sanità digitale

Telemedicina in Italia, eppure si muove: stato dell’arte e resistenze

Poche realtà nel nostro Paese si sono dotate di un piano strategico per l’implementazione delle varie forme di telemedicina. Ma dalle poche esperienze avviate si possono ricavare gli elementi utili per meglio comprendere quali siano le difficoltà di implementazione

Pubblicato il 19 Giu 2019

Isabella Mastrobuono

Docente di organizzazione sanitaria presso la Luiss Business School di Roma

Telemedicina all'Ospedale Bambino Gesù: i vantaggi in pediatria

La telemedicina mostra enormi potenzialità in termini di maggior accesso alle cure e di efficienza, eppure l’accettazione di questa modalità di assistenza (da parte degli operatori sanitari e dei decisori politici in primis) è ancora tutta da testare, così come quella dei pazienti.

Sappiamo, quindi, ancora troppo poco per permetterne una maggiore diffusione e l’implementazione nelle realtà dove non esiste. Rimane poi inesplorato l’ambito economico, in termini sia di costo, sia di outcome.

Proponiamo allora di seguito una panoramica sulla (scarsa) diffusione della telemedicina nel nostro Paese e le esperienze della Provincia autonoma di Bolzano e della Azienda Sanitaria Locale CN2.

Telemedicina, una definizione

La “telemedicina” può essere considerata come “l’insieme delle tecniche informatiche a supporto dell’assistenza sanitaria, sociale e sociosanitaria con la conseguente possibilità di garantire a distanza, per selezionati pazienti, prestazioni e servizi sanitari, sociosanitari e sociali”. La definizione è stata impostata inserendo anche aspetti di natura sociale in quanto spesso i destinatari delle prestazioni sanitarie sono pazienti che presentano contemporaneamente problemi sociali e perché, nel prossimo futuro, sarà proprio la spesa sociale ad aumentare assai più di quella sanitaria.

Secondo la classificazione lessicale proposta da Siegel (2017) la telemedicina comprende:

  • Il telemonitoraggio consente di monitorare un paziente tramite device mobili o tramite la ricezione di referti via internet/telefono, in modo che lo specialista che riceve i dati possa controllare sintomi e/o progressione della malattia.
  • La tele-formazione-educazione comprende seminari e sessioni interattive sul web per specialisti da soli o con i pazienti.
  • Il teleconsulto si riferisce allo scambio di informazioni tra professionisti sanitari e colleghi esperti a distanza.
  • La teleassistenza è invece la forma di telemedicina che implica l’interazione tra professionista sanitario e paziente e/o caregiver, e si basa su un metodo di videoconferenza che simula una visita ambulatoriale face-to-face. Al contrario delle precedenti, questa tipologia di telemedicina è detta sincrona, in quanto si tratta di un’interazione in tempo reale (Daniel, Sulmasy, 2015).

I sistemi esistenti di telemedicina a livello mondiale sono numerosi, tuttavia sono poche le pubblicazioni scientifiche in cui vengono descritte in modo dettagliato le tecnologie utilizzate, limitandosi così la possibilità di condurre una valutazione di impatto organizzativo, e di efficacia, efficienza, economicità dello strumento.

La Telemedicina in Italia

Nel nostro Paese, sia nel Patto per la salute 2014 – 2016, ove si raccomanda alle Regioni di aderire al Patto per la Sanità Digitale, sia nelle linee di indirizzo nazionali del Ministero della salute, si fa riferimento alla diffusione delle nuove tecniche di interazione tra personale sanitario (e anche personale sociale, si aggiunge) e pazienti.

Eppure, le esperienze sono ancora poche, limitate ad alcune realtà e spesso sono portate avanti con fatica da operatori che si formano sul campo, ma è da queste esperienze che si possono ricavare gli elementi utili per meglio comprendere quali siano le difficoltà di implementazione che sempre caratterizzano l’introduzione delle innovazioni in tutti i campi del progresso umano.

Poche realtà nel nostro Paese si sono dotate di un piano strategico per l’implementazione delle varie forme di Telemedicina con l’obiettivo di adottare piattaforme informatiche e soluzioni capaci di supportare un servizio sanitario basato sui pilastri della continuità assistenziale, del care management, della de-ospedalizzazione e della piena cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti nella filiera della salute e del benessere.

Nella Provincia autonoma di Bolzano, ad esempio, sono state avviate alcune sperimentazioni in campo di teleassistenza dermatologica e cardiologica ed è stata predisposta una prima versione del Master Plan Telemedicina 2019-2021 che è stato elaborato di pari passo alle innovazioni organizzative dettate dal nuovo Piano sanitario provinciale 2016-2020, con particolare riferimento al Master Plan Chronic Care (piano della cronicità) adottato il 4 dicembre 2018 e già funzionante con l’arruolamento dei primi 14.000 pazienti diabetici da parte dei medici di medicina generale.

Il monitoraggio delle patologie croniche

Nell’esperienza della Provincia l’introduzione delle tecniche di telemedicina trova spazio solo nel contesto organizzativo dei percorsi assistenziali condivisi tra operatori (PDTA) per evitare la nascita di iniziative (già avviate nel passato) scollegate dal contesto e destinate a rimanere “monadi”, difese ad oltranza dai pochi operatori che in esse credono. Un aspetto deve essere sottolineato, le nuove tecniche di telemedicina con particolare riferimento alla teleassistenza comprenderanno secondo le indicazioni del Master Plan, rilevazioni del bisogno di tipo sociale con la possibilità di intervenire anche in questo contesto celermente.

E’ il mutato scenario di erogazione dei servizi, delle attività e delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie nel nostro Servizio sanitario nazionale, legato alle profonde modificazioni demografiche, il substrato sul quale poggiano le innovazioni offerte dalla telemedicina, con particolare riferimento al monitoraggio delle patologie croniche, come confermato nelle linee d’indirizzo nazionali diramate dal Ministero della Salute, che così, a riguardo, si esprimono: “l’evoluzione in atto della dinamica demografica, e la conseguente modificazione dei bisogni di salute della popolazione, con una quota crescente di anziani e patologie croniche, rendono necessario un ridisegno strutturale ed organizzativo della rete dei servizi, soprattutto nell’ottica di rafforzare l’ambito territoriale di assistenza”. Il cuore del tutto è rappresentato, come facilmente comprensibile, dall’adozione di percorsi assistenziali (PDTA).

La metodologia di valutazione dei percorsi assistenziali

Per garantire l’integrazione dei sistemi di telemedicina nei percorsi assistenziali diviene cruciale acquisire la metodologia di valutazione degli stessi secondo un Modello di Assessment of Telemedicine (MAST, Kidholm et al., 2017) che include 3 step di valutazione:

STEP 1 – Valutazione procedurale:

  • qual è l’obiettivo dell’applicazione?
  • tecnologia e organizzazione sono mature?

STEP 2 – Valutazione multidisciplinare:

  • problemi di salute e caratteristiche dell’applicazione
  • sicurezza
  • efficacia clinica
  • prospettive del paziente
  • aspetti economici
  • aspetti organizzativi
  • aspetti socioculturali, etici e legali.

STEP 3 – Trasferibilità della valutazione:

  • esportazione del modello
  • standardizzazione
  • scalabilità.

L’aspetto organizzativo

Dall’analisi di letteratura emerge che tra questi domini, l’aspetto organizzativo è sottoanalizzato (Vukovic et al., 2018), eppure esso è fondamentale per indagare che tipo di risorse sono utilizzate per l’implementazione della tecnologia e quali cambiamenti o conseguenze nell’organizzazione potrebbero essere indotti dalla stessa tecnologia. Anche in questo caso le esperienze maturate sono poche sia a livello internazionale che nazionale.

Un recente studio condotto presso l’Azienda Sanitaria Locale CN2 (Dalla Costa et Al, 2019) su un progetto di teleassistenza avviato nel 2009 con un sistema dedicato chiamato eViSuS® per la gestione domiciliare dei pazienti in dialisi peritoneale e con il coinvolgimento delle strutture di Dietologia, Chirurgia Vascolare, Fisiatria, Cure Palliative, RSA e MMG, ha analizzato l’impatto organizzativo complessivo dell’introduzione della tecnologia attraverso la somministrazione di un questionario che andasse a valutare le risorse umane (in termini di unità, necessità di riunioni di equipe e di formazione del personale) e la necessità di spazi, arredi e macchinari; inoltre è stato valutato il fabbisogno (e il conseguente impatto) di processi assistenziali di supporto.

Secondariamente è stato valutato il livello di gradimento da parte del personale coinvolto nell’attività (personale ospedaliero, territoriale domiciliare). Ebbene, per quanto riguarda l’impatto organizzativo, il dato positivo più rilevante è stato la possibilità di incrementare il collegamento tra le unità operative coinvolte con significativi risvolti nell’implementazione di processi clinici assistenziali e di percorsi diagnostico-terapeutici tra operatori e strutture differenti all’interno dell’ASL. Per contro, la necessità di riunioni organizzative, in particolar modo durante la fase di avvio progettuale, ha avuto un impatto negativo anche se complessivamente il personale è risultato soddisfatto della modalità attuativa, seppure ha mostrato maggior gradimento per una visita tradizionale face to face rispetto ad una video visita.

Nonostante la ritrosia ad accettare la telemedicina nel nostro Paese, in un lavoro intitolato “The Hospital of tomorrow in 10 points” il tradizionale modello ospedaliero lascia il posto all’immagine di un albergo a cinque stelle con negozi, ristoranti e giardini panoramici. In un simile scenario gli autori prevedono che la telemedicina sarà ovunque e, grazie a questa, i pazienti al domicilio potranno essere gestiti da remoto dal medesimo staff ospedaliero (Vincent, Creteur, 2017).

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