Finalmente il tema della telemedicina, e in generale dell’uso degli strumenti digitali per assistere le persone a casa, è entrato nell’agenda politica e compare sulle prime pagine dei giornali. Emerge con forza anche dalle associazioni di pazienti e cittadini l’appello per politiche in grado di individuare un modello unico di home care.
Sanità digitale, banco di prova per la ripresa
Per esempio, il 21 giugno il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, ha scritto un editoriale su “Ripartenza e innovazione” in cui sostiene che “Telemedicina, insegnamento online, Intelligenza artificiale per il vaccino, sviluppo della banda larga, lavoro ibrido e cyber difese: la ripartenza è segnata dalla convivenza con il virus Covid 19 e quanto sta avvenendo, in Italia come altrove, lascia intendere che le nuove tecnologie possono rivelarsi decisive nell’affrontare le sfide di una stagione segnata da un’incertezza senza precedenti”.
Molinari indica poi la sanità come il vero banco di prova per l’innovazione e la crescita. Anche nella discussione alla Camera dei Deputati sul DL Rilancio ha trovato spazio un emendamento, presentato dall’onorevole Alessandro Fusacchia dell’intergruppo parlamentare sull’innovazione, ancora al vaglio dei tecnici del Governo, riguardante l’equiparazione delle tariffe per le prestazioni di Telemedicina alle visite specialistiche de visu, in modo tale da rendere più “robusta” e remunerativa tale pratica.
In questa che si presenta come una vera e propria battaglia per l’ammodernamento del sistema sanitario, reso improrogabile dalla drammaticità dell’epidemia, ci sono molti attori, esperti della materia, medici, politici, mondo della comunicazione, infermieri, tecnici, manager delle Asl e delle aziende ospedaliere, amministratori regionali, vari dirigenti della sanità. Insomma, molta gente e molti ambienti che esprimono la necessità di andare avanti su questa strada.
Il ruolo dei cittadini per una svolta sanitaria
Uno degli attori, che si cita poco ma che potrebbe fare la differenza per una vittoria o per una sconfitta di questa battaglia, sono i cittadini, utenti del servizio sanitario nazionale e in particolar modo coloro che dovrebbero essere i maggiori destinatari di tale innovazione, i malati cronici, i pazienti oncologici, le persone affette da malattie rare, solo per citare le categorie più coinvolte.
La telemedicina è uno di quei casi in cui o c’è il consenso e la collaborazione dei destinatari della prestazione o diventa inutile anche solo provarci. Abbiamo molti esempi di successo – basti pensare ai pazienti diabetici o a quelli reumatici -, nei quali non si è riscontrato alcun problema con un’adesione spontanea alla nuova metodica. Ma non bisogna dare per scontato che sui grandi numeri l’esperimento possa avere successo.
Da qualche anno nella gran parte dei provvedimenti varati in campo sanitario, e in modo specifico nel Piano Nazionale sulla cronicità del 2015, si fa riferimento alla necessità di mettere al centro il paziente, di prevedere programmi di empowerment per l’adesione e la partecipazione alle cure, dell’ascolto dei diretti destinatari per una maggiore personalizzazione dell’assistenza.
Con la digitalizzazione di molti processi e soprattutto con l’inserimento della Telemedicina come supporto per la diagnosi e cura delle malattie questi aspetti diventano centrali e bisogna reinventarsi modalità di rapporti medico-paziente, centro di riferimento per la malattia-assistito, in modo tale che tutto ciò venga vissuto come una nuova opportunità di semplificazione dei percorsi e di attenzione all’utente, ben preferibile alle liste d’attesa, ai pellegrinaggi da un ambulatorio all’altro, dell’incertezza vissuta quando non si trova nessuno quando si ha bisogno di assistenza.
Contributo delle associazioni dei pazienti
La buona notizia è che un grande alleato della Telemedicina già c’è e sono le associazioni dei pazienti e dei cittadini, che si occupano di sanità e che tutelano i diritti delle diverse tipologie di malati. Proprio durante l’emergenza COVID-19 si è assistito ad una vera e propria mobilitazione di numerose organizzazioni a favore dell’assistenza a distanza, considerata più sicura e celere, maggiormente capace di soddisfare le esigenze di pazienti che si sono trovati all’improvviso privi dei supporti assistenziale a loro assicurati, più o meno efficientemente, prima dell’epidemia.
Sono particolarmente drammatici i dati che emergono dalla survey Le patologie reumatologiche e Covid-19, realizzata dall’Osservatorio dell’Associazione nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare (APMARR), in collaborazione con Helaglobe: tre pazienti su quattro (76%) hanno dovuto rimandare visite specialistiche e di controllo legate nella quasi totalità dei casi (88%) alla patologia. Addirittura, quasi uno su 4 (22%) pensa che non tornerà mai più sereno come prima dell’arrivo della pandemia.
Un quadro analogamente drammatico emerge nel settore oncologico. FAVO, la federazione che riunisce tantissime associazioni di malati di cancro, ha registrato l’impatto della pandemia in termini di diagnosi e biopsie dimezzate del 52%, ritardi negli interventi chirurgici per il 64%, visite pazienti/settimana diminuite del 57% (sondaggio Iqvia)
Questo impatto così pesante ha indotto, come si accennava prima, molte organizzazioni a farsi promotrici di una azione di advocacy e pressione nei confronti del Governo per chiedere ed indicare rimedi, tra i quali un deciso intervento a favore della diffusione della Telemedicina, non più solo come un’azione-spot di livello locale, ma come una politica coordinata al livello nazionale.
Il documento della FAVO
La stessa FAVO nel suo Documento programmatico stilato assieme a numerose società scientifiche in occasione della XV GIORNATA NAZIONALE DEL MALATO ONCOLOGICO, ha documentato come nella fase di emergenza le visite di follow-up siano state convertite a contatti telefonici e telematici, che non hanno la pretesa di sostituire le visite fisiche, ma hanno consentito la tempestiva discussione degli esami di laboratorio e strumentali e di eventuali sintomi di malattia.
“Nella fase 2 – è evidenziato nel Documento -, vanno uniformati a livello nazionale i programmi di telemedicina, utili non solamente per i pazienti liberi da malattia e in follow-up, ma anche per coloro che sono in trattamento attivo. Vanno adottati i patient-reported outcomes elettronici nella pratica clinica oncologica, perché associati a beneficio in termini di gestione tempestiva dei sintomi e delle tossicità dei trattamenti, di qualità di vita e soddisfazione del paziente, nonché in termini di riduzione degli accessi in pronto soccorso e ospedalizzazioni. Va inoltre assicurata l’integrazione delle piattaforme telematiche con i sistemi informatici del Servizio Sanitario Nazionale”.
Le Associazioni Aido, Aisc, Aism, Alama Aps, Amici Del Cuore Bassano Del Grappa, Amip, Anacc Onlus, Apmarr Aps, Associazione Italiana Amici Del Cuore Di Salerno, Associazione Italiana Pazienti Bpco Onlus, Conacuore Odv, Diabete Forum, Diabete Italia, Fand, Uniamo F.I.M.R Onlus in rappresentanza di tutti i pazienti interessati alla donazione di organi, tessuti e cellule, affetti da scompenso cardiaco, da sclerosi multipla, da malattie allergiche e respiratorie, da malattie cardiovascolari, da ipertensione polmonare, da angioma cavernoso cerebrale, da malattie reumatologiche e rare, da BCPO, da diabete, da malattie rare (una popolazione di oltre 10 milioni di persone) hanno inviato un documento al Presidente del Consiglio ed al Ministro della Salute prendendo spunto dalla situazione di emergenza che sta vivendo il paese e dai drammatici dati sulla mortalità, in particolare di persone fragili, gran parte delle quali affette dalle patologie rappresentate.
Modello unico di home care cure
Le associazioni chiedono che si valuti l’urgenza di armonizzare le varie esperienze di telemedicina che già esistono a livello di singole realtà e si proceda con un modello unico di home care cure, in special modo per patologie croniche e rare a stadi avanzati e gravi, utilizzando la telemedicina quale supporto per far rimanere il paziente a casa con la dovuta e necessaria assistenza, con impatto positivo anche economico sul SSN.
UNIAMO, la Federazione Italiana Malattie Rare ricorda come i documenti di riferimento siano sia le linee guida emanate dallo stesso Ministero della Salute, elaborate da un apposito tavolo tecnico istituito presso il Consiglio Superiore di Sanità (febbraio 2011) e recepito formalmente dalla Conferenza Stato Regioni nel 2014, che il recente documento dell’Istituto Superiore di Sanità (Rapporto ISS – Covid 19 n. 12 del 13 aprile 2020). In quest’ultimo documento, in particolare, è stato inserito il riferimento alle patologie rare grazie alle osservazioni del gruppo Covid19 – Malattie Rare.
La mappatura di Altems
Tutto ciò dimostra come tra i soggetti più esposti ci siano proprio le associazioni e i cittadini. D’altra parte, che siano le organizzazioni dei pazienti uno degli attori della innovazione sanitaria, condita da un valore forte come quello della solidarietà, è dimostrato da una indagine sull’impegno delle associazioni dei pazienti nell’emergenza condotta dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, attraverso il suo laboratorio dedicato alle associazioni pazienti, PatientAdvocacyLab(PAL) nel periodo tra Marzo e Aprile 2020.
Sono state mappate 102 iniziative realizzate da 45 associazioni dei pazienti. Quello che emerge dall’indagine è la varietà delle azioni, con la fantasia e l’innovatività delle iniziative, facilitate da un uso molto diffuso degli strumenti digitali. Forte è stato lo spirito di collaborazione con le istituzioni e delle istituzioni, con un maggior ascolto da parte di quest’ultime delle esigenze dei pazienti, così come le alleanze e il networking tra le associazioni per promuovere azioni comuni. Molti sono i messaggi per il futuro dell’assistenza sanitaria: semplificazione delle procedure, vicinanza e territorio, informazione capillare e personalizzata.
In particolare sono interessanti due dati:
- Ogni associazione ha in media condotto 2 azioni anti Covid-19, di cui il 52% riguardano il potenziamento di attività/servizi già erogati prima dell’emergenza, mentre il restante 48% sono servizi nuovi, attivati per far fronte allo stato emergenziale del momento.
- La maggioranza delle attività (42%) riguardano gli “Interventi istituzionali” presso le autorità sanitarie, che ricalca uno dei compiti propri delle associazioni. Subito a seguire si collocano però l’attivazione di web conference e le attività di comunicazione con e per i pazienti. Segue per ampiezza la digitalizzazione dei servizi offerti.
Questo quadro molto incoraggiante suggerisce che, non solo questo soggetto è molto attivo ed anzi ha acquistato forza proprio durante l’emergenza COVID19, ma che comincia ad avere una certa dimestichezza con il tema e la pratica concreta della digitalizzazione dei servizi.
In conclusione di questa disanima sul rapporto tra Telemedicina e associazioni dei pazienti sono possibili due conclusioni: che se si parte dai cittadini e si creano alleanze forti è forse più facile vincere una battaglia che è a vantaggio di tutti coloro che credono nel servizio sanitario nazionale; che infine i cittadini, il loro consenso, la loro partecipazione attiva a tale innovazione assistenziale è fondamentale per una buona riuscita dell’operazione. La grande disponibilità delle associazioni a lavorare in questa direzione è un elemento di garanzia non indifferente.
Utilizzo della tecnologia già esistente
Per far fronte rapidamente e con successo a queste necessità, due sono gli aspetti essenziali: il “fattore tempo” e l’integrazione delle prestazioni di telemedicina nell’ambito dei processi clinico-organizzativi attualmente in essere nell’ambito delle strutture sanitarie.
Bisogna pensare che la “telemedicina” non è una cosa diversa dalla “medicina”. Gli strumenti informatici non devono imporre per le prestazioni a distanza modelli organizzativi diversi e separati da quelli adottati per le prestazioni in presenza. Come per qualunque altra applicazione sanitaria, devono piuttosto basarsi sulle esigenze organizzative della singola azienda, sia dal punto di vista organizzativo che clinico-assistenziale nelle diverse patologie, in modo da integrarsi nella struttura, senza richiedere overhead di lavoro e strutture/personale diverso e dedicato.
In altre parole, un ambulatorio non deve essere costretto ad organizzarsi ed a consultare due liste di lavoro giornaliere separate, una delle visite in presenza ed una per quelle in telemedicina, magari incoerenti fra loro e con i conseguenti problemi in caso di variazione e/o di esigenze contingenti.
Il rischio dispersione dei dati
Nuove piattaforme specializzate possono costituire strumenti aggiuntivi, utili per l’erogazione di nuovi servizi. Richiedono però costi aggiuntivi e tempi di progettazione, di procurement, di implementazione e di adozione. Inoltre, se non opportunamente disegnate e manutenute in termini di apertura, flessibilità e scalabilità possono diventare facilmente una causa di frammentazione dei dati e in definitiva un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi, oltre che motivo di dipendenza da singoli fornitori e di limitazione delle possibilità di crescita e di autonomia delle istituzioni e delle aziende.
Per raggiungere l’obiettivo di assicurare ai pazienti la stessa assistenza ricevuta in passato non occorre pensare a nuovi servizi, ma bisogna piuttosto pensare a come fare a distanza quello che normalmente si fa/faceva in presenza.
In quest’ottica, per ottenere degli strumenti rapidi e – soprattutto – utilizzabili nei contesti esistenti la strategia migliore può essere individuata partendo “dal basso”, analizzando i processi esistenti sotto il profilo sanitario, organizzativo e amministrativo, e definendo se/come gli stessi processi possano essere eseguiti in tutte le fasi, sostituendo il contatto in presenza con i pazienti con interazioni a distanza mediante una piattaforma di comunicazione. Il tutto continuando a fare uso delle strutture organizzative e degli strumenti informatici (cartelle cliniche, CUP, sistemi di programmazione, procedure di interazione fra i servizi, etc.) già in uso.
In quest’ottica, la piattaforma di comunicazione diventa solo lo strumento tecnologico di abilitazione all’interazione con il paziente, senza determinare condizionamenti tecnici e/o organizzativi negli scenari esistenti. Seguendo questo approccio i primi strumenti da prendere in considerazione sono quelli già esistenti e disponibili – senza costi aggiuntivi – a livello aziendale e/o regionale. In assenza di questi, sono molte le piattaforme già diffuse sul mercato che assicurano le necessarie garanzie di sicurezza e che possono essere utilizzate, con il vantaggio di non richiedere tempi ed impegni per installazione e formazione degli utenti – in particolar modo i pazienti -, oltre che di presentare costi molto ridotti se non addirittura nulli.
Necessità di un’integrazione fra sistemi
E’ necessario però che l’utilizzo di questi strumenti sia formalizzato e strutturato in un quadro organico sia all’interno dell’azienda che nei rapporti con il paziente che permetta:
- l’integrazione nei processi clinico-assistenziali esistenti, senza richiedere variazioni organizzative;
- l’utilizzo dei sistemi informatici esistenti e già in uso, senza determinare ulteriori frammentazioni dei dati necessari alla cura del paziente, fra archivi e cloud distinti, proprietari e non connessi
- la protezione dei dati personali secondo quanto previsto dal GDPR, sia sotto il profilo tecnologico che organizzativo;
- l’informazione ed il supporto al paziente, nella spiegazione del servizio e nell’utilizzo degli strumenti tecnologici, se non già conosciuti.
- la registrazione e la tracciabilità delle attività effettuate, sia nell’ottica della sicurezza del paziente che della rendicontazione amministrativa.
Manuali per le televisite e teleinterventi
Con questo approccio, durante il periodo di emergenza, un gruppo multidisciplinare coordinato dall’ALTEMS in collaborazione con aziende sanitarie ha studiato alcuni specifici contesti clinico-organizzativi arrivando a definire dei manuali (disponibili liberamente sul sito Governo dei dati sanitari) secondo i quali erogare televisite e teleinterventi di assistenza.
Seguendo le istruzioni dei manuali, le organizzazioni partecipanti hanno erogato, fino alla data del 10 giugno, oltre 1000 prestazioni per diverse patologie, registrando alcuni indicatori con i quali è stata verificata la validità dell’approccio, dal punto di vista clinico, organizzativo e di soddisfazione del paziente, sempre molto alto in tutte le fasce di età, come schematizzato nei seguenti grafici.