Nei periodi più difficili della pandemia, quando ogni tipo di prestazione sanitaria in presenza era di fatto impossibile da fornire, è venuta in aiuto la telemedicina, ma non è stato sufficiente.
Dall’ultima indagine sull’impatto sociosanitario della Fondazione Italia in Salute “Gli Italiani e il COVID-19”, emerge che 35 milioni di italiani hanno avuto problemi a usufruire di servizi e prestazioni sanitarie per patologie non-Covid. Tra loro, in particolare, si sono registrate 10 milioni fra cancellazioni e rinunce. Inoltre, circa il 64% della popolazione italiana ha preferito evitare di frequentare ospedali e ambienti della sanità.
Questa situazione ha reso indispensabile una ristrutturazione organizzativa e culturale del SSN, in particolare a livello territoriale dove tutte le aziende si sono attivate per favorire strumenti di sanità digitale: nell’ultimo “Instant Report COVID-19”, Altems ha infatti contato 247 iniziative di telemedicina avviate dal marzo 2020, di cui il 75% dedicate all’assistenza e alla cura dei pazienti non-Covid.
One digital health: un framework armonizzato per raggiungere gli obiettivi di salute globale
La telemedicina in ambito sociale e ambientale
La validità clinica della telemedicina è già stata ampiamente dimostrata da anni anche all’estero, ora è tempo di parlare di telemedicina da altre prospettive. La telemedicina offre anche benefici sociali e sostenibilità ambientale.
Il “Laboratorio sui sistemi informativi sanitari – Osservatorio sulla Telemedicina Operativa” dell’Altems ha analizzato alcuni indicatori raccolti nel corso dell’iniziativa “Telemedicina Subito”, focalizzandosi sugli spostamenti del paziente per raggiungere il centro sanitario.
Ridurre la CO2 con la telemedicina
Attraverso i dati raccolti, su 872 tele-visite erogate da sei centri, è risultato che solo il 15% dei pazienti risiede nello stesso Comune del centro sanitario. Poiché sono anonimi gli indicatori raccolti, non è stato possibile misurare l’entità dello spostamento, ipotizzato pari a zero, con un’evidente sottovalutazione della situazione reale.
Per quanto riguarda il rimanente 85% dei pazienti, è stato possibile calcolare (con l’utilizzo dei servizi di Google Maps) la distanza fra i Comuni, riscontrando – fra andata e ritorno – uno spostamento medio dell’ordine di 140 chilometri, per un tempo di percorrenza pari a due ore.
Solo in questo piccolo esempio, la telemedicina comporterebbe un impatto ambientale pari a una riduzione complessiva di emissioni di CO2 di oltre 10 tonnellate, in una stima ottimistica calcolata ipotizzando che fossero conformi alle misure Euro-6 tutte le autovetture utilizzate dai pazienti, per raggiungere il centro sanitario fuori comune.
Risparmi economici e di tempo
La programmazione di una visita (necessariamente di controllo, come previsto dalla normativa) in telemedicina produce un notevole risparmio, sia in termini di tempo che economico, no solo per il paziente, ma anche per il familiare/care-giver spesso coinvolto.
Il tempo complessivo legato a una visita in presenza può essere infatti schematizzato nel seguente modello a tre fattori:
- il tempo effettivamente impiegato per l’interazione con il medico ed i professionisti sanitari per la visita, valutato dai medici come uguale (mediamente 30 minuti) sia nel caso della visita in presenza che nel caso della televisita;
- il tempo impiegato dal paziente per gli spostamenti di andata e ritorno fra il suo domicilio e la struttura sanitaria;
- il tempo necessario per il parcheggio, il raggiungimento dell’ambulatorio e l’attesa in sala
di aspetto, che, in un’ipotesi ottimistica, può essere valutato dell’ordine di 40 minuti.
I dati raccolti costituiscono un campione ridotto, ma comunque significativo, sia per
patologie che per distribuzione territoriale. Essi evidenziano che un paziente non residente nel
Comune del centro risparmia in media 2 ore e 45 minuti. In modo riduttivo, il risparmio in
termini di tempo per un paziente che abita nello stesso comune è dell’ordine di 45 minuti.
Considerando il costo medio del lavoro in Italia di 27,7 euro, così come indicato dall’ultima
analisi dell’Eurostat relativa all’anno 2019, si può valutare un risparmio economico per il paziente di almeno 20 euro, se residente nello stesso comune del centro (ipotesi conservativa), e di circa 87 euro, se residente in un comune diverso. Questo si applica anche al familiare/care-giver spesso coinvolto.
Le televisite in azienda
I pazienti stanno facendo proprio lo strumento digitale. In particolare, ricordiamo l’esperienza della “working visit” presso il Programma Dipartimentale di Reumatologia dell’Ospedale Maggiore di Bologna: i pazienti svolgono la tele-visita di controllo, della durata in media di 20 minuti, direttamente sul posto di lavoro durante le pause, al ritorno attraverso il proprio smartphone o chiedendo permessi per la sola durata della visita in modalità telemedicina.
Questo scenario apre anche possibilità interessanti dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro. Un’azienda potrebbe ritenere conveniente mettere a disposizione un locale dedicato, in cui il dipendente possa momentaneamente appartarsi per il solo tempo della tele-visita in telemedicina, con il conseguente beneficio operativo ed economico anche per l’azienda, grazie alla durata di tempo inferiore del permesso retribuito.
Già questa prima analisi, che si può ulteriormente ampliare e raffinare con la completa applicazione di una metodologia SROI (Social Return on Investment), dimostra l’importanza di una valutazione multidimensionale delle soluzioni digitali in sanità, includendo anche l’impatto sociale.
La valutazione monetaria dell’impatto sociale può essere utile anche in fase decisionale, permettendo ai policy maker di avere un quadro completo del cambiamento possibile nel contesto territoriale grazie alla telemedicina.
L’iniziativa Telemedicina subito
L’iniziativa “Telemedicina subito” è una collaborazione volontaria con diverse aziende sanitarie avviata – con il supporto condizionante di Lilly SpA- nel marzo 2020 dal Laboratorio sui Sistemi Informativi Sanitari dell’Altems, per studiare alcuni specifici contesti clinico-organizzativi. Sono stati definiti manuali operativi dettagliati, secondo i quali poter erogare – in modo completo, sicuro e rendicontabile – prestazioni in telemedicina senza la necessità di investimenti tecnologici e usufruendo di piattaforme di comunicazione disponibili, conosciute e gratuite, di accesso immediato e di facile utilizzo per i pazienti.
La metodologia di lavoro, comune a tutti i manuali, è articolata in quattro fasi:
- analisi dello specifico processo clinico-organizzativo usuale, basato sull’erogazione delle prestazioni in presenza;
- definizione dello stesso processo, gestendo l’interazione con il paziente facendo uso di una piattaforma di uso comune, adeguata al tipo di prestazione erogata ed in grado di assicurare le necessarie garanzie di sicurezza, stabilendo modalità d’uso, eventuali criticità e relative soluzioni;
- definizione degli adempimenti necessari ai fini della rispondenza, dal punto di vista organizzativo e tecnologico, a quanto prescritto dal Regolamento UE 2016/619 (GDPR);
- definizione del materiale formativo ed informativo per il paziente, in termini di modalità operative del servizio e di modalità d’uso della piattaforma di comunicazione adottata.
Sulla base della stessa metodologia sono in corso progetti multicentrici per definire come introdurre la telemedicina nell’ambito del percorso di cura dei pazienti affetti da emofilia e da HIV, in collaborazione anche con le relative Associazioni di pazienti e del Patient Advocacy Lab di Altems.
A fronte delle prestazioni erogate vengono anche raccolti indicatori del paziente, ovviamente anonimi, che consentano di valutare e misurare con criteri scientifici la validità dei protocolli definiti in termini organizzativi, clinici e anche di gradimento (che risulta sempre alto in pazienti di tutte le fasce di età, dai cinque agli oltre 80 anni).