L'analisi

Settimana lavorativa corta, quanto fa bene davvero: ecco i numeri

Gli esperimenti sulla settimana corta lavorativa hanno consentito di stilare report con i dati emersi, che permettono di valutare i reali impatti sul benessere dei dipendenti e il ruolo della tecnologia in supporto agli uffici HR

Pubblicato il 07 Apr 2023

Andrea Severino

Co-Founder e CEO di Healthy Virtuoso

dati sanità

Di settimana lavorativa corta, ormai, se ne sta parlando sempre di più, soprattutto in vista dei primi esperimenti concreti che hanno viste coinvolte sempre più aziende oltreoceano e non. Grazie a queste prime prove tecniche, quindi, si sono potuti stilare dei report completi, per analizzare ed indicare tutti i pregi che questo giorno di lavoro in meno ha portato all’azienda ma soprattutto ai dipendenti.

La ricerca del movimento no profit 4 Day Week Global, ad esempio, condotta su 33 aziende in America e in Irlanda, che hanno testato l’esperimento della settimana lavorativa di quattro giorni, ha mostrato alcuni risultati stupefacenti relativi al miglioramento dello stile di vita dei dipendenti. Qualche esempio? Sono diminuite del 9% l’insonnia e la stanchezza percepita e sono aumentati invece del 23,7% i minuti di allenamento nell’arco della settimana.

Secondo la ricerca, inoltre, il voto medio delle aziende in merito all’esperimento è stato 9 su 10, confermando dunque il tentativo come vincente. A livello economico, invece, non solo non ci sono state ricadute negative, ma si è registrato persino un 37,55% in più delle entrate rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente.

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Settimana corta, i vantaggi

Quali sono stati, però, i maggiori vantaggi? Più tempo a disposizione per sé stessi e per la propria famiglia e tempo in cui riappropriarsi del proprio benessere e della propria salute mentale, tema molto dibattuto soprattutto dopo gli effetti della pandemia. Tra i principali benefici, successivamente, che hanno constatato i dipendenti ci sono sicuramente la diminuzione dello stress e il miglioramento del sonno: lasciare più tempo ai lavoratori permette loro di essere maggiormente soddisfatti e appagati, e ciò conduce al contempo a un organizzazione del lavoro più funzionale ed efficiente, poiché i risultati e gli obiettivi rimangono immutati.

Ci si chiede pertanto se questo esperimento possa diventare in realtà parte del piano organizzativo dell’azienda e se possa condurre nel futuro all’implementazione di modelli di lavoro in grado di raggiungere un work life-balance più positivo.

L’impatto sui dipendenti

Ma la tecnologia può quindi aiutare le aziende a monitorare lo stato di benessere e salute dei dipendenti? Assolutamente sì, attraverso programmi di wellbeing e logiche di engagement digitali, che incentivano i dipendenti delle aziende a migliorare il proprio stile di vita. Esistono infatti piattaforme che monitorano in maniera sicura per l’utente il numero di passi, le ore di attività sportiva, di meditazione e di sonno: tutti parametri fondamentali per migliorare le proprie abitudini di vita e diminuire la sedentarietà.

In questo modo l’azienda ha nelle proprie mani un output di misurazione preziosissimo, che la può aiutare a capire, attraverso i dati aggregati, come e quanto la settimana corta impatti sui dipendenti, identificandosi come strumento fondamentale utile per chi adotta tale iniziativa.

Sport Tech e benessere dei lavoratori

Non è infatti un mistero che lo sport tech, ossia l’uso della tecnologia in ambito sportivo, è ormai un fenomeno in continua crescita, generando un mercato da 12 miliardi solo nel 2021 e che si stia espandendo con una tasso annuale del +19% fino al 2030. Lo sport tech sta, in altre parole rivoluzionando l’intero settore, implementando l’interazione tra attori diversi, da società a federazioni e organizzazioni sportive, costruendo un nuovo ecosistema il cui beneficio ricade sull’utente finale e che vede, come step successivo, proprio l’inclusione nel piano welfare delle aziende.

La creazione di un piano welfare

La tecnologia diventa quindi uno strumento fondamentale nelle mani degli HR, che possono usufruire del digitale per creare un piano welfare non solo coinvolgente per tutti i dipendenti, sia da remoto che in ufficio, ma per avere parametri misurabili dello stato di benessere delle proprio risorse. Per i dipendenti, infatti, è ormai il datore di lavoro a doversi occupare della salute e della prevenzione, poiché attività fisica e di conseguenza maggior benessere e uno stato di salute migliore giovano in primis alla produttività, diminuendo drasticamente l’assenteismo, che si traduce in meno ferie e permessi presi per burnout o malattia.

Secondo i dati di Healthy Virtuoso, per 7 lavoratori su 10 è la propria azienda a dover garantire la salute fisica e mentale dei dipendenti, diventando così garante del benessere dei dipendenti. Gli esperti dimostrano come uno stile di vita sano, composto da movimento e attività fisica, non può essere solo circoscritto alla vita privata di ognuno, considerando quante ore al giorno si trascorrono sul proprio posto di lavoro, bensì debba partire dall’ambiente in cui il soggetto spende la maggior parte del suo tempo.

Concentrarsi sul benessere psicofisico dei propri dipendenti si rivela quindi come la chiave per un guadagno utile all’azienda ma anche al dipendente stesso: la produttività si traduce in un appagamento personale, che conduce il dipendente a essere più attivo anche nella sua sfera privata, giacché tutti gli aspetti sono correlati e possono essere ricondotti ad un’unica sfera.

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