L’emergenza Covid-19 ha messo in primo piano l’urgenza di pensare ad un nuovo modello assistenziale, sempre più vicino ai cittadini/pazienti, che poggi le sue fondamenta su nuovi servizi abilitati delle tecnologie digitali. La Fase 2 rende ancora più strategica la svolta, permettendo così alla Sanità grazie al digitale di rimettersi al passo superando gli ostacoli. Da molti allarmi che stanno arrivando in questi giorni, infatti, si conferma la Sanità italiana è rimasta ingolfata a causa della crisi covid-19.
Sanità sotto pressione in Fase 1
Come abbiamo già trattato in precedenti articoli, durante la cosiddetta “Fase 1” dell’emergenza, il nostro sistema sanitario ha dovuto concentrare tutte le sue forze e risorse per il contenimento della pandemia, rimandando le prestazioni differibili per ridurre i rischi di contagio e gli spostamenti dei pazienti. Significa meno esami – ne sono statati 12 milioni radiologici durante il lockdown, meno prevenzione (le diagnosi di tumore arrivano più tardi e più gravi), rinvio di interventi (mezzo milione). Pierluigi Marini, presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi) e primario al San Camillo di Roma ha lanciato l’allarme: si rischiano più morti (in cardiologia, oncologia) per questo blocco che per il coronavirus.
Con l’inizio della “Fase 2” e un graduale allentamento delle misure di distanziamento sociale, tutte le strutture sanitarie (sia gli ospedali che le strutture territoriali), devono ora affrontare due grandi nuove sfide: da un lato, devono riorganizzarsi per riprendere le attività “ordinarie”, sospese durante la fase acuta della pandemia, cercando di garantire sempre la massima sicurezza dei cittadini all’interno delle strutture; dall’altro, devono riprogrammare e recuperare le attività che erano state rimandate nella prima fase per garantire a tutti l’accesso e il diritto alle cure.
Ripresa delle attività “ordinarie”
La ripresa di tutte le tipologie di attività, sospese durante la Fase 1 dell’emergenza, comporta un grande afflusso di cittadini all’interno delle strutture sanitarie e, perché siano rispettate le regole di distanziamento e sia garantita la sicurezza sanitaria, è necessario un ripensamento dei processi di accoglienza tradizionali. Oggi è possibile grazie ai diversi strumenti digitali disponibili (già adottati da alcune strutture prima del COVID), che possono essere usati come facilitatori sia per mantenere il distanziamento sociale, ma anche per superare quelle barriere, da sempre esistite, come la distanza per il raggiungimento della struttura scelta per effettuare una prenotazione e una determinata prestazione e la lunghezza dei tempi delle attività amministrative da effettuare prima delle effettive prestazioni. L’obiettivo è infatti ridurre, quanto più possibile, il tempo di permanenza dei pazienti all’interno delle strutture sanitarie ed evitare gli affollamenti che prima dell’emergenza caratterizzavano la maggior parte delle aree di prenotazione ed accettazione e delle sale di attesa degli ambulatori.
Il primo intervento per ridurre gli accessi alle strutture è rendere disponibili strumenti per la prenotazione e il pagamento online, promuovendoli affinché diventino il canale principale per effettuare queste operazioni. Prima della pandemia, i pazienti preferivano effettuare le prenotazioni ed i pagamenti delle prestazioni recandosi fisicamente presso le strutture sanitarie.
Il canale fisico, quindi, era quello predominante: secondo i dati della Ricerca 2019 dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, la prenotazione ed il pagamento online erano effettuati rispettivamente dall’11% e dal 7% dei cittadini. Le tecnologie per queste attività sono ormai mature, molte aziende e Regioni hanno già adottato soluzioni che permettono di effettuare tali operazioni online, rendendole disponibili anche attraverso il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE). Sul mercato ormai esistono diverse soluzioni che, con semplici passaggi, permettono di prenotare e pagare le prestazioni, direttamente dal proprio PC o dal proprio smartphone.
Poco diffusa la self-accettazione
Il secondo intervento riguarda le attività di accettazione amministrativa delle prestazioni: anche su questo fronte, prima della pandemia, le operazioni di accoglienza in struttura venivano eseguite principalmente presso gli sportelli fisici. Sempre secondo i dati dell’Osservatorio, solo 1 azienda sanitaria su 5 mette a disposizione un servizio di self accettazione per evitare le code presso la struttura e solo il 5% delle aziende offre un servizio digitale per l’orientamento e la navigazione degli utenti all’interno della struttura.
Anche per queste attività il supporto digitale può essere completo e diversificato: è infatti possibile far scaricare una applicazione sullo smartphone dei pazienti, oppure installare nelle strutture dei totem digitali che permettono di effettuare l’accettazione in autonomia, così come esistono diversi sistemi per la prenotazione del posto in coda per effettuare le operazioni di accettazione e pagamento presso le strutture.
Sono già molte le aziende sanitarie che in questo periodo offrono questa tipologia di servizi per evitare un sovraffollamento all’interno delle proprie strutture: giusto a titolo di esempio, la Fondazione Poliambulanza di Brescia, operante in uno dei territori più colpiti dall’emergenza sanitaria, offre un servizio online per la prenotazione del posto in coda agli sportelli. Come funziona? Basta che il paziente indichi l’orario in cui vuole arrivare in struttura e, poco prima della prestazione, riceverà un’e-mail con il suo numero in coda e l’orario in cui verrà chiamato. In questo modo si può evitare l’affollamento delle sale di attesa e ridurre il tempo di permanenza delle persone in ospedale.
Questo intervento può essere integrato, dove necessario, ad un sistema di controllo degli ingressi nella struttura, consentendo l’accesso attraverso varchi elettronici ai soli pazienti “attesi” (quelli che hanno una prenotazione per una prestazione), limitandone il tempo di permanenza e bloccando i flussi qualora le presenze fossero superiori alla capacità consentita.
Strumenti per il ritiro dei referti
Il terzo intervento riguarda le attività di ritiro dei referti: la fotografia pre-Covid, citando ancora i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, indicava come circa due terzi dei cittadini si recasse personalmente nelle strutture per ritirare i propri documenti sanitari, nonostante molte aziende sanitarie avessero già messo a disposizione servizi per il download online di tali documenti e molte regioni offrano questo servizio tramite il FSE. Nell’attuale situazione di minimizzazione degli spostamenti dei cittadini è assolutamente necessario lavorare per invertire questo trend, facendo in modo che tutti i cittadini siano incentivati ad utilizzare e preferire il canale online, invece di quello fisico.
L’utilizzo di piattaforme per effettuare le attività di accoglienza online, dalla prenotazione al ritiro dei referti, è fondamentale per affrontare questa seconda fase dell’emergenza, perché garantirebbe non solo una riduzione degli accessi nelle strutture (e quindi un minore affollamento all’interno delle aree dedicate a queste attività), ma anche un alleggerimento del carico di attività amministrative di front-office (grazie all’ottimizzazione dei relativi processi) che le strutture sanitarie devono svolgere.
Riprogettazione dei processi
Perché i progetti di digitalizzazione dell’accoglienza siano di successo non è però sufficiente la sola tecnologia, ma è necessario un progetto ampio che includa interventi organizzativi e sui processi: i) un’analisi approfondita dei processi attuali e di definizione dei nuovi processi supportati da soluzioni digitali; ii) la definizione dei requisiti organizzativi e tecnologici del nuovo servizio; iii) la definizione dell’architettura complessiva del servizio; iv) una ricognizione di mercato per la scelta delle soluzioni tecnologiche che meglio rispondono ai requisiti individuati; v) l’alfabetizzazione o, come si dice spesso, l’empowerment dei pazienti affinché siano capaci e consapevoli nell’utilizzo delle nuove tecnologie.
Riprogrammazione delle attività sospese
Insieme alla ripartenza delle attività “ordinarie”, le aziende sanitarie si trovano a dover riprogrammare tutte le attività che nella prima fase di emergenza sono state sospese, per garantire nuovamente a tutti i pazienti equo accesso alle cure, soprattutto alle fasce più deboli della popolazione come bambini, anziani, cronici e fragili. Gran parte delle strutture sanitarie ha infatti rallentato, se non addirittura bloccato, per quasi due mesi le attività non urgenti (visite ambulatoriali, esami, ricoveri programmati), che richiedono quindi ora una riorganizzazione operativa importante affinché siano recuperate con tempi adeguati, senza ampliare e dilatare ulteriormente le liste di attesa, che già in periodi ordinari erano abbastanza lunghe, garantendo allo stesso tempo il rispetto delle nuove disposizioni che regolano questa seconda fase dell’emergenza.
Ma come affrontare questa riorganizzazione raggiungendo gli obiettivi individuati precedentemente? La risposta è un percorso strutturato, sintetizzabile in quattro step.
I quattro step della ripartenza
Il primo passo è effettuare una valutazione di quali attività sono state sospese e una loro stratificazione lungo almeno due direzioni: la priorità assistenziale e il luogo di erogazione.
Lungo la prima direzione andranno individuati dei criteri di priorità con cui riprendere le attività, in funzione dei parametri clinico-sanitari dei pazienti e delle effettive condizioni operative aziendali (disponibilità di personale, attrezzatura sanitarie, dispositivi medici, posti letto, ecc.).
Lungo la seconda direzione, andranno identificati quei servizi che sarà tassativo offrire “fisicamente” presso gli ospedali, rispetto a quelli che possono essere offerti in modalità alternativa: sul territorio, a domicilio del paziente e soprattutto incentivando il più possibile il ricorso agli strumenti di telemedicina, fra cui la video-visita di cui abbiamo trattato nel precedente articolo “Continuità della cura: con la “Connected Care” diventa semplice ed efficace”.
Il secondo passo consiste nell’identificare in quale sequenza riaprire i servizi temporaneamente sospesi o ritardati ed in quale modalità erogarli (in ospedale, a domicilio del paziente tramite la presenza di personale sanitario o con servizi di telemedicina) in funzione dell’analisi di alcune variabili: stima delle risorse necessarie, quantificazione di quelle disponibili e analisi dei principali problemi operativi che andranno affrontati ed ottimizzati.
Il terzo passo consiste nell’identificare i principali cambiamenti da apportare alle procedure operative oggi in corso; ad esempio, rispetto alla gestione e protezione dei materiali critici, all’utilizzo di supporti digitali, eventuali deroghe alle norme, ecc.
Infine, l’ultimo passo prevede di stabilire le modalità di coordinamento con le altre aziende del territorio, per ottimizzare le risorse ed i livelli di assistenza offerti a livello sovra-aziendale (tendenzialmente regionale).
Accesso in sicurezza alle cure per tutti
Grazie a questo percorso analitico, tutte le aziende sanitarie potranno essere nelle condizioni ottimali per ripartire e recuperare le attività sospese in tempi rapidi, garantendo l’accesso (in sicurezza) alle cure a tutti i cittadini.
L’emergenza Covid-19 ha richiesto e sta ancora richiedendo un grande sforzo al nostro Sistema Sanitario, che con grande tenacia sta affrontando ogni giorno nuove sfide, come quelle descritte e affrontate in questo articolo. Proprio per questo è nata l’iniziativa “EmpowerCare” della practice Healthcare Innovation di P4I: supportare ed affiancare con metodo e competenza gli attori della sanità nella risoluzione delle criticità che la pandemia ha fatto emergere, grazie a idee e soluzioni pronte per la loro adozione.