilastri del futuro
Le politiche a sostegno del cambiamento in Sanità
Gli strumenti digitali possono fornire un supporto efficace nel settore sanitario, senza sostituire il ruolo fondamentale degli operatori, e contribuiscono a rendere più sostenibile tutto l’ecosistema, ma è necessario che le politiche pubbliche sostengano il cambiamento e le pratiche innovative.
La sanità digitale in Italia dovrebbe essere sorretta da due interventi principali: la Piattaforma Nazionale di Telemedicina, cui seguiranno quelle regionali dedicate ai cosiddetti micro-servizi, e il nuovo Fascicolo Sanitario Elettronico.
Quest’ultimo progetto, in particolare, sin dalla sua creazione non ha raggiunto i risultati previsti. Soprattutto per quanto riguarda la sua alimentazione e diffusione presso gli stessi cittadini, piuttosto disomogenee sul territorio nazionale.
I dati sullo stato della Sanità digitale
Per fare un quadro sullo stato della sanità digitale in Italia è importante utilizzare anche i dati a disposizione.
In chiave comparativa, un report dell’OECD del 2020 indicava l’Italia come ultima, nel panel di nazioni considerate, per utilizzo di sistemi digitali nella ricerca di informazioni online per il loro benessere.
Mentre i risultati recenti dell’Osservatorio Sanità Digitale hanno indicato trend interessanti, per quanto non tutti positivi. Tra il 2022 e il 2021, infatti, vi è stato un calo delle televisite. Durante il primo anno di emergenza (dato 2021) il 39% dei medici specialisti aveva utilizzato questo strumento. Tra i medici di medicina generale il dato era identico. Nell’ultimo anno, invece, solamente il 26% degli specialisti ha dichiarato di essersene avvalso e il 22% tra i medici di famigli. Dati più specifici sull’utilizzo delle televisite mostrano che il sistema è ancora tutto da costruire. Il 58% degli specialisti effettua meno di 5 televisite al mese e il 38% possiede slot dedicati appositamente nella propria agenda. Numeri inferiori per gli MMG, rispettivamente 57% e 20%.
Le barriere che ostacolano la digitalizzazione sanitaria
Secondo le rilevazioni dell’OECD continuano a sussistere barriere importanti nella digitalizzazione sanitaria. Tra queste le più rilevanti secondo gli operatori afferiscono alla carenza di investimenti da parte delle istituzioni pubbliche e di politiche specifiche per lo sviluppo della telemedicina. In particolare, prima del 2020, uno degli elementi più problematici era la mancanza di un sistema di rimborsi per le prestazioni che disincentivava gli operatori stessi a fare uso di strumenti digitali. Con le linee di indirizzo nazionali, che il Ministero della Salute ha pubblicato nel 2021, si è provato a venire incontro a questa esigenza. Tuttavia, rimangono ancora alcuni aspetti cruciali da affrontare.
Gli aspetti cruciali da affrontare
In primis, un quadro politico e di governance ben preciso. In secondo luogo, nella rilevazione OECD è però nella prima posizione delle barriere all’adozione della telemedicina, il fattore culturale che fa il paio con la preparazione delle strutture e degli operatori.
Il problema della governance
Al problema della governance e delle policy, il governo italiano ha posto attenzione particolare attraverso varie soluzioni. Non da ultimo il nuovo ruolo conferito ad AGENAS di attore principale, in concerto con il Ministero della Salute e il Ministero dell’Innovazione e della Trasformazione Digitale, come stakeholder di riferimento per l’attuazione degli indirizzi politici. Come?
Con l’impostazione della Piattaforma Nazionale di Telemedicina, che oltre alla funzione di governance e validazione delle varie soluzioni, dovrà gestire l’applicazione delle regole comuni di processo (workflow clinico), delle codifiche e degli standard terminologici, e di valutazione dei risultati.
Con la creazione di un nuovo sistema di trasmissione dei dati e dei documenti verso il FSE a livello nazionale.
Il nodo della formazione dei medici
Ciò che, per il momento, non è ancora ben definita è una parte interessante dell’ecosistema di sanità digitale che si intende costruire. Una parte che riguarda sia i medici sia i pazienti. Non vi è dubbio che una solida infrastruttura costituisca la base di partenza per avviare il processo di trasformazione digitale nel settore della salute. Tuttavia, non vanno tralasciati diversi aspetti che coinvolgono il medico in quanto utilizzatore delle soluzioni e il cittadino che ne è il principale beneficiario (nella definizione della Piattaforma di Telemedicina sono esplicitati gli obiettivi della presa in carico e della maggiore accessibilità alle prestazioni).
Sarà fondamentale, dunque, rendere parte integrante del sistema gli operatori sanitari investendo soprattutto nella formazione e nella condivisione di best practice, diverse delle quali già esistenti nel territorio italiano ed europeo. Il cambiamento culturale non può passare solamente dalla presenza di strutture, regole e standard, bensì dal coinvolgimento degli attori principali.
Conclusioni
Come già osservato in altri settori, tra di essi l’Industria 4.0, senza le competenze e la visione strategica è difficile ottenere i risultati sperati.
Allo stesso modo, senza mettere il paziente al centro e senza progettare un’adeguata comunicazione dei benefici che derivano dalla digitalizzazione, il rischio è di aver realizzato una transizione a metà. Le stesse strutture sanitarie vanno messe nelle condizioni di costruire un nuovo rapporto con la loro comunità di riferimento attraverso i micro-servizi delle piattaforme regionali che devono sì integrare gli elementi principali della telemedicina (televisita, telemonitoraggio, teleconsulto etc.) ma anche strumenti di informazione, comunicazione e dialogo costante con i pazienti.
Frequentemente nella storia italiana si sono ripetute esperienze e tentativi di cambiamento o evoluzione. Spesso sono state fallimentari o parziali. Perché? Non si è riuscito a creare il tanto agognato sistema. È necessario operare affinché questo non succeda anche nell’ambito della sanità.