Sostenere lo sviluppo e la diffusione della Sanità digitale e della telemedicina è di fatto un passaggio inderogabile per rispondere con efficacia alle sfide assistenziali.
Telemedicina a rilento in Italia
È un motivo che da diversi anni viene continuamente ripetuto, ma la creazione di ambienti ed ecosistemi digitali, capaci di sostenere e accompagnare il processo di riorganizzazione dell’erogazione del sistema di cure, leggi deospedalizzazione e home care, procede ancora a rilento, vittima di numerosi conflitti in corso d’opera, carenza di competenze necessarie per governare la programmazione e i processi, difficoltà a mettere in campo progettazioni di medio-lungo periodo coerenti con la domanda e i bisogni futuri. È evidente che l’utilizzo di ICT nel settore sanitario è un prerequisito di funzionamento delle Aziende Sanitarie e non più un loro tratto distintivo, ma non si procede con la necessaria energia.
Quello cui si è assistito negli anni scorsi, tra azioni normative e progettualità territoriali, ha segnalato comunque la difficoltà a risolvere, al di là di tutti gli impedimenti di carattere burocratico, amministrativo e politico, il conflitto latente, a volte esplicito, tra l’introduzione delle piattaforme digitali negli ambienti sanitari, di estrema complessità organizzativa, e l’utilizzo degli strumenti informatici nella pratica quotidiana del lavoro sanitario.
Le lacune organizzative in Sanità digitale
Non si tratta solo del problema della debolezza delle competenze e, più in generale, formativa, a iniziare dai ruoli amministrativi e manageriali, che ha rallentato, se non spesso ostacolato, la diffusione delle soluzioni di Sanità digitale o la loro messa a sistema; è mancata una decisa presa d’atto dell’esigenza di mettere in campo una riflessione nuova sui modelli organizzativi dei processi di cura e assistenziali promossi e stimolati, de facto, dalle tecnologie ICT.
Queste non generano ambienti neutri, ma incidono sui modelli organizzativi esistenti e su cui atterrano, contribuendo a ridefinire il contesto di lavoro e a inaugurare nuovi approcci cognitivi.
Spesso, non è stato letto, con la dovuta attenzione, l’aspetto della confidenzialità e dell’interazione tra tecnologie, uomo e lavoro quotidiano. Poco è stato fatto per avviare un dialogo più fattivo e organico con le Società scientifiche, con cui condividere le soluzioni ICT negli ambienti di lavoro. E non di rado, dallo stesso mondo sanitario, le soluzioni di Sanità digitale e di Telemedicina sono state respinte o proposte senza l’appoggio di una chiara visione d’insieme, in assenza di un committment chiaro e di medio/lungo periodo.
Motivo per cui, il più delle volte, pur in presenza di risultati di rilievo, molti progetti sono finiti in un binario morto, o langusicono e stentano a integrarsi nel sistema.
Certo, ci sono aspetti culturali di natura conservativa, che generano resistenze all’utilizzo dell’ICT e una mancanza di vision nel loro utilizzo di scopo. Sulla questione delle competenze digitali, già molto si è detto in questi anni, ed è risaputo il gap nazionale rispetto ad altri paesi europei e non solo.
Una medesima carenza culturale e di conoscenza della complessità del Sistema Sanitario tocca anche il mercato dell’offerta, spesso spinto a muoversi più su logiche meramente commerciali e di debole compliance con le esigenze e i bisogni del mondo sanitario, che chiede, invece, a sua volta, di modellare le soluzioni ICT in coerenza e secondo l’appropriatezza dei contesti e dei processi, che dovrebbero sostenere.
I deficit di informazione
Last but not least, un deficit è dato dalla mancanza di informazione strutturata e della carente messa in comune dei risultati e delle esperienze. Manca un confronto diffuso tra gli stakeholder della Sanità e non solo, per cui spesso e volentieri si compiono scelte poco ponderate, prive, ad esempio, di un’approfondita valutazione d’impatto, si generano duplicazioni e ridondanze, non mettendo così a frutto quanto di buono è stato fatto e indebolendo competenze e conoscenze acquisite. Valorizzazione, che, invece, genererebbe un vero risparmio e un concreto miglioramento dei processi.
Mettere in circolo informazioni e esperienze, fare network, stimolare la riflessione sugli scenari futuri esalta energie e progettualità condivise e, in ultimo, sostiene e favorisce una coscienza diffusa, che non può che generare ulteriore valore per la Sanità e un utilizzo di approcci e metodologie più corretto nella scelta di tecnologie, come appunto quelle ICT, che prefigurano scenari ancora non pienamente comprensibili e chiari.
È un dialogo che, si auspica, coinvolga, nel prossimo anno con maggiore profondità, tutti gli stakeholder della Sanità, pubblici e privati, e non solo perché, nel privato ad esempio, albergano esperienze di rilevo e diffuse, ma anche per ridisegnare il terreno dell’incontro tra domanda e offerta industriale, nel segno della condivisione e della coprogettazione, appropriata ai bisogni del SSN.
La chiave per una svolta
In questo senso, modalità come quelle della compartecipazione pubblico/privato e strumenti di procurement innovativo possono essere delle importanti leve strategiche per accelerare lo sviluppo dell’innovazione in Sanità, inserendo energie nuove e avanzate. Ai ruoli amministrativi della Sanità il compito di affrancarsi da una visione non di rado pedantemente burocratica, per mettere in atto azioni, peraltro contemplate già dalla normativa, capaci di seguire con maggiore prontezza le veloci dinamiche di sviluppo delle tecnologie ICT coniugate con le impellenze di sostenibilità del SSN.
E tutto in piena coerenza e affiancamento con le azioni di implementazione previste dall’Agenda Digitale a livello nazionale, in una dinamica virtuosa con quanto fatto nel territorio e nell’ottica di piattaforme di integrazione e di interoperabilità come richiesto dai nuovi profili di domanda di un cittadino in movimento e dalle urgenze cliniche e assistenziali della riorganizzazione organizzativa in rete.