Gli incontri annuali dell’American Association for the Advancement of Science offrono ai ricercatori la possibilità di mostrare ciò che gli scienziati americani sanno fare meglio.
Tra il 13 e il 15 febbraio, bastava aggirarsi per i corridoi di Boston per assistere a conferenze che spaziavano dalla tettonica delle placche all’analisi del DNA antico, dall’editing genetico all’energia nucleare. Tutti argomenti che rappresentano la ricerca d’avanguardia che ci si aspetta in un Paese che da tempo si vanta di produrre, come da tema di quest’anno, la “scienza che plasmerà il futuro”.
Indice degli argomenti
La crisi della scienza americana
Al momento è la scienza stessa ad essere plasmata. La scure del presidente degli Usa Donald Trump e la motosega di Elon Musk si sono abbattuti sulla scienza americana, che potrebbe essere danneggiata seriamente dai tagli e dal modo in cui sono stati introdotti.
“Un aspetto rilevante è il fatto che gli Stati Uniti sono uno dei Paesi più grandi e importanti anche per la scienza, su scala globale, con fondamentali centri di ricerca che dagli Usa portano nel mondo la loro innovazione e la loro conoscenza”, commenta Marco Pregnolato, PhD e ricercatore in biologia molecolare e drug discovery.
Ecco le conseguenze delle decisioni di Trump per la ricerca scientifica a livello globale.
L’amministrazione Trump vuole plasmare la scienza del futuro
A poche settimane dall’inizio della seconda amministrazione Trump, gli scienziati temono che le loro istituzioni di punta siano sotto attacco. Alla National Science Foundation (NSF) e alla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), per esempio, hanno detto di prepararsi a pesanti riduzioni di bilancio e a tagli del personale fino al 50%. In diverse agenzie federali sono già iniziati i licenziamenti di massa di migliaia di lavoratori “in prova”, cioè assunti o promossi di recente.
“L’instabilità e questo ‘ridimensionamento’ (prodotto dalle scelte di Trump e dai tagli di Musk, ndr) non colpiscono solo i lavoratori statunitensi e la comunità scientifica mondiale, ma di fatto, seppur in maniera più indiretta, anche tutti noi, perché un’innovazione scientifica sviluppata negli Usa non è qualcosa che resta confinato negli Stati Uniti e che non ci riguarda, ma un qualcosa di cui beneficia anche il resto del mondo”, avverte Pregnolato.
L‘impatto globale dei tagli alla ricerca
“Anche l’uscita degli Usa dall’Oms non è poi di secondo piano, perché le sfide
globali non aspettano i tempi della diplomazia, e non avere un coordinamento comune per fronteggiare certi eventi, come per esempio il diffondersi di una malattia infettiva, può diventare un problema rilevante”, aggiunge Pregnolato.
Gli istituti di ricerca che dipendono dai finanziamenti dei National Institutes of Health (NIH), invece, hanno ricevuto avvertimento di restrizioni in arrivo su come spendere i loro soldi.
“La ricerca scientifica è un processo lento e macchinoso, non è una catena di montaggio dove si schiaccia un tasto per fermare e un altro tasto per ripartire”, spiega Pregnolato: “Nel momento in cui si ferma la ricerca o la si rallenta, per farla ripartire e farla tornare a pieno regime, ci vuole molto tempo. Non solo dal punto di vista burocratico, ma anche da quello tecnico, ovvero il lavoro manuale nei laboratori”.
“Dunque, se anche l’instabilità (impressa dal duo Trump-Musk, ndr) durasse solo un anno (e non 4 di intera presidenza, ndr), l’impatto sulla ricerca scientifica sarebbe molto forte. Si rischierebbe di ripartire lentamente e a marce ridotte, a causa dei problemi accumulati”.
Tagli alla scienza USA: le motivazioni di Trump e Musk
Queste mosse fanno parte dell’aspirazione di Donald Trump e di Elon Musk di tagliare 2 trilioni di dollari dal bilancio federale annuale di circa 7 trilioni di dollari. Questo ha messo sotto osservazione tutte le uscite del governo, compresi i circa 160 miliardi di dollari spesi ogni anno per la ricerca di base e applicata.
Un’altra motivazione è il sospetto che gli scienziati e la loro ricerca siano diventati strumenti di un’“ideologia del benessere”. Non è ancora chiaro quali delle modifiche apportate dall’amministrazione sopravviveranno alle contestazioni legali. Tuttavia l’entità dei tagli e la modalità della loro introduzione potrebbero danneggiare seriamente la scienza americana. E non solo. Le conseguenze potrebbero essere epocali e devastanti sulla ricerca scientifica a livello globale.
“Da ricercatore che lavora in un contesto privato, ma che ha a cuore l’innovazione scientifica per tutti”, continua Pregnolato, “mi preoccupa tantissimo sapere che questo rallentamento colpirà non solo progetti di ricerca accademici, ma colpirà anche la fase finale di progetti privati mirati a portare nuovi farmaci in clinica, poiché i tagli previsti per l’FDA renderanno più lenti i processi di revisione e approvazione”.
“Le decisioni di Trump avranno quindi un impatto sul percorso dei farmaci fino alla clinica, e di conseguenza sulla salute umana“, evidenzia Marco Pregnolato.
I tagli ai finanziamenti del NIH
I tagli più consistenti proposti finora riguardano i 44 miliardi di dollari di sovvenzioni assegnate dall’NIH. Molte istituzioni utilizzano abitualmente i fondi NIH per coprire tra il 50% e il 70% dei loro costi “indiretti”, che comprendono aspetti quali la manutenzione dei laboratori, la fornitura di attrezzature e gli stipendi del personale di supporto e amministrativo.
L’amministrazione ritiene che questa quota sia troppo alta e vuole limitare i costi indiretti al 15% del totale delle sovvenzioni, in linea con i limiti simili fissati dalle organizzazioni private, costringendo le istituzioni a pagare da sole il resto.
“È innanzitutto una questione di metodo”, mette in guardia Marco Pregnolato: “Va benissimo fare ricerca senza sprechi, ma i tagli con la ‘motosega’ vanno bene solo per l’impatto sui media, nella realtà finiscono invece solo per stravolgere di netto regole di budget e finanziamenti, con il rischio di paralizzare l’ambiente e la comunità scientifica”.
Le riforme della sanità Usa
Le proposte di riforma del Nih sono numerose, anche in passato. Il Government Accountability Office ha evidenziato la crescita dei costi indiretti nel corso della presidenza di Barack Obama, portando l’amministrazione a prendere in considerazione un proprio tetto.
Ma uno del 15% è visto da molti come troppo restrittivo. Il motivo per cui i finanziamenti privati possono essere così mirati è che molti borsisti possono utilizzare attrezzature, come spettrometri di massa e banchi di laboratorio, presso le loro istituzioni di provenienza, pagate con fondi federali. La proposta del governo di un tetto del 15% annulla il contratto sociale “per le istituzioni e il governo federale di co-costruire l’infrastruttura per la scienza americana”, afferma Holden Thorp, caporedattore della famiglia di riviste Science.
Secondo l’analisi dell’Economist, potrebbero essere in gioco 6,3 miliardi di dollari di finanziamenti NIH. Gli studi di endocrinologia, diabete e metabolismo subirebbero tagli pari a quasi un quinto del loro budget totale. Ciò potrebbe avere gravi conseguenze per la ricerca medica. Potrebbe anche ritorcersi contro a livello politico: molte delle istituzioni più colpite si troverebbero in Stati repubblicani.
Le università dell’Alabama, ad esempio, riceveranno 386 milioni di dollari di finanziamenti dai NIH nel 2024, sostenendo più di 4.700 posti di lavoro e 900 milioni di dollari di attività economica.
Le prospettive future per la ricerca dopo i tagli
Non è ancora chiaro se il limite entrerà in vigore. I giudici federali hanno sospeso la proposta, in risposta alle cause intentate da 22 Stati e dalle associazioni nazionali che rappresentano le scuole di medicina e alcuni ospedali.
Il Congresso ha approvato diverse proposte di legge che vietano specificamente al NIH di modificare le disposizioni relative ai costi indiretti, il che significa che la questione sarà dibattuta in tribunale. Per il momento, è improbabile che l’atmosfera di incertezza favorisca il progresso in un campo in cui i ricercatori danno priorità alla stabilità a lungo termine.
Un altro aspetto delle azioni dell’amministrazione è il tentativo di influenzare i finanziamenti alla ricerca. Russell Vought, a capo dell’Ufficio per la gestione e il bilancio, ha precedentemente suggerito tagli come modo per garantire che istituzioni scientifiche come la NSF non possano “fare propaganda per l’ideologia del gregge”.
L’ordine esecutivo e la lotta al DEI
Le agenzie federali sono ora tenute a rivedere tutte le sovvenzioni alla luce di un ordine esecutivo che pone fine ai programmi volti a promuovere la diversità, l’equità e l’inclusione (DEI), che secondo Trump hanno reso il governo meno meritocratico.
A riprova dell’influenza maligna del DEI, Ted Cruz, presidente della Commissione Commercio del Senato, ha pubblicato un database che identifica 3.476 sovvenzioni dell’NSF – circa il 10% di quelle assegnate durante l’amministrazione Biden – come inaccettabilmente “woke”. Un’analisi di un sottoinsieme scelto a caso di queste sovvenzioni da parte di Scott Alexander, un blogger, ha rilevato che solo il 40% circa era effettivamente legato ai DEI (un’analisi di tutte e 3.476, condotta da The Economist con l’aiuto di un modello di intelligenza artificiale, ha rilevato che la percentuale era del 44%).
La stragrande maggioranza dei rimanenti ha parlato brevemente di impatto potenziale o di attività di sensibilizzazione. Un gruppo più ristretto ha utilizzato denominazioni scientifiche poco gradite, come una sovvenzione relativa a terremoti e tsunami, che citava “processi transcrustali”.
L’eliminazione del linguaggio “boilerplate” dalle future domande di sovvenzione richiederà molto tempo, ma sarà fattibile. Anche ottenere esenzioni per le ricerche erroneamente segnalate potrebbe essere possibile, sebbene non sia ancora pubblico alcun processo in tal senso. Ma alcune ricerche di valore potrebbero essere abbandonate.
“Il tema del gender, usato in maniera ideologica da Trump, di fatto crea censura e ricatta poi i ricercatori, facendo pressione sulla ricerca. Cosa che – in un contesto sano – non dovrebbe esistere. Porta i ricercatori a dipendere di più dai privati, ma il pubblico ha maggiore capacità di spesa. La ricerca di base non deve dipendere troppo dai privati: è bene che che ci sia uno sforzo pubblico molto grosso che possa tamponare eventuali oscillazioni di budget”, sottolinea Marco Pregnolato.
L’impatto dei tagli alla scienza Usa sul cambiamento climatico
È la ricerca sul cambiamento climatico ad affrontare le minacce più pressanti e concrete. Quasi tutte le menzioni del cambiamento climatico e dei programmi per combatterlo sono sparite dai siti web federali. E il National Nature Report – la prima valutazione della natura e della biodiversità a livello governativo, prodotta da più di 150 scienziati e finanziata con fondi pubblici – è stato cancellato settimane prima della scadenza della prima bozza completa.
Un ricercatore che studia come gli oceani assorbono l’anidride carbonica dice di prevedere un futuro in cui il suo team rimuoverà i riferimenti al cambiamento climatico per ottenere l’approvazione delle sovvenzioni.
Lo status di molti altri progetti scientifici legati al cambiamento climatico e all’ambiente appare ora incerto. Infatti molti sono finanziati, almeno in parte, da stanziamenti previsti dall’Inflation Reduction Act (Ira). Ma la legge sul clima, approvata dall’amministrazione Biden, non resisterà alla furia dei funzionari di Trump che hanno promesso di cancellare l’Ira.
La gestione dei finanziamenti
Gran parte di questi finanziamenti sono gestiti dalla NOAA, l’agenzia federale che sovrintende alla scienza dell’atmosfera e al monitoraggio ambientale, comprese le previsioni meteorologiche e le proiezioni sui cambiamenti climatici. La stessa NOAA è nel mirino.
Il “Progetto 2025”, una serie di proposte per la campagna elettorale di Trump su come riformare il governo federale (e a cui Vought ha contribuito), ha descritto la NOAA come uno dei principali attori dell’“industria dell’allarme sui cambiamenti climatici” e ne ha chiesto lo “smembramento e ridimensionamento”.
Questo avrebbe conseguenze che vanno oltre i confini americani. Diversi media, tra cui il Washington Post e Wired, hanno riferito di e-mail interne inviate ad alcuni membri del personale della NOAA in cui si intimava loro di mettere in pausa “tutti gli impegni internazionali”.
Prospettive future
Molte agenzie meteorologiche e climatiche di tutto il mondo si affidano alle osservazioni e ai dati raccolti dalla NOAA.
Le più colpite saranno le agenzie dei Paesi poveri. Spesso non hanno i soldi o le infrastrutture per fare le proprie previsioni meteorologiche dettagliate e le proiezioni climatiche. Lo ha detto all’Economist uno scienziato di alto livello di un’organizzazione internazionale, che ha potuto parlare solo in forma anonima.
La scienza del clima in America è “forse la più forte al mondo”, sottolinea lo scienziato, e le riduzioni ad essa apportate “toglieranno le basi al lavoro degli altri”.
Altre organizzazioni all’estero dovranno farsi avanti per compensare la perdita. Ma, osserva ironicamente lo scienziato, questo crea un’opportunità per intaccare l’egemonia scientifica americana di lunga data. Chi si è riunito a Boston per celebrare il “progresso della scienza” americana potrebbe sentire “svuotarsi” questa promessa.
“I tagli fatti con la motosega e senza raziocinio possono arrecare molti danni”, conclude Marco Pregnolato: “La speranza è che queste politiche possano essere riviste, perché il colpo sulla ricerca scientifica sarà significativo. Serve sostegno reciproco fra gli addetti ai lavori ma anche dai non addetti, e questo si potrà ottenere solo tramite un dibattito collettivo, per fare chiarezza sulle necessità della ricerca e trovare il compromesso migliore tra le necessità economiche e quelle scientifiche”.