Il PNRR ha posto la digitalizzazione come uno dei pilastri dello sviluppo del settore sanitario in Italia. I sistemi informativi sanitari vedono dunque oggi una stagione particolarmente florida. Partendo da un livello minimo di digitalizzazione in molti campi (si pensi ad esempio alle Cartelle Cliniche Elettroniche – CCE), l’ammodernamento dei sistemi informativi dovrebbe riguardare un numero ampio di aree e servizi, tentando simultaneamente di integrare e ampliare i sistemi, riducendone la variabilità.
PNRR, verso il ridisegno complessivo dei servizi sanitari
Si investirà in particolare nell’omogeneizzazione delle CCE, con percorsi di adozione su vasta scala, e su sistemi informativi per tutti i servizi, a partire dai laboratori analisi (LIS), la radiologia, i servizi trasfusionali, il 118, la logistica e la cybersicurezza.
Vi sono anche ambiti in cui gli investimenti non riguardano soltanto, o in prevalenza, l’ammodernamento dei software, quanto piuttosto il ridisegno complessivo dei servizi. Si tratta prevalentemente di servizi legati all’assistenza territoriale, come l’introduzione del numero unico 116.117, o l’adozione di piattaforme per gestire le transizioni tra setting, l’assistenza domiciliare, i processi delle case di comunità, fino al supporto alla medicina generale.
Il ripensamento dei percorsi di cura
Si nota inoltre uno slancio deciso nel ripensamento dei percorsi di cura, dall’accesso attraverso sistemi unici di prenotazione alla fruizione dei servizi mediante strumenti e piattaforme per la telemedicina. Se durante la pandemia l’interesse era principalmente per le televisite, oggi aumenta l’attenzione anche per altri servizi, come la teleassistenza e il telemonitoraggio, mediante device al domicilio.
Senza tecnologia non si possono portare avanti tutte queste innovazioni di servizio, e chi si occupa di sistemi informativi deve avere certamente oggi sia capacità di scegliere le tecnologie migliori e di implementarle sia di supportare la transizione dei modelli organizzativi e gestionali. È questa la reale trasformazione digitale.
Gli approcci delle Regioni
Tutte le regioni e, in particolare, le rispettive direzioni regionali dei Sistemi Informativi in ambito sanitario, sono state investite centralmente del compito di promuovere iniziative di digitalizzazione su larga scala per implementare il PNRR. Il primo approccio è stato di tipo top-down, con linee guida e progettualità regionali già a partire dalla fine del 2021. Alcune regioni sono state pioniere nello sviluppo di nuovi strumenti che potessero essere utilizzati sistematicamente da professionisti sanitari diversi (MMG, specialisti, infermieri e staff) in molteplici setting, a prescindere dall’assetto dei servizi, dalle competenze disponibili e dalla propensione all’innovazione. Tali iniziative si sono presto scontrate con la necessità di approfondire le specificità dei singoli contesti e setting locali che determinano la reale capacità di adozione e utilizzo di nuovi strumenti digitali proposti centralmente. Gli implementatori si sono dunque dovuti confrontare con i format di servizio in essere, considerando i processi di coordinamento inter-professionale consolidati nel tempo e spesso difficili da scalfire. Ma, soprattutto, hanno dovuto fare i conti con la reale consistenza dei servizi, forse per la prima volta in una situazione in cui la tecnologia ha largamente preceduto lo sviluppo di una nuova visione dei servizi.
Contestualizzare e diversificare i servizi per le diverse categorie di pazienti
L’elemento di maggiore criticità cognitiva e progettuale è contestualizzare e diversificare i servizi per le diverse categorie di pazienti: mono-patologici o pluripatologici, stabili o instabili, autosufficienti o in condizioni di LTC. Un ecosistema digitale territoriale integrato e unitario, richiede infatti declinazioni specifiche per i diversi cluster di condizioni di cronicità, di literacy, di stato sociale e residenziale (es. città vs. aree interne).
Pertanto, la definizione dei macro-processi da digitalizzare, e dei requisiti funzionali di specifici strumenti per la presa in carico di pazienti cronici e fragili, non può prescindere dal confronto con chi, nei presidi territoriali delle aziende sanitarie, negli ambulatori dei MMG, nei nuovi ospedali di comunità o nelle case di comunità, dovrà utilizzare questi strumenti per i diversi target.
Le responsabilità e la leadership della digitalizzazione
Questa trasformazione profonda, che contempera aspetti di riprogettazione delle caratteristiche del servizio, di cambiamento delle procedure professionali e operative, di acquisizione di nuove competenze, lascia aperta la questione di chi sia il responsabile e leader della digitalizzazione. Ci appoggiamo alle strutture di responsabilità ordinarie (CIO, direttori del territorio, dei distretti, direttori cure primarie, direttori igiene e sanità pubblica), competenti e dotate delle necessarie relazioni con tutti gli stakeholder ma spesso sopraffatte già dalla routine? Oppure dedichiamo una task force aziendale o regionale all’innovazione, avendo tempo e risorse dedicate, ma con una conoscenza e un sistema di relazione tutti da costruire? Costituiamo diverse task force dedicate ai singoli macro-processi oppure ne costituiamo una unica?
Le esperienze recenti mostrano come attuare la trasformazione digitale del territorio richieda di mettere allo stesso tavolo professionisti con competenze diverse, che difficilmente si sono confrontati prima o si confronterebbero, per configurare gradualmente delle soluzioni tecnologicamente solide e fattibili, ma anche condivise e volute dagli stakeholder rilevanti, come pazienti e caregiver, MMG, infermieri, direttori socio-sanitari, responsabili dei sistemi informativi, Chief Information Officer del pubblico e del privato, al fine di condividere good practice e bad practice.
Le responsabilità sulla digitalizzazione toccano tutti i livelli istituzionali e certamente anche il mercato. Le amministrazioni pubbliche, soprattutto regionali, sono investite di una responsabilità così forte sulla digitalizzazione che stanno assumendo un nuovo ruolo, non più soltanto di committente o adopter di soluzioni digitali proposte dalle imprese fornitrici, ma piuttosto di ideatore e cosviluppatore.
Un cambio di paradigma anche per il mercato
Questa nuova postura determina anche per il mercato un cambio di paradigma, poichè diventa pioritario sviluppare delle partership pubblico – privato nelle fasi preliminari di sviluppo delle soluzioni digitali, non più soltanto in quelle di adozione, customizzazione e implementazione. L’approccio forte del soggetto pubblico potrebbe garantire una digitalizzazione top down più efficace, si sottolinea tuttavia la crescente difficoltà per piccole e medie imprese e startup impegnate nello sviluppo delle soluzioni spesso più innovative, che potrebbero essere escluse dal ripensamento digitale dei servizi sanitari se non in partnership con grandi player dei sistemi informativi, nazionali e internazionali.
Uno sguardo oltre l’attuale
La radicale trasformazione dei processi erogativi e produttivi dei servizi territoriali, sia preventivi, sia di presa in carico di cronicità e fragilità, rappresenta un’agenda di lavoro pluriennale. Un’agenda di innovazioni inevitabile e incomprimibile alla luce della nostra epidemiologia, che vede oggi, con il 24% della popolazione anziana e il 40% di italiani cronici, già il 75% delle risorse del Servizio Sanitario Nazionale destinate a questi target.
Il libro da cui è tratto questo articolo si intitola “Management della Cronicità”, curato da Valeria Tozzi e Francesco Longo, ed è disponibile gratuitamente online in versione pdf. Il capitolo dedicato al digitale è il numero 16.