Parlando di telemedicina in Italia, la narrazione porta ad evidenziare i finanziamenti stanziati, il numero di soluzioni che saranno o che sono implementate, e il numero di pazienti raggiunti.
Ma qual è il reale impatto che la telemedicina sta avendo nella vita di pazienti, caregiver ed operatori sanitari?
Per capirlo meglio, partiamo da una metafora.
La metafora del Watermelon Effect (Effetto Anguria)
La metafora del Watermelon Effect (Effetto Anguria) viene utilizzata nell’IT Service Management per illustrare come alcune metriche di misurazione possano apparire positive, mostrando risultati soddisfacenti e dipingendo un quadro verde, quando in realtà, sotto la superficie, possono emergere segni di “rosso”, indicando che l’obiettivo del progetto è stato mancato.
Parlando di telemedicina e digitalizzazione in sanità, la spinta del Covid e del PNRR ha presentato un quadro verde, caratterizzato da finanziamenti e da innumerevoli soluzioni che stanno prendendo piede nelle organizzazioni sanitarie. Ma qual è il valore creato per ogni euro investito nelle soluzioni di telemedicina?
Il progetto progetto h-Value e-health
Questa è la domanda che ha spinto la Fondazione ANT Italia Onlus a collaborare con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, nel progetto h-Value e-health, per valutare l’impatto sociale del processo di digitalizzazione del loro percorso di cure palliative domiciliari, secondo la metodologia del Social Return on Investment (SROI), che consente di attribuire un valore monetario al cambiamento generato e di scoprire quanto vale ogni euro investito in un contesto così delicato dal punto di vista sociale, come quello della cura verso il fine vita.
La buccia: la telemedicina tra PNRR e DM77
Nell’ambito della rimodulazione del PNRR, il Ministero della Salute ha ottenuto, in raccordo con la Struttura di missione della Presidenza del Consiglio, la redistribuzione di 750 milioni per il potenziamento degli interventi di Assistenza domiciliare e Telemedicina. Così all’iniziale finanziamento di 1 miliardo, si aggiungono 500 milioni per raggiungere un target ambizioso: entro il 2025, dovranno essere assistite almeno 300 mila persone attraverso strumenti di telemedicina.
Per raggiungere tale target il finanziamento è stato concentrato in due linee di azione: la prima vede la creazione di una Piattaforma Nazionale di Telemedicina dedicata ai servizi abilitanti a livello centrale mentre la seconda destinata alla realizzazione di soluzioni verticali che consentano l’erogazione dei servizi minimi di telemedicina nelle singole regioni.
Un primo importante passo verso una migliore riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, attraverso anche strumenti di sanità digitale, è stato compiuto con la riforma dell’assistenza territoriale (DM77/2022), che riconosce la telemedicina come elemento abilitante per l’attuazione della riorganizzazione dell’assistenza territoriale.
Le cure palliative
In un contesto di cure domiciliari spiccano le cure palliative, da sempre alla ricerca di setting assistenziali che possano mettere a proprio agio il paziente, soprattutto in una fase avanzata della malattia. Le cure palliative, intese come una cura olistica, attiva, rivolta alle persone di tutte le età con sofferenze di salute causate da una malattia grave, specialmente alla fine della vita, hanno lo scopo di migliorare la qualità della vita dei malati, delle loro famiglie e dei loro caregivers.
Ad oggi però le cure palliative presentano molte criticità. In primo luogo, i pazienti assistiti e le giornate di assistenza erogate in questo regime, sono ancora molto al di sotto del fabbisogno programmato. Inoltre, il settore delle cure palliative risente della forte carenza di personale medico, un problema accentuato dal fatto che il “fine vita” può risultare poco attrattivo per le nuove generazioni di professionisti sanitari.
In questo scenario viene riconosciuto il ruolo cruciale della telemedicina, la quale ha il potenziale di alleviare il carico assistenziale sulle limitate risorse sanitarie disponibili, consentendo così un incremento del numero di pazienti e caregiver assistiti.
Il frutto rosso: la telemedicina oggi e la sfida dell’equità di accesso alle cure
Secondo l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), la realizzazione e la gestione della Piattaforma Nazionale di Telemedicina (PNT) avrà una durata di dieci anni. Il primo ottobre di quest’anno, la PNT è stata presentata agli stakeholder interessati, dopo una fase iniziale di popolazione dei dati grazie alla collaborazione di alcune regioni pilota. Secondo la timeline, a partire da dicembre 2025 inizierà la fase di gestione a regime, che proseguirà fino alla conclusione della concessione, durante la quale la piattaforma continuerà a migliorare i suoi servizi.
In attesa di un servizio nazionale di telemedicina efficiente, capace di dare ordine all’attuale sistema frammentato e poco integrato, il settore privato ha preso il sopravvento per rispondere alla crescente domanda di servizi di sanità digitale, già sperimentati dai pazienti durante la pandemia. Secondo le ultime indagini relative al biennio 2022-2023 dell’Osservatorio Telemedicina di Health Italia, la spesa “out of pocket” degli italiani per consulti a distanza con specialisti ha registrato un incremento del 172%. In particolare, la telecardiologia ha segnato addirittura un aumento del 300% rispetto al 2022.
Equa erogazione delle cure: il ruolo del terzo settore
Il clima di momentaneo immobilismo di numerose organizzazioni sanitarie, che attendono l’evoluzione della PNT per garantire un servizio di sanità digitale conforme alle indicazioni nazionali, rischia di allontanare la telemedicina da uno dei suoi principali obiettivi: garantire una più equa erogazione delle cure, soprattutto in situazioni in cui la distanza e i tempi di cura rappresentano fattori critici.
Per arginare i possibili impatti negativi, di un sistema sanitario che si allontana sempre di più dalla sua universalità, il Terzo Settore può giocare un ruolo cruciale in un’ottica di collaborazione co-progettazione che permetta di affrontare efficacemente le sfide del futuro, prime tra tutte quella della cronicità e della fragilità, in un contesto che deve inevitabilmente considerare prioritaria l’ottimizzazione delle risorse economiche ed umane disponibili.
Cure palliative domiciliari oncologiche: l’iniziativa di Fondazione ANT
In difesa dell’equità di accesso alle cure, la Fondazione ANT Italia ONLUS ha avviato un’iniziativa per potenziare le cure palliative domiciliari oncologiche, offrendo un servizio gratuito di telemedicina per pazienti e caregiver.
Nata a Bologna nel 1978 per iniziativa dell’oncologo Franco Pannuti, Fondazione ANT Italia ONLUS è la più ampia realtà non profit in Italia per l’assistenza socio-sanitaria domiciliare gratuita ai pazienti oncologici. Dal 1985 a oggi ANT ha assistito oltre 161.000 malati, in modo completamente gratuito, con équipe multi-disciplinari presenti in 29 province in 11 regioni italiane (Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Marche, Campania, Basilicata, Puglia, Umbria).
Il credo di ANT è sintetizzato dal termine “Eubiosia” (dal greco, eu/bene-bios/vita, “la buona vita – vita in dignità”) intesa come insieme di qualità che conferiscono dignità alla vita, in ogni fase della malattia. Da sempre ANT crede, nella personalizzazione delle cure per garantire la dignità di vita del malato. L’affiancamento di nuovi strumenti innovativi volti a migliorare l’organizzazione del lavoro e la trasmissione dei dati, aiuta ad immaginare un setting assistenziale sempre più adeguato ai bisogni attuali.
Pertanto, il processo di digitalizzazione delle cure palliative si è rivelato per la Fondazione un passo fondamentale per consentire un numero maggiore di prese in carico di pazienti e caregiver.
Andare oltre la buccia: l’importanza della valutazione dell’impatto sociale della telemedicina
Nel perseguire il processo di digitalizzazione, la Fondazione ANT Italia ONLUS ha però subito compreso l’importanza di non limitarsi a considerare un potenziale incremento del numero di pazienti e caregiver assistiti, ma anche di garantire un servizio in grado di creare valore aggiunto nell’assistenza domiciliare.
La metodologia del Social Return on Investment (SROI).
Da questa visione nasce il progetto h-Value e-health, che, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, si propone di analizzare il valore generato per ciascun attore coinvolto (stakeholder) nel processo di digitalizzazione delle cure palliative domiciliari, utilizzando la metodologia del Social Return on Investment (SROI).
Secondo la guida della Human Foundation, lo SROI è una metodologia di rendicontazione dell’impatto sociale che consente di misurare il valore extra-finanziario di uno specifico investimento. Il Modello di Rendicontazione SROI mira a ridurre le disuguaglianze, misurando il progresso di un’iniziativa per tutti gli stakeholder e attribuendole un valore economico.
Il risultato dell’analisi è un indice che si ottiene dal rapporto tra la valorizzazione dei risultati (outcomes) raggiunti e gli investimenti (inputs). In questo modo, l’indice identifica il valore sociale generato per ogni euro investito. Un indice SROI pari a 3 significa che 1€ investito in quell’intervento genera un ritorno sociale equivalente a 3€, triplicando quindi l’investimento iniziale [Figura 1].
Lo SROI offre diversi vantaggi nella rendicontazione delle iniziative di sanità digitale, consentendo di prevedere e misurare l’impatto generato, mappare i cambiamenti apportati e utilizzare un linguaggio economico comune per facilitare la comunicazione trasparente con gli stakeholder. Questo modello non solo promuove l’ottimizzazione delle risorse disponibili, ma favorisce anche cambiamenti positivi, contribuendo a creare un reale valore sociale
Fase 1: il parere degli stakeholder
L’analisi dell’impatto sociale secondo la metodologia SROI, elaborata dalla Human Foundation e rivista dal team di ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, con un focus sulla valutazione della sanità digitale, prevede come prima fase fondamentale l’ascolto delle esigenze dei diversi attori coinvolti, al fine di definire insieme il set di indicatori da monitorare per misurare l’impatto sociale generato.
Nei mesi di settembre e ottobre 2024, la Fondazione ANT e l’Università hanno organizzato una serie di focus group che hanno coinvolto 14 rappresentanti di gruppi di stakeholder strategici per l’implementazione efficace del servizio digitale nelle cure palliative domiciliari [Figura 2].
Pazienti, caregiver, medici, infermieri, psicologi, volontari e dipendenti ANT si sono messi in gioco, condividendo ciascuno le proprie esperienze con la telemedicina e considerando le evidenze disponibili in letteratura.
Le dimensioni da monitorare per la valutazione dell’impatto sociale
Questo confronto ha permesso di definire le dimensioni che verranno monitorate nei prossimi mesi per la valutazione dell’impatto sociale [Figura 3]:
Figura 3: Dimensioni dell’Impatto Sociale progetto h-Value e-Health
- Dimensione clinica: valutare l’impatto della telemedicina in termini di efficacia clinica, monitoraggio e gestione di sintomi e dolore;
- Dimensione psicologica: analizzare l’impatto della telemedicina sul monitoraggio e gestione dell’ansia e depressione, considerando il punto di vista del paziente, del caregiver e dell’operatore sanitario;
- Carico assistenziale e lavorativo: esaminare l’effetto della telemedicina sul tempo dedicato all’assistenza da parte del caregiver e sul carico di lavoro degli operatori sanitari;
- Dimensione relazionale: valutare come la telemedicina potrebbe influenzare la relazione tra medico, paziente e caregiver;
- Customer experience: analizzare l’esperienza di pazienti, caregiver e operatori sanitari in termini di qualità e soddisfazione rispetto al servizio digitale offerto;
- Equità: garantire che l’accesso alla telemedicina sia inclusivo ed equo, indagando anche le possibili implicazioni legate alla digital literacy di pazienti, caregiver e operatori sanitari;
- Sostenibilità ambientale: valutare come la telemedicina possa contribuire a ridurre le emissioni di CO2, grazie alla diminuzione degli spostamenti degli operatori sanitari;
- Dimensione economica: analizzare la riduzione dei costi associati all’assistenza, dovuta alla diminuzione degli spostamenti degli operatori sanitari, all’ottimizzazione dei tempi e a una potenziale riduzione degli accessi al pronto soccorso e dei ricoveri non programmati.
Per ogni dimensione, gli indicatori di outcome sono stati selezionati dai 14 stakeholder. Questi indicatori verranno valutati durante lo studio attraverso una serie di survey che coinvolgeranno nei prossimi mesi pazienti, caregiver e operatori sanitari.
Conclusioni
Per evitare il fenomeno del “digital washing”, ovvero una digitalizzazione di sola facciata che si limiti a conteggiare unicamente il numero di televisite effettuate e i finanziamenti stanziati, è essenziale collaborare con tutti gli attori del processo di innovazione, inclusi pazienti, caregiver, professionisti della salute, enti locali ed enti del Terzo Settore.
Solo attraverso un approccio collaborativo e multidisciplinare sarà possibile garantire che l’assistenza rimanga equa e accessibile per tutti, affrontando le reali esigenze e le sfide dei pazienti in un contesto sanitario in continua evoluzione.
Inoltre, è fondamentale monitorare e valutare costantemente l’impatto delle soluzioni digitali implementate, affinché si possa misurare il loro valore reale e apportare eventuali correttivi per migliorare continuamente la qualità dei servizi offerti. Coinvolgere ogni parte interessata in questo processo non solo aiuterà a costruire una rete di supporto più solida e resiliente, ma contribuirà anche a creare un sistema sanitario che sia realmente universale.