Sovranità digitale

Spazio europeo dei dati sanitari: sfide e opportunità di un progetto ambizioso

Il disegno di legge sullo spazio europeo dei dati sanitari è atteso entro il 2021: di che si tratta? Le opzioni sul tavolo, il ruolo dell’IA, la questione GDPR, i nodi da sciogliere

Pubblicato il 27 Ago 2021

Edoardo Mancini

Analista dell’Area Digitale&ICT, AWARE Think Tank

Sanità digitale: l'importanza dell'anonimizzazione

La Commissione Europea lavora da tempo per istituire uno spazio europeo dei dati sanitari: l’iniziativa, affidata alla Commissaria alla salute Stella Kyriakides, è volta facilitare lo scambio elettronico di informazioni per favorire la ricerca di medicinali, terapie e tecnologie all’avanguardia.

Potenzialmente, una banca dati medica europea può aiutare sia il settore privato che i pazienti, dando un nuovo impulso all’innovazione medica.

Ricerca medica, così i big data sono la chiave per l’innovazione

Con elevati tassi di crescita ed un valore di mercato che supererà i 500 miliardi di euro entro il 2024, l’industria della salute digitale può rivoluzionare il mondo della medicina. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che la combinazione tra informatica e cure mediche garantirebbe l’assistenza sanitaria di base per un miliardo di persone senza accesso a strutture o personale specializzato.

Ma per trasformare in realtà l’idea dello spazio europeo dei dati sanitari si dovranno superare numerosi scogli, tra cui l’assenza di standard condivisi e l’elevata frammentazione legislativa nazionale.

Spazio europeo dei dati sanitari: a che punto siamo

L’Unione Europea ha già compiuto alcuni passi verso la creazione di un archivio comune dei dati medici. Il primo è stato la direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera, approvata nel 2011 per facilitare l’invio internazionale di cartelle e prescrizioni mediche.

La legge consente a cittadini comunitari in visita in altri paesi Ue di ritirare medicinali tramite ricetta elettronica, permettendo inoltre ai medici locali di accedere rapidamente alla storia clinica dei pazienti stranieri. Nel futuro, tramite gli stessi canali si potranno anche scambiare immagini diagnostiche e certificati di degenza o dimissione ospedalieri.

L’ossatura tecnica del progetto è rappresentata dall’adozione di un formato elettronico comune per i fascicoli sanitari, per ottimizzare le comunicazioni e permettere agli individui di accedere facilmente alla propria storia clinica, in qualunque momento. L’idea è stata lanciata dalla Commissione a inizio 2019 tramite una raccomandazione non vincolante, che ad oggi è stata recepita da pochi Stati Membri. D’altra parte, l’implementazione della direttiva non è uniforme, e bisognerà attendere altri quattro anni prima della sua completa attuazione.

Un altro caso degno di nota è EHDEN, una rete di ospedali, università ed istituti medici nata per sistematizzare la raccolta e l’analisi dati a livello europeo. L’organizzazione, finanziata dal programma Horizon 2020 e dalla Federazione Europea dell’Industria Farmaceutica, si pone come scopo quello di diffondere un sistema noto come ‘Observational Medical Outcomes Partnership’.

Questo meccanismo permette di tradurre in un formato unico i diversi linguaggi informatici usati nei registri osservazionali, impiegati per annotare e catalogare gli effetti delle patologie su pazienti in contesti diversi dagli esperimenti clinici. Ciò favorirebbe, almeno in linea teorica, l’uso della tecnologia nell’ambito della cura ospedaliera, i cui processi ed esigenze sono radicalmente differenti rispetto agli ambienti controllati dei laboratori.

Lo scenario corrente fornisce quindi un quadro generale tanto delle difficoltà che delle opportunità legate alla digitalizzazione della medicina europea. É interessante allora considerare gli insegnamenti che la Commissione trarrà dalle esperienze passate, e quali potrebbero essere le sue scelte future.

Spazio europeo dei dati sanitari: il disegno di legge entro il 2021

Il disegno di legge sullo spazio europeo dei dati sanitari è atteso entro la fine del 2021. Come parte del processo decisionale, la Commissione ha lanciato una consultazione pubblica e rilasciato una valutazione di impatto iniziale, che insieme delineano alcune delle sue priorità.

L’obiettivo dichiarato di queste iniziative è creare le condizioni per stabilire un mercato unico per i prodotti e servizi della medicina digitale. Innanzitutto, però, si dovranno delimitare le categorie di informazioni da condividere, soprattutto riguardo a dati biometrici, genetici e socio-assistenziali, come il rimborso delle spese mediche. Analogamente, un aspetto cruciale sarà il livello di anonimizzazione e granularità dei registri.

In secondo luogo, la Commissione dovrà esprimersi sulla governance. Le ipotesi in considerazione includono il potenziamento dell’ ‘eHealth Network’, che riunisce rappresentanti dei paesi membri su base volontaria, la creazione di nuove entità a livello europeo, oppure il maggiore coordinamento tra agenzie nazionali.

Anche la scelta della piattaforma da utilizzare presenta varie alternative. Una è partire dalle fondamenta della direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera per diversificare successivamente le tipologie di dati controllati. Sinergie potrebbero derivare dall’integrazione con le reti di riferimento europee sulle malattie rare, che includono associazioni di pazienti e ricercatori, e l’iniziativa 1+MG, nata per sequenziare un milione di genomi entro il 2022. Ma le intenzioni della Commissione potrebbero spingersi oltre, con la creazione di un cloud federato sul modello di GAIA-X.

Un importante contributo potrebbe poi arrivare da un’altra normativa, il regolamento sulla data governance. Lo strumento mira a facilitare il riutilizzo di informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, e stabilisce per la prima volta regole sul ‘data altruism’, cioè la cessione di dati volontaria e a titolo gratuito.

La forma che assumerà lo spazio europeo dei dati sanitari è ancora tutta da definire. Ciò che è certo è che il suo successo dipenderà dalla combinazione tra un’infrastruttura comune e l’elevata disponibilità di dati. Proprio la convergenza dei due elementi potrebbe accelerare la diffusione dell’intelligenza artificiale, una tecnologia cruciale per la sanità europea.

Qual è il ruolo dell’IA

Nonostante l’Unione Europea venga spesso descritta come ritardataria nell’adozione dell’intelligenza artificiale rispetto a Stati Uniti e Cina, la situazione appare differente quando si guarda al settore medico. Come mostrato dal Centro comune di ricerca, in Europa si trova infatti la più grande concentrazione al mondo di ricercatori dedicati all’applicazione dell’IA in ambito diagnostico. Lo spazio europeo dei dati sanitari potrebbe consolidare il vantaggio, istituendo un archivio di informazioni di alta qualità e pronte per essere processate dagli algoritmi.

Una simile risorsa rappresenterebbe il ‘carburante’ digitale per migliaia di startup, ma la sua realizzazione si basa sulla interoperabilità delle banche dati nazionali, che al momento operano come compartimenti separati.

A tal fine, la Commissione potrebbe supportare un sistema facoltativo di etichettamento delle informazioni, ma sta anche valutando l’uso sistemi di certificazione obbligatori o autorizzazioni rilasciate da autorità governative. Considerato che la valutazione di impatto giudica come un fattore di rallentamento lo scarso effetto di raccomandazioni e linee guida, risulta tuttavia difficile pensare ad una preferenza per misure non vincolanti.

Ad ogni modo, la discussione sul tema dell’interoperabilità ha anche un carattere politico. Tanto che il centro comune di ricerca ha avvisato che in gioco c’è la sovranità tecnologica europea, di fronte ad attori privati sempre più competitivi.

Compagnie come Google, Microsoft, Amazon e Apple hanno avviato strategie per procurarsi una fetta del nascente mercato della medicina digitale. Solo negli ultimi mesi, Alphabet e Microsoft hanno concluso accordi con ospedali privati negli Stati Uniti per accedere ai dati dei pazienti, al fine di creare strumenti per il monitoraggio in remoto dei malati e software diagnostici per il cancro. Parallelamente, molte delle stesse imprese producono accessori tecnologici indossabili, che forniscono un flusso continuo di dati su frequenza cardiaca, qualità del sonno o livelli di stress.

Una dimostrazione dei possibili sbocchi di queste attività è il modello automatico di riconoscimento di retinopatia diabetica concepito da Google. Applicando il deep learning su scansioni retiniche provenienti dall’India, in cui la malattia ha un’elevata incidenza e conduce spesso alla cecità, l’azienda ha sviluppato un algoritmo che riconosce le lesioni associate alla malattia con elevata precisione. Grazie ai suoi risultati, il modello è entrato nella fase di pre-certificazione per software medici della Food and Drug Administration americana.

Non bisogna comunque dimenticare che, per quanto strategico, il rafforzamento del settore dell’intelligenza artificiale non può avvenire a discapito della riservatezza individuale. Al contrario, la Commissione dovrà trovare un equilibrio tra libertà individuali e crescita economica, evitando che le regole sulla privacy affondino prematuramente le sue aspirazioni.

GDPR: strumento di tutela o impedimento?

In aggiunta alla questione interoperabilità e alle inerenti complessità tecniche, uno dei principali ostacoli all’uso transnazionale dei dati medici e allo spazio europeo dei dati sanitari deriva dal Regolamento Generale per la protezione dei dati (GDPR).

Come indicato in uno studio realizzato per Chafea, l’agenzia che si occupa di salute e protezione dei consumatori, il regolamento permette agli Stati Membri di introdurre limitazioni aggiuntive al trattamento di dati medici. Di conseguenza, i ricercatori si trovano obbligati a navigare requisiti legali diversi per ogni Paese, e vengono disincentivati dal condurre studi a scala europea.

Ironicamente, il GDPR potrebbe essere parte della soluzione, visto che prevede la possibilità di creare dei ‘codici di condotta’ per chiarire l’applicazione del regolamento in caso di incertezza. La disposizione consente l’inclusione di tutte le parti interessante, aprendo le porte ad un’ampia consultazione tra associazioni di pazienti, imprese ed istituzioni per individuare procedure condivise.

Sull’argomento si è espresso anche il Garante europeo della protezione dei dati. L’autorità ha consigliato di rafforzare l’accesso e la portabilità dei dati da parte degli individui, consigliando di evitare il loro trasferimento a paesi terzi con insufficienti garanzie sulla privacy.

Nella sua opinione preliminare, il Garante ha inoltre sottolineato la centralità della sicurezza cibernetica, e la necessità di definire con chiarezza sia i limiti legali che le prerogative degli attori coinvolti nel trattamento secondario dei dati.

In definitiva, la centralità della riservatezza informatica aumenta il numero delle variabili in un contesto già piuttosto intricato. Senza dubbio, saranno fondamentali precisazioni o modifiche dell’attuale regime normativo per evitare che la privacy diventi un rompicapo troppo complesso da risolvere.

Spazio europeo dei dati sanitari: i nodi da sciogliere

La realizzazione di uno spazio europeo dei dati sanitari implica sfide ed opportunità in egual misura.

Il principale banco di prova sarà probabilmente la scelta di un modello supportato da tutti gli Stati Membri per rendere il sistema fruibile senza limitazioni territoriali. Il nodo potrebbe essere sciolto non prima di discussioni tecniche all’ora dell’implementazione, con il possibile coinvolgimento delle parti interessate.

Un altro elemento da tenere in considerazione saranno le interazioni con le legislazioni in vigore e nel cantiere delle istituzioni comunitarie. In particolare, il regolamento sull’intelligenza artificiale, che si concentra sugli obblighi sulla trasparenza verso gli utenti e le applicazioni degli algoritmi in settori sensibili come quello medico, giocherà un ruolo importante.

Infine, rimane l’incognita della tempistica. Operazioni sulla carta più semplici come l’invio di ricette elettroniche hanno richiesto quasi dieci anni per essere attuate, e la mancanza di competenza esclusiva dell’Ue nelle politiche per la salute potrebbe non aiutare.

A dispetto dei molti punti interrogativi, la condivisione di dati medici non è che l’inizio di un percorso ben più lungo. La Commissione ha affermato di volere avviare simili progetti per le industrie agricole, energetiche e finanziarie, che dipendono in larga parte dalle sorti di questo primo esperimento. Curarci in modo più digitale potrebbe avere maggiori conseguenze di quello che immaginiamo.

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