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Sanità digitale, serve un cambio di medium: le prospettive 2024



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La Sanità digitale nel corso dell’anno appena iniziato consoliderà il suo cantiere di trasformazione digitale, serve però mettere sempre più al centro la personalizzazione della cura

Pubblicato il 10 gen 2024

Mauro Moruzzi

Dipartimento Trasformazione Digitale-Presidenza del Consiglio dei Ministri, Scuola di Welfare Achille Ardigò



Le best practice nella sanità digitale

Nel corso del 2024, il grande cantiere della Sanità digitale italiana si consoliderà. Uno scenario di trasformazione digitale in cui un cambio di medium, puntando alla personalizzazione della cura, è indispensabile. Vediamo perché, ricordando quanto è stato fatto nell’anno appena concluso e quali sono le prospettive e le priorità da affrontare.

Sanità digitale, i traguardi nel 2023

Nel 2023 la Sanità digitale ha compiuto passi importanti, vedendo in prima fila impegnati i medici, le Aziende Sanitarie, le Regioni, il Dipartimento Trasformazione Digitale, Agenas, il Ministero della Salute. Tra le pietre miliari, il fascicolo sanitario elettronico del cittadino (FSE 2.0) ormai uscito da un lungo limbo e in piena fase di realizzazione dopo l’accelerazione dell’anno appena passato, ma anche la telemedicina, ormai in direttiva d’arrivo, le cartelle cliniche elettroniche per tutti i medici curanti, in parte ancora tecnologicamente inadeguate o assenti in molte ASL; un cloud intelligente su cui molte aziende sanitarie si stanno traferendo; gli aggiornamenti tecnologici ai nuovi standard di tutti i software della sanità italiana che sono a buon punto; una sanità iper-connessa per cui si sta lavorando.

Poi le cose nuove: i nuovi sistemi informativi in ambito clinico che stiamo iniziando a sperimentare; l’intelligenza artificiale e la robotica applicata alle cure, alla ricerca e alla programmazione sanitaria, che ha le premesse etiche e giuridiche nel lavoro appena iniziato e nei recenti indirizzi della Comunità Europea. Poi c’è la cultura, la formazione: il 2024 sarà l’anno della formazione eHealth della sanità italiana, frutto del buon lavoro preparatorio fatto nel 2023 da Governo e Regioni.

Verso un cambio di medium: la personalizzazione della cura

Il 2023 è stato infatti un grande cantiere, non solo PNRR, per la sanità italiana. Si sta lavorando per un cambio di medium del sistema sanitario che non ha precedenti nella storia dell’assistenza pubblica del paese. FSE e Telemedina sono i pilastri di questo cambiamento. Paragonabili, forse, alla nascita dell’ospedale e della clinica moderna a inizio novecento. Quella clinica moderna che il grande filosofo Faucolt vide come un modo per “osservare meglio il paziente tenendolo a letto e chiuso in una stanza”, quindi come un’istituzione totalizzante del medium.

L’impatto del Covid

La spallata per questo cambio di medium del XXI secolo è venuta dallo tsunami del COVID19. La sanità italiana cambia medium, il suo sistema di comunicazione e quindi ‘cambia il messaggio’, come ci ricorda Marshall McLuhan. Il messaggio precedente era quello che conosciamo: il paziente parla il linguaggio della sofferenza, mostra le fragilità del suo corpo e della della sua mente. Il medico ascolta e ausculta, anche con le sonde più sofisticate e scrive per sé, per altri medici, per la farmacia e qualcosa per l’assistito e suoi cari. Prescrive una prestazione: un esame, una visita, un intervento chirurgico. I referti di queste prestazioni, in formati differenti, continueranno questo itenerario che lentamente e faticosamente costruisce informazioni frammentarie e conoscenza parziale sulla salute dell’individuo. Poi resteranno per un po’ da qualche parte, per perdersi infine nell’oblio di chilometrici archivi di cartelle cliniche cartacee, luoghi di reificazione, di sofferenze un tempo vive. .

Il messaggio che invece porta il nuovo medium è personalizzazione della cura, ‘continuità assistenziale’, ‘presa in carico’ della malattia, che per 50% della popolazione è ormai cronica perchè si vive a lungo, ma non sempre bene. Ma anche predizione e quindi prevenzione dei malanni.

Gli strumenti: dematerializzazione e nuove tecnologie

Nuovi medium e messaggio richiedono nuove tecnologie, dati ‘atomizzati’, bit facilmente condivisibili. Ma non soltanto. La sanità post-covid che cambia necessita di una dematerializzazione di tutte le informazioni, di tutte le interazioni medico-paziente ma anche di una netta separazione tra informazioni e dati amministrativi e informazioni e dati clinici, tra i flussi serventi l’organizzazione e quelli che indicano lo stato di sofferenza delle persone. La facile condivisione richiede poi un elevato grado di interoperabilità, e quindi un nuovo livello di ‘codificazione’, di ‘standardizzazioni’ della massa di informazione e dati che girano nella grande rete Internet dell’eHealth.

L’FSE 2.0 è una rete di dati-informazioni sui corpi e le menti delle persone umane, non delle aziende, dei ministeri, della burocrazia che supportano, anche economicamente, il SSN. In futuro, poi, con le policy one-Health, non si dovranno trascurare nemmeno le informazioni di salute degli animali e quelle delle piante del regno vegetale, che appartengono al mondo in cui pur viviamo. Per questo è corretto dire che in un futuro protremmo disporre di ‘fascicoli’ e dati ‘clinici’ per ogni animale e per ogni albero.

La separazione, che porta a distinguere i flussi burocratici (amministrativi) da quelli personali (clinici) appare tanto logica e semplice da farsi in ambito digitale quanto complessa, difficile, tutt’oggi incompresa. E ciò è spiegabile. L’ informatica sanitaria nasce e si sviluppa fin dagli anni Sessanta, e per decenni, prevalentemente non come strumento al servizio della cura e del paziente ma di controllo dei medici e soprattutto della spesa e dell’organizzazione sanitaria.

La gestione di documenti e dati

La codificazione-standardizzazione, in forma tecnologicamente evoluta, di tutti i documenti e i dati generati nel sistema di assistenziale – un traguardo di importanza epocale per la sanità italiana – pone poi nuovi e complessi problemi tutt’altro che risolti innanzitutto sotto l’aspetto sociale. Infatti, il prevalere di una cultura progettuale prevalentemente informatica ha oscurato, particolarmente nell’immediato periodo post-Covid e con un eccesso di semplificazioni tecnocratiche, problematiche che possono generare impatti sociali incontrollati. La giusta posizione assunta dalla Comunità Europea sull’intelligenza artificiale, a tutela di questi rischi, è un buon riferimento per fornire il retroterra culturale che occorre considerare nell’utilizzo in rete della massa dei dati clinici individuali e dematerializzati con in nuovi standards, di tutti gli italiani generati dal FSE 2.0.

Vorrei infatti ricordare che questi rischi e problemi di natura etica e sociale sono presenti, prima ancora che nelle tecnologie di AI, nella gestione del dato in forma strutturata nonché nella sua estrema atomicità raggiunta con le più recenti tecnologie Internet di condivisione. La messa a disposizione in rete di tutti i dati di salute, di fragilità, dello star bene e dello star male, dei corpi e delle menti umane, dell’insieme della comunità, in forma atomizzata e facilmente rielaborabile con tecniche e algoritmi di classificazione e di intelligenza artificiale, è un avvenimento di grandissimo impatto sociale e un fatto storico non soltanto per la sanità ma per il sistema di convivenza democratica.

Esempi storici

Per comprendere la portata storica e perfino antropologica questo fatto occorre rivolgere l’attenzione alla grande rivoluzione di quasi tre millenni fa, con l’introduzione dell’alfabeto fenicio-greco, prima sillabico e poi basato sulla codificazione-scomposizione dei suoni del linguaggio umano in consonanti e vocali. Questa operazione ha codificato il del linguaggio umano e che ne ha impresso uno sviluppo lineare in senso temporale, permettendo al tempo stesso una ‘atomizzazione’ e una temporalizzazione dell’informazione, come gli studiosi sanno.

E questo fatto storico e antropologico non può sfuggire a noi, moderni ‘codificatori’ di informazioni di salute umana con il medium elettronico. Il susseguirsi temporale delle lettere dell’alfabeto da alfa a omega, dalla vita alla morte, ha dato alle menti degli umani il senso del tempo di vita. Come Einstein ha in più occasioni rilevato, questo senso del tempo assoluto (e non relativo) è soprattutto un prodotto della mente coniato da un medium che alcuni popoli del pianeta terra ancora ignorano e per questo danno al tempo un valore e un’interpretazione diversa dalla nostra.

Alfabetizzazione, linearizzazione, temporizzazione, codificazione costituiscono le tappe di una atomizzazione del linguaggio e delle informazioni, che arriveranno a generare, molti secoli dopo, l’effetto Gutenberg, cioè il libro lineare stampato. La Remington, la macchina da scrivere che compare alla fine del Novecento, ha un carrello che corre lungo la linea del tempo-alfabeto e anch’essa usa una atomizzazione delle informazioni e rappresenta un progresso nel sistema mediatico. Ma sarà il medium elettrico, premessa di Internet, ad accelerare questa rivoluzione che si compie in questi anni con l’Intelligenza Artificiale applicata ai sistemi sociali e di produzione.

Per una maggiore chiarezza espositiva vorrei ricordare che i sistemi complessi, nei quali sempre più siamo portati a vivere, a lavorare e a ottenere servizi e assistenza, sono costruiti sostanzialmente, per non dire unicamente come suggerisce come il sociologo Nicholas Luhmann, da comunicazione tra gli attori, ridotti sempre più a ruoli. Cos’è un grande ospedale senza la comunicazione tra gli attori-ruoli (medici, infermieri, manager, impiegati)? Una Torre di Babele destinata a crollare.

Il ruolo dei dati

Questa comunicazione sistemica si base sul dato, più o meno atomizzato, e sul suo sviluppo temporale, più o meno lineare. Come è noto il dato genera informazioni e l’informazione genera comunicazione e quest’ultima genera conoscenze per gli attori. I quali, sempre ricorrendo al pensiero di Luhmann, hanno due caratteristiche peculiari ed esclusive: una sistemica (come professionisti, componenti di un’organizzazione, ad esempio sanitaria) e una ambientale, in quanto soggetti che afferisco a quel sistema (come ad esempio gli assistiti del SSN). L’uno è il ruolo, appunto, professionale e l’altro un ruolo passivo, specificato, come quello dei pazienti.

Ogni sistema sociale è composto da un’organizzazione (ovvero, se complesso, da un sistema di organizzazioni come la sanità) e dall’ambiente di queste organizzazioni; il sistema scuola ha come ambiente il mondo degli studenti; il sistema sanità ha come suo ambiente, come già si diceva, il mondo delle persone assistite.

L’organizzazione della Sanità è caratterizzata da ruoli professionali multipli, non importa se riferiti al personale medico o amministrativo o di altro tipo. I soggetti che compongono l’ambiente di questo sistema sono invece gli utenti nella loro dimensione specifica o specificata, appunto, in pazienti o malati. Spesso questa specificazione è riferita alle patologie, e quindi si classificano assistiti come diabetici o cardiopatici.

Per la comunicazione di cui ci occupiamo, la differenza però tra gli attori è sostanziale. Il linguaggio tra ruoli, tra professionisti di salute, ad esempio tra medici, è di tipo scientifico, inteso in senso lato; quello tra i soggetti umani specificati dall’ambiente di questo sistema non è di tipo professionale in quanto gli individui normalmente parlano e comunicano con espressioni esperienziali o emozionali, soprattutto se soffrono.

Gli umani parlano attraverso linguaggio emozionale, quello della vita; gli scienziati e in senso lato tutti i soggetti professionali, espressione di ruoli, parlano attraverso un linguaggio tecnico e scientifico. Queste premesse sono essenziali per comprendere l’evoluzione del medium in sanità attraverso le tappe della cosiddetta informatizzazione, digitalizzazione, trasformazione digitale. Senza questi cognizioni sociologiche è impossibile comprendere la portata della trasformazione digitale in atto la quale viene diversamente ridotta – come si diceva – a fatto tecnologico o addirittura tecnico, somma di file, cavi, compiuter. La banalizzazione di questo linguaggio e la riduzione della trasformazione digitale della sanità da cambio di medium a fatto tecnico rappresenta un grave impoverimento culturale che mina alla radice lo sforzo in atto per i grandi investimenti come il PNRR .

Il valore del linguaggio emozionale

Con una prima atomizzazione dell’informazione (informatizzazione, digitalizzazione) un impulso elettrico, un elettrone, diventa un atomo di informazione, ma questo era già noto fin dai tempi del telegrafo. Oggi la ricomposizione di questi atomi ha due scenari di riferimento radicalmente diversi e contrapposti: la comunicazione semantica-esperienziale-emozionale; la comunicazione scientifica-tecnica o tecnologica-professionale. Entrambi gli scenari hanno indubbiamente una semantica diversa, come si diceva, e perfino una diversa linearità temporale, per ricordare gli antichi alfabeti.

Un termine medico scientifico può essere interpretato in modo radicalmente diverso nell’ambito di un linguaggio emozionale. È seguire poi traiettorie temporali differenti. Un paziente si legava al collo con una cordicella la ricetta cartacea del famoso medico Carlo Levi, al confino negli anni ‘30 in in un paese sperduto della Lucania, non avendo la possibilità di acquistare il farmaco. C’era comunque un risultato terapeutico con tempi e modalità para-scientifiche’.

La semantica specializzata, scientifica e quella che si presuppone pseudo-scientifica, si incontrano in un mondo ambientale attraversato da una costante condivisione di informazioni in rete, sui social, in modalità wikinomics. Questo mondo apprende e costruisce saperi nell’interazione con la rete e attraverso forme nuove di inter-soggettività. Con il medium digitale queste diversità assumono valenze plurime. L’esempio più recente è quello della semantica No-Vax ma non è l’unico.

La complessità che oggi affronta il cambio del medium nel sistema sociale sanità-salute non può essere semplicemente e banalmente ricondotta ai tecnicismi della informatizzazione. La dematerializzazione di tutte le informazioni all’interno del sistema sanitario-salute, in una forma codificata e atomizzata di nuova generazione – cioè ad ‘alta condivisione sociale’ – crea all’interno del sistema stesso e nel rapporto sistema-ambiente, così come sopra descritto, nonchè nell’ambito del sistema sociale generale di riferimento (lo Stato, la democrazia, la politica), effetti a dir poco sconvolgenti comunque non minori dell’impatto che hanno le tecnologie di AI.

Il recente cambio del medium offre, infatti, attraverso l’atomizzazione, l’AI e le tecnologie di virtualizzazione (metaverso), la possibilità di fornire, elaborare, profilare e conservare informazioni sulla salute-malattia delle persone e della comunità che vanno molto oltre i limitati scenari offerti dalla dai tradizionali strumenti dell’informatizzazione sanitaria, come le cartelle cliniche elettroniche.

Si consideri poi che anche l’utilizzo dei bit come unità di misura estremamente semplice (passa o non passa) dell’informazione – in uso peraltro da oltre un secolo a partire dei primi esperimenti del telegrafo – è già in fase di sostituzione con altre particelle, come i fotoni e i quanti che offrono maggiori possibilità di scomposizione, ri-composizione, nonché di conservazione e trasmissione delle informazioni. Perfino di trasmissioni al di fuori della temporalità lineare di origine alfabetica.

Le fasi del processo di trasformazione

Il processo in atto – sostenuto da ingenti investimenti PNRR – può essere ricondotto alle seguenti fasi:

  1. tutte le informazioni di salute, ovvero tutte le interazioni medico-paziente (dirette o indirette, in presenza o a distanza con la TMD, che includono quindi tutta l’attività del personale sanitario un tempo definito paramedico) sono dematerializzate e atomizzate in base ai nuovi standard.
  2. Le stesse informazioni generate da queste interazioni subiranno nel tempo un costante e ulteriore trattamento di codifica – standardizzazione, semantica e analitica. utilizzando formati sempre più ‘atomizzati’.
  3. A causa del processo sopra descritto ogni residuo di informazione analogica (si pensi agli appunti dei medici, alle raccomandazioni orali, alle annotazioni, al diario del medico tradizionale, ecc.), residui di un mondo semantico-emozionale con cui il professionista tradizionalmente interloquiva, viene gradualmente eliminato o ridotto a parti strutturate, codificate, del sistema informativo sanitario.
  4. Anche l’informazione classificata come come “autogenerate da dal paziente” – per altro sempre più richiesta nei moderni sistemi informativi clinici: taccuini FSE, PREMs, PROMs, ecc. – richiederanno un codificare e una standardizzare costante.
  5. I processi di costante standardizzazione-atomizzazione in ambito clinico-sanitario diventano invadenti e sono di interesse strategico per l’alta interoperabilità del sistema. L’applicazione delle tecnologie di AI e robotizzazione disporranno di una base dati (eData, Big Data) omogenea ed estesa, quindi di un unico data-lake di dati standardizzati con enormi potenzialità di profilazione, predizione, personalizzazione dei percorsi clinici, in una prospettiva di utilizzo degli scenarimofferti dal Mataverso.

Il contesto

Paradossalmente, questo processo appena descritto potrebbero risultare, senza gli opportuni accorgimenti, in controtendenza rispetto alla cultura e alla tecnologia evolutiva di Internet che, fin partire dalla nascita ha sviluppato protocolli, come Https, che garantivano l’interoperabilità della comunicazione sulla sua Back-Bone indipendentemente dai codici e dagli standards utilizzati. Un fenomeno descrivibili anche con una metafora linguistica: Google, Apple e i grandi provider stanno valorizzando il patrimonio culturale del plurilinguismo rispetto la deriva linguistica di un inglese standardizzato. Inoltre, in questa prospettiva – volutamente schematizzata e semplificata – occorre ricordare il valore della comunicazione intersoggettiva (‘socio-tecnica’) del mondo ‘ambientale’, dei cittadini, assieme a quella (‘tecno-sociale’) che tradizionalmente intercorre tra medico e paziente, tra sistema sanitario e cittadini, come il sociologo Ardigò ha ben descritto.

Non è soltanto un problema di “interfaccia utente”, di user experience. A prima vista il sistema, che per definizione luhmaniana è incapace di comunicare con l’ambiente, potrebbe rafforzare questa incomunicabilità attraverso una codifica sempre più impersonale, sintattica, ripulendosi di tutti i residui emozionali che resterebbero a esclusiva valutazione di un dialogo medico – paziente diventato quasi impossibile anche per la rarefazione della professionalità medica.

Ci sono sempre meno medici e sempre più utenti cronici che hanno bisogno del medico. La diffusione di sistemi di assistenza a distanza, nell’ambito della telemedicina e più generale della ‘economia della distanza’, tenderà a rarefare l’interazione medico-paziente basata su linguaggi codificati-standardizzati. Effetti perversi si possono poi determinare anche nell’ambiente specializzato del sistema, nella cosiddetta comunicazione B2B. Qui ogni residuo di interazione umanizzata, di empatia – come sentimento radicato nella specie umana imprescindibile dai ruoli professionali esercitati – rischia di affievolirsi[1].

L’analisi dell’impatto non può però prescindere dall’obiettivo principale che sorregge l’intero impianto e il cantiere della trasformazione digitale: fornire una immensa base di dati dematerializzati, di Big Data, che la tecnologia dell’intelligenza artificiale – seguendo l’evoluzione scientifica passata da analitica a statistica[2] – posa utilizzare per personalizzare le cure sia alla persona che al sistema in un quadro ipotetico di valore predittivo, quindi rivolto a un futuro probabile anziché a un solo futuro presente, come meglio sarebbe ipotizzabile.

Una “quinta dimensione” dell’informazione

Il paesaggio dalla digitalizzazione alla virtualizzazione, applicabile anche nei processi di robotizzazione, estremamente importanti in ambito sanitario, producono una quinta dimensione dell’informazione che può essere utilizzata lato sistema e lato ambiente. Faccio alcuni esempi per meglio farmi comprendere. Un’informazione può essere data a una sola dimensione (una riga lineare dell’alfabeto), a due dimensioni (un foglio largo e lungo), a tre dimensioni sostenuta da un oggetto che sempre più sarà un oggetto ricostruito virtualmente in una rappresentazione digitale; a quattro dimensioni se introduco la narrazione che assorbe le prime tre dimensioni e dura nel tempo; a cinque dimensioni se questa costruzione tridimensionale è poi sonora a sua volta si esprime con un oggetto che si muove nel tempo come può essere un robot fisico o virtuale.

In in altre parole quello che volevo dire è che l’unica possibilità che si profila in futuro di poter comunicare tra il sistema (sanitario) e il suo ambiente (assistiti) è una comunicazione virtuale nell’ambito di un mondo Metaverso in grado di assorbire tutte le potenzialità presenti nel sistema comunicativo dematerializzato e iper-standardizzato.

Questo sarà il modo per interfacciarsi efficacemente con l’utente e forse anche, sempre più, tra professionisti. Di ciò bisogna essere coscienti per evitare che il processo di dematerializzazione-standardizzazione-codificazione generi una glaciazione del sistema comunicativo verso l’utente e alla fin fine tra gli stessi professionisti.

La trasformazione digitale come patrimonio di comunità

L’altro scenario possibile, certamente più edificante, è quello di considerare la trasformazione digitale non su basi individuali di interazione tra soggetti-attori, ma patrimonio di comunità. In particolare di due comunità interattive: la comunità di chi soffre e la comunità di chi fornisce assistenza; la comunità dei cittadini-utenti del servizio sanitario, forse anche dei malati, e la comunità dei professionisti, dei medici. Non è forse così che è nato l’ospedale moderno a inizio secolo? Come comunità scientifica di medici curanti, in camice bianco, che si possono ancora osservare nelle vecchie foto? L’effetto comunità offre effettivamente una possibilità di rigenerare empatia e questo aspetto è scarsamente considerato nelle policy pubbliche e solo da poco si parla insistentemente di un welfare di comunità.

La scelta dell’ambiente di gestione dei dati

Con il completamento dell’aggiornamento tecnologico di tutte le postazioni (software) della Sanità italiana, cioè di quegli strumenti che raccolgono le informazioni cliniche dematerializzate e standardizzate della interazione medico – paziente (non importa se diretta o mediata dalle macchine), tutti i dati clinici individuali della mente e del corpo dell’assistito sono verificati e conservati in appositi data-repository.

Il problema che si pone è in quale ambiente quest’opera di estrazione, verifica e conservazione deve avvenire, ovviamente nel rispetto delle regole stabilite dalle leggi a tutela della privacy a livello europeo e italiano che suggeriscono policy di non duplicazioni dei dati sensibili individuali di salute. Gli ambienti possibili, e in un certo senso alternativi, sono due: quello clinico-medico e quello burocratico-sanitario (burocratico nel senso weberiano del termine). In altre parole, la struttura del SSN, l’azienda sanitaria e l’ambiente amministrativo-programmatico di governo del sistema.

Nell’effettuare questa scelta ,non semplice, occorre considerare che l’atomizzazione con nuovi standard dei dati clinici di tutti i pazienti apre scenari estremamente complessi e per certi versi inquietanti. Sapere tutto in informato dematerializzato, cioè avere gli atomi di informazione dello stato di salute di tutti i corpi e di tutte le menti degli abitanti del nostro paese, come peraltro di una città o di una regione, costituisce al tempo stesso uno strumento formidabile – con le tecnologie già in uso – per programmare l’organizzazione del servizio sanitario nel massimo della sua efficienza; ma anche per una possibile aggregazione impropria di questi dati in un unico data base (data-repository) di paese o di regione. Ciò rende tecnicamente possibile una profilalazione della popolazione per stato di salute fisico e mentale, indipendentemente dalle volontà politiche, programmatorie o manageriali.

I rischi

Davanti a un database che contiene, in quel formato atomizzato che abbiamo cercato di descrivere, l’estrazione-aggregazione di tutti i dati individuali della storia clinica di tutti gli italiani, ogni tentazione è possibile e supponibile. E questa tentazione è la conoscenza, la profilazione – sociologicamente la specificazione – di tutti i malati o potenzialmente malati di una certa malattia, di un certo disturbo fisico o mentale, di una certa aspettativa di vita o di morte.

Un simile strumento tecnologico a disposizione della burocrazia e della politica assomiglia un po’ alla bomba atomica che si costruisce e ci si impegna a non utilizzare mai. Ma che se accidentalmente utilizzata avrebbe effetti devastante per il sistemi di welfare e per il sistema democratico in cui ancora viviamo. Che ci sia poi un’insistenza da più parti a costruire questa bomba atomica di dati, la cosa fa supporre che interessi potenti e di vario genere, ad esempio in ambito farmaceutico, della ricerca, in campo assicurativo, eccetera, si stiano muovendo . .

Tra queste due polarità – la totale dematerializzazione codificata sostenuta da una robusta interoperabilità di tutti i dati clinici degli italiani; il pericolo della profilazione sociale dei sofferenti reali e potenziali – deve pur esistere una soluzione che comunque ci garantisca una diversa prospettiva: quella di fiducia nel progresso tecnologico e sociale e nella conoscenze medico scientifica.

Dati amministrativi e clinici

A mio avviso, la soluzione è la netta distinzione tra dati amministrativi, che esprimono l’identità e la situazione dell’organizzazione e i dati clinici personali che riguardano esclusivamente corpo e mente delle persone.

I primi possono essere raccolti, elaborati e conservati nell’ambito dell’apparato burocratico e quindi della amministrazione; i secondi necessariamente devono avere un trattamento diverso, sono della persona e restano di proprietà della persona, che li conserva nel proprio fascicolo sanitario elettronico o in altra forma liberamente decisa. Forse anche in forma cooperativa come spesso si fa in paesi d’Oltralpe.

La soluzione quindi che dovrebbe adottare uno stato democratico è semplicissima, un autentico uovo di Colombo: tutti i dati clinici che riguardano la condizione o che trattano informazioni sui corpi e sulle menti umane devono essere validati, prodotti e conservati in un ambiente medico-clinico. Nel nostro Paese l’ambiente clinico è offerto dalle strutture pubbliche del servizio sanitario che sono le aziende sanitarie, le cliniche e gli ambulatori accreditati o anche quelli della sanità privata autorizzata.

In un sistema ad alta interoperabilità questi dati possono essere certo condivisi ai fini della programmazione e della ricerca in forma anonimizzata e clastetizzata. Poi, certo, anche in altre forme – pseudoaninimizzata, in chiaro – soltanto, come indica la più recente normativa europea, in spazi autorizzati e per finalità senza costituire banche date e profilazioni permanenti di popolazione. E qui vedo un ruolo importante dell’Autorità Garante della privacy che a questo particolare aspetto della questione potrebbe dedicare ulteriori attenzioni. La democrazia è un campo vasto dove convivono tante cose importanti, tra cui queste particolari attenzioni.

Note


[1] E’ di estremo interesse che questo concetto sia stato per primo analizzato da Edith Stein, (1891-1942), monaca e filosofa, che dedicò la sua dissertazione di laurea, con relatore Husserl, alla problematica dell’empatia. Assassinata dalle SS nel campo di Auschwitz nel 1942, lì dove i ruoli erano ben strutturati e impenetrabili a ogni forma empatica. La professione medica viene spesso rappresentata, perfino nella fiction, con quell’anima buona che si ritrova e non può non ritrovarsi nelle persone che operano ogni giorno contro la sofferenza umana.

[2] Nello Cristianini “La Scorciatoia. Come le macchine sono diventate intelligenti senza pensare in modo umano” (Ed. Il Mulino 2023).

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