C’è grande attesa per la trasformazione digitale della sanità finanziata in periodo COVID19 con i fondi straordinari europei. L’aspettativa è alta: ridisegnare strutturalmente l’architettura del servizio sanitario nazionale attraverso la riprogettazione del suo sistema informativo dal lato del cittadino (Fascicolo sanitario elettronico, telemedicina), del medico e della comunità; ma anche della governance e della ricerca (programmazione, sorveglianza epidemiologica, modelli predittivi).
La sanità pubblica è parte della PA, per la quale tutti attendono un colpo formidabile inferto al castello della sua burocrazia, che nemmeno il leggendario Bassanini riuscì a espugnare con la leva dell’autocertificazione.
Una sanità digitale di comunità (che arriva fino alla casa come principale luogo di cura), che prende in carico (eCare) la persona e non solo corpi segmentati in tante patologie (‘silos verticali’ dell’assistenza prestazionale, a bancomat), che sia co-progettata nell’ambito di un welfare di comunità.
Senza la salute e la sconfitta del virus l’economia non riparte.
L’introduzione del nuovo medium serve per generalizzare l’uso delle informazioni dematerializzate in formato digitale e per produrre servizi. Le cose, come i pc e gli oggetti della vita quotidiana, sono già prodotti su basi informative virtualizzate con un basso tasso di burocrazia. È la PA della sanità che ancora non si stacca definitivamente da un mondo di specchi opachi, autoreferenziale e discrezionale, nel quale l’informazione serve innanzitutto per il controllo economico-amministrativo.
In ogni caso una sanità ad alta comunicazione è una delle leve principali di sviluppo economico per tutto il paese.
Le novità del decreto legge 1 marzo 2021
Viene spontaneo quindi chiedersi chi coordina questo design e ancor prima lo realizza? Ecco allora l’idea che sembra trasparire dai provvedimenti recenti del governo Draghi. Mi riferisco al “Decreto legge 1 marzo 2021, n.22, disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri”. Leggiamolo.
Il decreto cambia un po’ la disposizione delle carte della governance digitale italiana, in particolare nell’articolo 8 che tratta delle funzioni tecnologiche di transizione digitale e istituisce il Comitato Interministeriale per la Transizione Digitale.
Questo comitato – il CITD – ha sede presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e si occupa “del coordinamento e del monitoraggio per tutte le iniziative di innovazione tecnologica e digitale della pubblica amministrazione”. Nel decreto è detto però chiaramente che sono ricompresi nelle attribuzioni del comitato anche interventi che erano prima di competenza esclusivamente ministeriale o settoriale.
Le aree strategiche di progetto messe sotto la sorveglianza del CITD sono in realtà pochissime:
- le strategie per la banda larga;
- il fascicolo sanitario elettronico e le piattaforme dati della sanità;
- lo sviluppo e diffusione delle tecnologie emergenti dell’intelligenza artificiale, dell’Internet delle cose (IoT) e della blockchain.
Il fascicolo sanitario tra le “colonne” della trasformazione digitale
Sulla composizione del comitato, sul rapporto di questo ultimo con la Conferenza delle Regioni e delle Università, già si è scritto in queste pagine elettroniche e altrove. Quello che invece voglio sottolineare è una straordinaria e inusuale attenzione verso il fascicolo sanitario elettronico, collocato per la prima volta tra le tre colonne della trasformazione digitale.
Il FSE è stato per lungo tempo trascurato e perfino beffeggiato da non pochi ’esperti’ della sanità digitale. Giudicato spesso un ibrido tra i vari ‘applicativi’ della sanità elettronica. Anche su queste pagine non sono mancati gli scritti di autorevoli autori che continuano a confondere le funzioni del FSE con quelle della cartella clinica elettronica (CCE), cioè di due aggregatori di dati dematerializzati di salute completamente diversi. L’uno infatti, come è noto, è rivolto al cittadino, mentre il secondo al medico curante.
La ‘riscoperta’ del FSE da parte del Ministero della Salute – negli ultimi due governi – e certamente il lavoro fatto in quindici anni da alcune regioni virtuose come l’Emilia-Romagna, la Lombardia e il Trentino – permettono oggi al fascicolo sanitario elettronico di essere considerato dal governo Draghi come uno degli obiettivi al centro della strategia italiana della trasformazione digitale. E questo è talmente vero che la sua realizzazione viene in qualche modo sottratta a una visione settoriale o se vogliamo solo ministeriale o regionale.
L’FSE passa sotto il controllo del Presidente del Consiglio
Non certo, da quello che capisco leggendo il decreto 1 marzo, per sottrarre la realizzazione di questa importante opera di profonda rivoluzione del sistema sanitario al Ministero della Salute e alle Regioni, che restano gli attori protagonisti della sua diffusione. L’FSE sarà, da ora in poi, sottoposto, assieme a pochissimi altri progetti strategici, al diretto controllo del Presidente del Consiglio e della sua struttura appositamente costituita. Questo anche per sottrarlo a quella ragnatela di resistenze e di settorialità che, a otto anni dall’approvazione della legge istitutiva, ne ha impedito il pieno sviluppo orizzontale (in tutte le regioni, tra tutti i cittadini) e verticale, come principale aggregato di dati di salute degli italiani per la governance della sanità e la sorveglianza epidemiologica.
Infatti, il CITD non si limita a raccogliere dai ministeri e dai dipartimenti i progetti per un generico coordinamento; esso svolge anche funzioni di accurato esame e di “valorizzazione delle connessioni”; esamina le modalità esecutive più idonee per realizzare i progetti. Svolge inoltre funzione di monitoraggio delle azioni dei progetti in corso per verificare lo stato di attuazione dell’attività, per individuare disfunzioni e criticità. Un compito di grande utilità se riferito al FSE e alla sua storia.
Per questa funzione, infatti, è costituita presso la presidenza il Consiglio dei ministri una struttura competente per l’innovazione tecnologica e la gestione digitale che costituisce il braccio tecnico-amministrativo del Comitato.
Le piattaforme strategiche di dati della sanità
Il Governo ha inoltre deciso che nei tre pilastri della trasformazione digitale – la banda larga e ultra-larga, il fascicolo sanitario elettronico, la blockchain e l’Internet delle cose – vanno collocate anche “le piattaforme dati della sanità”.
È una notizia non da poco per comprendere quello che sta emergendo in questo grande crogiolo della trasformazione digitale italiana che dovrà assorbire centinaia di miliardi nell’ambito del PNRR. Ma quali sono queste piattaforme strategiche di dati della sanità italiana?
Allo stato dell’attuazione dei programmi dell’eHealth nazionale, questa dicitura potrebbe apparire effettivamente un oggetto misterioso. Finora si è parlato quasi esclusivamente di sistemi informativi ospedalieri, di cartelle cliniche elettroniche, di software medici, di telemedicina e poi di fascicoli elettronici.
Credo che queste ‘piattaforme dati’ per la sanità siano oggetti dell’innovazione tecnologica che si collocano nel vasto campo dell’eHealth che va oltre la cosiddetta informatizzazione o dematerializzazione delle informazioni di salute.
Oggi possediamo già un’enorme quantità di dati dematerializzati della salute degli italiani che si sommano ai Big Data estrapolabili dal web e da altri sistemi (sensori ambientali, WIFI, sistemi CUP) riferiti a comportamenti sani e a opinioni conseguenti dei cittadini. Le piattaforme tecnologiche avanzate, i datalake e i datawarehouse, l’intelligenza artificiale, le tecniche di machine learning, i modelli predittivi, possono mettere in sicurezza il paese e offrire straordinari mezzi di personalizzazione e prevenzione della cura.
L’Italia che cerca di uscire dalla morsa del Coronavirus ha bisogno di questo straordinario salto tecnologico nel campo della salute, mettendo alla prova i suoi centri di eccellenza e soprattutto un mercato dinamico delle tecnologie applicate alla salute.
Si tratta innanzitutto di mettere in sicurezza il paese che possiede ancora un sistema informativo sanitario basato sulla raccolta nazionale di dati amministrativi e fiscali e non sull’aggregazione sistematica di dati di salute. Occorre un sistema predittivo riferito alle malattie e alle condizioni di salute degli italiani – per il quale da almeno due anni sta lavorando il Ministero della Salute – che, utilizzando algoritmi e tecnologie di machine learning e operando stratificazioni della popolazione, costruisca efficienti mappe di fragilità, possa operare su un’enorme base di real world data.
Sanità e meteorologia: un paragone ardito ma calzante
Si deve fare, più o meno, quello che quotidianamente viene fatto dal sistema meteorologico sulle previsioni del tempo.
Questo mio ardito confronto tra sistemi predittivi potrebbe lasciare molti dubbi nei lettori. Voglio però ricordare che fino all’inizio degli anni Ottanta alcuni tra i maggiori scienziati continuavano a sostenere che le condizioni meteorologiche erano quasi imprevedibili per la vastità dei fattori e delle variabili di calcolo. Un’affermazione che oggi farebbe sorridere mentre stiamo realizzando a Bologna, presso il nostro Tecnopolo, il più grande centro europeo per i dati predittivi in campo metereologico.
Le ‘piattaforme dati della sanità’ nazionale, da finanziare nei programmi strategici richiesti dal Presidente Draghi, possono già essere individuate nei sistemi e datalake per la messa in sicurezza epidemiologica della popolazione; in un nuovo sistema informativo sanitario; nella realizzazione di un modello predittivo di salute che faccia ampio uso, come prevede la legge del 2012, dei dati generati da tutti i fascicoli sanitari elettronici degli italiani.
Le iniziative in corso
Guardando alle iniziative in corso, queste piattaforme integrate già costituiscono progetti che potrebbero essere considerati strategici e finanziati in base alle formulazioni del decreto 1 marzo 2021.
In particolare, mi riferisco alla nuova architettura del sistema sanitario che, come già abbiamo scritto su queste pagine, si potrebbe rappresentare come un sistema informativo sanitario bipolare.
Come la metafora del sistema arterioso e venoso, la nuova architettura comprende due piattaforme distinte di gestione dei dati della sanità:
- quella per i dati amministrativi, fiscali e anagrafici;
- quella per i real world data, cioè i dati reali di salute dei cittadini provenienti principalmente dal FSE, ovvero dalle interazioni medico – paziente e alimentati attraversi le CCE del medico di famiglia e del medico specialista (ma anche direttamente autoalimentato dal cittadino).
Certamente queste due piattaforme nazionali non sono sufficienti per una svolta profonda nel funzionamento del servizio sanitario basato su eData e Big Data.
Il nuovo sistema informativo della sanità non è, in realtà, soltanto bipolare (dati amministrativi-fiscali, anagrafici e real world data) ma anche bifronte come un Giano. Da un lato guarda alla sorveglianza epidemiologica, alla programmazione e alla ricerca, producendo piattaforme soprattutto di interesse nazionale in grado di utilizzare la grande massa dei big data che si generano innanzitutto all’interno del sistema sanitario. Dall’altro introduce sistemi esperti, o comunque piattaforme tecnologiche di ultima generazione AI per un’elaborazione ‘profonda’ di questi dati in funzione delle necessità cliniche, di cura del paziente e della comunità. È il lato del sistema che guarda al paziente, al medico e che interessa direttamente le Regioni e le aziende sanitarie.
Il nodo dell’interoperabilità dei dati
Come prevedono la Costituzione e le leggi di riforma del sistema sanitario, mentre la programmazione e il controllo epidemiologico sono irrinunciabili sul piano nazionale e dell’azione di governo e per la ricerca (interessando istituti locali nazionali), alle Regioni e alle aziende sanitarie e al sistema delle aziende ospedaliere va il compito di curare i cittadini e di curare anche le comunità.
Sono piattaforme, sistemi di intelligenza artificiale che si innestano direttamente nella pratica clinica avanzata, nelle cartelle cliniche elettroniche, nell’interfaccia medico-paziente, nel fascicolo sanitario elettronico. Permettono a un medico curante di avere una conoscenza ‘profonda’ delle condizioni di salute del paziente interagendo con la sua storia clinica e i Big Data, con una cartella clinica elettronica costantemente aggiornata attraverso il fascicolo sanitario.
Un’opera che può essere condotta soltanto attraverso una profonda interoperabilità dei dati in ambito semantico e tecnologico. Il cittadino poi, con queste piattaforme, potrà finalmente ‘leggere’ i propri dati di salute-malattia non più nella forma burocratica-medica, praticamente inaccessibile, ma attraverso una ricostruzione virtuale del suo stato di salute che prende in considerazione l’intera storia clinica dematerializzata.
Conclusioni
Il decreto del primo marzo, quindi, parlando di ‘piattaforme dati per la sanità’ e di FSE mette il dito sui due punti strategici della trasformazione digitale del sistema sanitario italiano.
Ciò richiede, con rapidità, la predisposizione di progetti complessi attuabili soltanto attraverso un’efficace collaborazione tra centri pubblici con avanzate competenze tecnologiche – e certamente il sistema delle inHouse regionali e nazionali possiede questi requisiti – istituti scientifici e universitari e un mercato dinamico in grado di offrire con rapidità nuove soluzioni tecnologiche eHealth.
Questo mercato in Italia oggi esiste nella duplice forma di imprese internazionali che operano in Italia ma anche di società ICT e startup nazionali con forti capacità e competenze innovative in ambito eHealth. È il momento di incontrarsi.