Il settore della sanità digitale, come molti altri, ha ricevuto un forte impulso con l’emergenza Covid-19. Ora è chiamato alla prova delle maturità e a un’estensione orizzontale che va oltre l’immediata necessità di limitare spostamenti, contatto fisico e facilitare l’operato di medici e strutture sanitarie preposte all’erogazione delle prestazioni.
I temi della telemedicina e dei servizi digitali sono usciti dal recinto degli addetti ai lavori e sono approdati anche tra gli utenti/pazienti. Non si può più tornare indietro e la strada intrapresa deve procede in continuità, evitando che i cambiamenti in atto la rallentino se non addirittura la blocchino. Nel frattempo, l’attesa cresce per la Piattaforma Nazionale di Telemedicina e per le sue declinazioni regionali (mancano ancora le linee guida Agenas previste per agosto).
Sanità digitale, perché non decolla? Le sfide urgenti da affrontare
I passi avanti nella Missione 6 del PNRR
Nell’ultima presentazione del Comitato Interministeriale per la Transizione Digitale di luglio la tabella di marcia per la Missione 6 del PNRR ossia “Salute” indicava una significativa accelerazione.
Potenziamento del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE)
Per il potenziamento del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) risultavano raggiunti i seguenti obiettivi:
- Programmi pilota in sei Regioni per a) capire le difficoltà per realizzare i Fascicoli Sanitari Elettronici (FSE) b) migliorare alimentazione e portabilità c) capire come supportare tutte le 21 Regioni e Province Autonome
- Definita nuova governance, stabilita architettura dati centrale (Ecosistema Dati Sanitari) e rafforzati i poteri di standardizzazione su tutto il territorio nazionale
- Definito nuovo FSE come unico punto di accesso ai servizi sanitari, definiti standard e codifiche uniformi per tutto il Paese, definita l’architettura che comprende repository e gateway (EDS)
- Stanziati 600 milioni di euro per le Regioni al fine di potenziare i propri FSE e formare gli operatori sanitari, incluso un contingente di tecnici a supporto delle Regioni nel rafforzare i propri FSE.
Il tutto con l’obiettivo di alimentazione del Fascicolo differenziato per ogni singola Regione, ma tendenzialmente superiore al 60-70% e di avviare l’operatività dell’Ecosistema Dati Sanitari a gennaio 2023.
La Piattaforma Nazionale di Telemedicina
Per quanto riguarda invece la Piattaforma Nazionale di Telemedicina, nei primi sei mesi del 2022, dopo aver definito le caratteristiche tecniche di base e il modello architetturale, è stata avviata la manifestazione di interessi da AGENAS. La gara definitiva per l’assegnazione del progetto di partenariato pubblico-privato dovrebbe invece essere pubblicata nel mese di settembre. Previste entro luglio anche le Linee guida per i bandi di gara relativi alle piattaforme regionali di telemedicina. Ma questa scadenza è evidentemente slittata.
Le cose che restano ancora in sospeso
Una volta gettati i pilastri, è possibile fare un breve quadro di quello che ancora rimane in sospeso e quello che invece potrebbe essere preso in considerazione per rendere la telemedicina una risorsa per il SSN, tutti gli operatori sanitari e anche i pazienti.
Il PNRR è fatto, ora facciamo la telemedicina: cosa serve per un vero salto di qualità
I modelli di sanità digitale da implementare sui territori
Innanzitutto, sembrano mancare ancora i modelli di sanità digitale da implementare sui territori. Molte realtà hanno avviato sperimentazioni, anche in autonomia rispetto alle linee guida ministeriali, con diversi gradi di successo e di avanzamento. Non esiste tuttavia un percorso definito per l’integrazione delle tecnologie e dei servizi digitalizzati (soprattutto quelli aggiuntivi alla Televisita, al Teleconsulto e al Telemonitoraggio) nei presidi territoriali previsti dai vari decreti (DM 71, poi 77). I modelli risultano maggiormente chiari nella parte organizzativa (ad es. una Casa della Comunità ogni 40.000-50.000 abitanti), ma non sull’utilizzo degli strumenti tecnologici per raggiungere gli obiettivi sanitari previsti. Inoltre, non è ancora ben dettagliato il ruolo degli operatori sanitari in relazione all’utilizzo delle varie soluzioni tecnologiche. Quali strumenti verranno considerati prioritari e chi ne può fare utilizzo? Sono previsti percorsi di formazione e di coinvolgimento dei professionisti che operano all’interno delle strutture territoriali? Quale ruolo per progetti ad hoc che includano anche PPP o best practice con i privati? Si penserà alla facilità di utilizzo per i pazienti che devono accedere ai servizi e orientarsi nel nuovo SSN, semplificando e migliorando la loro esperienza?
I micro-servizi al cittadino
Inoltre, non si è affrontato un dettaglio importante. I micro-servizi al cittadino. Il focus è ancora molto forte sull’alimentazione del FSE e sui quattro pilastri della Telemedicina che sono:
- la televisita
- il teleconsulto (sincrono e asincrono)
- il telemonitoraggio
- la teleassistenza.
Essi sono lo scheletro portante, innegabilmente. Tuttavia, è possibile considerare dei servizi accessori e digitalizzati che possono dare supporto a queste colonne portanti. Ad esempio, strumenti di comunicazione efficace sia mirata sia massiva con il paziente (che è sempre più connesso), soprattutto per le fasi di prevenzione e per la cronicità. Oppure soluzioni che permettano al paziente di valutare il suo percorso e la sua esperienza con il servizio sanitario e contribuire al suo miglioramento. Questa parte è ancora molto marginale nella roadmap disegnata fino al momento e non è ancora certo se farà parte o no delle piattaforme di telemedicina, nazionale e regionali.
Conclusioni
Oltre a chiarire questi punti, è necessario evitare la discontinuità che provoca un avvicendamento istituzionale (come quello in corso) e non scostarsi da quanto realizzato fino a questo momento. Proseguendo e recuperando ciò che è previsto dalla tabella di marcia, e magari chiarendo i punti rimasti in sospeso o non del tutto chiariti. In primis, per evitare che i modelli di sanità territoriali impostati negli ultimi due anni subiscano ulteriori modifiche e quindi un rallentamento nella loro implementazione. Questo provocherebbe non solo incertezza per gli operatori stessi, ormai impegnati con i progetti del PNRR e con un riassetto ormai ampiamente avviato, ma anche per incentivare ulteriori investimenti sia pubblici sia privati. In secondo luogo, per continuare con il processo di consapevolezza del potenziale della sanità digitale e degli strumenti a disposizione da parte di tutti gli attori coinvolti nel processo, soprattutto i cittadini.