Dalla telemedicina e dall’innovazione digitale, i pazienti si aspettano un sistema sanitario migliore: ma cosa vuol dire?
Secondo il primo rapporto annuale Janssen-Censis sulla sanità italiana, i cittadini vogliono compartecipare alla propria salute.
Il 66,9% degli italiani si informa in autonomia sulla propria salute, dai sintomi alle patologie, ed il 41,6% dialoga attivamente con i medici, ponendo quesiti ed esponendo il proprio punto di vista.
L’82,1% degli italiani ha intenzione di adottare qualche comportamento salutare tra buona alimentazione, attività fisica e cautela nel consumo di fumo e alcool. Il 66,5% dei cittadini si sottopone a visite e accertamenti a scopo di prevenzione.
Quale telemedicina per il post-Covid: questioni aperte e resistenze da superare
Per migliorare la sanità il 94,3% degli italiani sottolinea l’importanza di una maggiore personalizzazione delle cure e il 92,9% vorrebbe che i percorsi di cura, dal domicilio al territorio e agli ospedali, fossero modulati sulle esigenze personali del paziente.
“Per gli italiani, la buona sanità del futuro è quella che saprà personalizzare assistenza, diagnosi e cure, dai farmaci alle tante e diverse terapie” evidenzia il rapporto. “Non più soluzioni buone per tutti o per tutti i malati di una determinata patologia, ma pensate, progettate e implementate per lo specifico di salute e malattia di ciascuna persona”.
Le soluzioni digitali e la telemedicina sono parte di questo processo.
Telemedicina: per le associazioni dei pazienti è priorità
L’indagine “La sanità del futuro: i messaggi delle associazioni di pazienti per l’epoca Covid-19” , condotta dal PAL -Patient Advocacy Lab di ALTEMS – Università Cattolica del Sacro Cuore[1] e realizzata a novembre 2020, ha presentato il quadro delle aspettative dopo mesi e mesi di impegno accanto a malati cronici e fragili, per lo più privati di supporto e assistenza da un servizio sanitario concentrato sul COVID-19.
Le associazioni di pazienti indicano l’uso della telemedicina (dal teleconsulto alla televisita, dalla telecooperazione alla telerefertazione) come una delle otto priorità di un servizio sanitario rinnovato, che faccia tesoro della lezione del COVID e guardi al futuro verso una umanizzazione 2.0 delle cure.
- La dematerializzazione delle ricette per farmaci e presidi terapeutici
- La distribuzione di farmaci e dei presidi a domicilio
- La semplificazione burocratica
- Il sostegno psicologico
- La telemedicina
- Il coinvolgimento attivo del paziente nei processi di pianificazione delle cure
- La reale assistenza sociosanitaria e domiciliare e medicina del territorio
- La creazione di reti di patologia
Il risultato comune alle due ricerche, Janssen-Censis e Altems, è l’emergenza di concetti, pur se diversamente rappresentati, che sono analoghi nella rappresentazione operativa: per personalizzare la cura e per migliorare i processi di cura, la digitalizzazione del sistema sanitario è uno strumento indispensabile.
Non si può pensare di realizzare uno sforzo organizzativo e logistico così importante come quello richiesto senza un fascicolo sanitario elettronico 2.0, senza centrali operative territoriali digitalizzate, senza competenze digitali dei cittadini e dei professionisti sanitari, senza regole chiare.
Telemedicina: i disservizi del SSN durante la pandemia e il lavoro delle associazioni
ALTEMS, attraverso il PAL, ha svolto anche un’indagine nazionale sul lavoro delle associazioni dei pazienti durante il COVID.
Dall’elenco delle tipologie di azione emerge una notevole innovatività che mette l’uso del web, la digitalizzazione dei servizi e l’informatizzazione dei percorsi di cura tra le attività più gettonate.
Le principali aree di intervento delle associazioni di pazienti durante l’emergenza Covid:
- Informazione e Comunicazione: servizi inerenti alle informazioni sui siti o con campagne social per informare i propri associati.
- Realizzazione di webinar: servizi che riguardano l’ascolto dei propri volontari attraverso l’utilizzo di piattaforme per la comunicazione digitale.
- Digitalizzazione dei servizi ai pazienti: servizi associativi che in precedenza venivano erogati in presenza ma anche attività di supporto per i servizi sanitari, ad esempio il teleconsulto.
- Redazione di documenti di sintesi: servizi di reportistica, traduzione e semplificazione di evidenze redatte dalle società scientifiche di riferimento.
- Formazione a casa: servizi di webinar con esperti scientifici o condivisione di webinar di interesse per i propri associati.
- Fundraising: attività di raccolta fondi per la gestione dell’emergenza a supporto dei propri associati.
- Interventi istituzionali: azioni di advocacy per far fronte all’emergenza, attraverso la sensibilizzazione delle istituzioni per l’erogazione di alcuni servizi utili per la gestione della propria patologia.
- Supporto alla creazione e consegna mascherine e altri DPI: servizi di supporto sul territorio per la consegna di mascherine o altri DPI ed il supporto alla creazione di mascherine.
- Raccolta dati: supporto alle piattaforme attivate dalle società scientifiche o dagli enti istituzionali di ricerca per le indagini sulle patologie in questo contesto di emergenza.
- Consegna farmaci: attività di supporto per la consegna di farmaci ai propri associati.
D’altra parte, sempre secondo un’altra ricerca del Patient Advocacy Lab di ALTEMS , la pandemia ha messo in evidenza la mancanza di resilienza di un sistema analogico, come è ancora il SSN.
I dati principali raccolti durante la pandemia:
- sospensione delle cure per 9 pazienti su 10 con malattia rara (fonte: Rare Barometer EURORDIS);
- sospensione dei programmi di screening mammografico di I livello (fonte: Europa Donna);
- diagnosi e biopsie dimezzate del 52% per malati oncologici, ritardi negli interventi chirurgici per il 64%, visite pazienti/settimana diminuite del 57% (fonte: FAVO: XV Giornata Nazionale del Malato Oncologico);
- funzionamento ridotto del 91% dei centri per Sclerosi Multipla, problemi di accesso alle terapie farmacologiche per il 40% dei pazienti con SM, interruzione della riabilitazione per il 70% dei pazienti con SM (fonte: AISM);
- cancellazione improvvisa di visite ed esami programmati e un senso di abbandono e di incertezza dei pazienti “ordinari” (fonte: XVIII Rapporto nazionale di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità);
- 2 malati su 10 con tumori del sangue hanno deciso di lasciare il percorso di cura per la paura di frequentare i luoghi di cura (fonte: AIL, 2020).
Sono particolarmente drammatici i dati che emergono dalla survey “Le patologie reumatologiche e il Covid-19”, realizzata dall’Osservatorio dell’Associazione nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare (APMARR), in collaborazione con Helaglobe: tre pazienti su quattro durante la pandemia (76%) hanno dovuto rimandare visite specialistiche e di controllo legate nella quasi totalità dei casi (88%) alla patologia. Addirittura, quasi uno su 4 (22%) pensa che non tornerà mai più sereno come prima dell’arrivo della pandemia.
Considerando i problemi evidenziati, la Telemedicina ed in particolare la Televista giocano un ruolo centrale proprio rispetto alle visite di controllo perdute, il principale problema evidenziato dai pazienti fragili, e queste visite spesso eseguibili in telemedicina.
Nell’indagine CENSIS i medici per gli italiani devono essere la voce che più conta nei processi della sanità: “il 92,1% ha fiducia in essi, per il 93,9% devono essere al centro della sanità del futuro. Il medico è percepito come il garante che sempre e comunque, di fronte a esigenze economiche o tecnologiche o di altro tipo, prevarranno le ragioni della tutela della salute. Così, per 8 italiani su 10 la sua azione è garanzia che il digital non sostituirà mai per intero l’human factor.
Positivo il giudizio degli italiani sul proprio Mmg: il 67,7% dice che valuta sempre con attenzione i sintomi, il 50,4% che è attento anche agli aspetti psicologici e relazionali e il 50,6% che lo segue anche quando si rivolge ad uno specialista o è ricoverato in ospedale. Al 64,2% degli italiani capita di contattare un medico tramite WhatsApp o altro programma di messaggistica ed al 18,7% di fare online visite mediche, consulti e assistenza, incontri con un medico.”
Un paziente su cinque comunica in modo digitale con il proprio medico, ed il dato è destinato ad aumentare ma il tutto deve essere inserito in percorsi strutturati e non generici e spontanei realizzati assieme.
Conclusioni
Faccio mie le conclusioni del PAL sul tema: “la telemedicina non diventerà una strada praticata se le aziende sanitarie non capiranno che, oltre a migliorare la propria organizzazione interna, devono anche coinvolgere i pazienti mettendoli nelle condizioni di conoscere, capire e auspicare l’uso della telemedicina, informandoli, dando loro gli strumenti più consoni, facendosi supportare dalle associazioni, rispettando le loro esigenze. Potrebbe sembrare una frase fatta, ma la battaglia per l’uso della telemedicina o si vince tutti insieme o non si vince. Fortunatamente le premesse ci dicono che si tratta di un obiettivo raggiungibile.”
Note
- Coordinato dalla dottoressa Teresa Petrangolini ↑