Il 2023 potrebbe essere l’anno giusto per raggiungere gli obiettivi minimi di sanità digitale che il governo Conte prima, quello Draghi poi e infine quello Meloni hanno deciso di portare avanti.
Chiusa la gara dedicata alla realizzazione della Piattaforma Nazionale per la Telemedicina, aggiudicataria la RTI composta da Engineering e Almaviva, è stato recentemente pubblicato anche il tanto atteso bando per la realizzazione delle infrastrutture regionali.
Il cerchio inizia a stringersi anche se le tempistiche sono ancora incerte. Il vero problema, infatti, rimane quello dei modelli organizzativi dei DM 70/2015 e 77/2022. Che cosa aspettarsi nei prossimi mesi?
La gara per la telemedicina regionale
La gara per la telemedicina regionale risulterà probabilmente come l’evento più interessante sotto il profilo della sanità digitale dell’anno. ARIA Spa, la società controllata al 100% dalla Regione Lombardia, fungerà da stazione appaltante per questo mega-appalto cui hanno aderito quasi tutte le regioni con l’eccezione della Valle D’Aosta, della Basilicata e della Provincia di Bolzano. Le quali con tutta probabilità procederanno con bandire delle gare in modalità autonoma, pur dovendo rispettare le tempistiche richieste dal PNRR.
Il bando di ARIA Spa è suddiviso in due lotti (Nord e Centro-Sud) per un valore complessivo di circa 279 milioni di euro ripartiti in base alle esigenze delle regioni. Si segnala, ad esempio, che solo la Lombardia richiedere un investimento pari a 46,5 milioni di euro, mentre l’Emilia-Romagna 15,19. Questo in virtù dei diversi fabbisogni e del diverso stato di avanzamento delle soluzioni di telemedicina già implementate dalle diverse realtà regionali.
Cosa prevede l’infrastruttura e quali servizi vi sono ricompresi
Da un punto di vista più tecnico è interessante comprendere che cosa prevede l’infrastruttura e quali servizi vi sono ricompresi. La fornitura consiste infatti dei servizi software necessari alla messa in atto e all’implementazione di un’architettura digitale integrata a disposizione degli operatori sociosanitari e degli assistiti, che garantisca l’erogazione dei quattro servizi base di telemedicina come individuati anche dalle Linee Guida del Ministero della Salute e dal DM 30 settembre 2022: Televisita, Teleassistenza, Teleconsulto e Telemonitoraggio.
La necessità è quella di creare un ambiente unico all’interno del quali i vari professionisti del SSN o quelli abilitati possano attivare i quattro servizi e nel quale vengano gestiti, depositati ed elaborati tutti i dati prodotti dalle prestazioni erogate in telemedicina ai pazienti.
Il progetto è ambizioso, tuttavia necessario per poter finalmente mettere in pratica la strategia sanitaria da tempo auspicata.
Le sfide dell’interoperabilità
La vera sfida rimane quella dell’integrazione e dell’interoperabilità dei dati. Come dovrebbe avvenire? Adottando un approccio per l’integrazione di dati e applicativi incentrato su API (Application Programming Interface), l’adozione dello standard FHIR sia per dialogare con sistemi esterni ed interni alla Regione, e secondo i profili di interoperabilità definiti dall’IHE.
Oltre alla gara per la telemedicina regionale è opportuno segnalare anche la recente pubblicazione del bando Consip per contratto quadro “Sistemi clinico-assistenziali” che però non contiene più alcun riferimento alla telemedicina. Non a caso, infatti, questa nuova iniziativa è focalizzata soprattutto su SaaS e soluzioni di mercato di cartella clinica elettronica ed Enterprise Imaging.
Strada ancora in salita per il Fascicolo Sanitario Elettronico
Se la sfida della telemedicina sta iniziando il suo percorso, quella per il FSE 2.0, secondo pilastro della strategia “Sanità Digitale” rimane in secondo piano. Come letto recentemente anche su Agendadigitale sussistono problemi di varia natura che vanno dal piano tecnologico (popolamento secondo standard tecnologici ben finiti) a quello giuridico. Proprio quest’ultimo sembra un nodo di difficile risoluzione dal momento che il Garante della Privacy ha esplicitamente chiesto di correggere lo schema di decreto per riformare il FSE scritto congiuntamente dal Ministero della Salute e dal vecchio Ministero per la Trasformazione Digitale. La prima riunione del Comitato interministeriale per la transizione digitale (CiTD) del governo Meloni si è tenuta il 5 aprile passato e tra gli ordini del giorno era incluso al il FSE 2.0. Da allora, però, non sono emerse novità sull’avanzamento nella sua implementazione e l’impressione è che ogni soggetto regionale si stia muovendo in modo autonomo sulla questione. Un altro approccio rispetto a quello delle piattaforme di Telemedicina.
I veri ostacoli per la Sanità digitale
Tuttavia, i veri ostacoli sulla strada della sanità digitale non sembrano essere solamente di natura tecnologica. Al contrario il vero freno alla diffusione di nuove pratiche, tecnologie e strumenti che dovrebbero beneficiare sia i professionisti sanitari sia i cittadini sembra essere la realizzazione dei nuovi modelli di presa in carico, presidio e organizzazione dei territori. I DM70 e 77 hanno ridisegnato la sanità territoriale prevedendo un numero importante di nuove strutture come le Centrali Operative Territoriali, le Case della Comunità e gli Ospedali della Comunità. Al loro interno dovrebbe avvenire anche il cambio di passo tecnologico dal momento che tutte le infrastrutture, così come la dotazione hardware, andranno a beneficio dei servi erogati.
Eppure, come sottolinea Agenas, il ritardo nella costruzione della nuova rete di presidi è assai più grave rispetto a quello nella dotazione tecnologica. Non a caso il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha pubblicato a inizio giugno un decreto ministeriale che istituisce il Tavolo di lavoro. Obiettivo rafforzare l’integrazione tra ospedale e territorio anche attraverso l’aggiornamento del Dm 70/2015 sugli standard dell’assistenza ospedaliera e il Dm 77/2022 sugli standard dell’assistenza territoriale.
Le Case della Comunità al momento restano un nodo cruciale e ancora non è stato trovato un accordo tra MMG/PLS e Regioni per popolarle dei professionisti necessari.
Conclusioni
Chi è destinato, quindi, a utilizzare tutto il sistema di soluzioni, pratiche e strumentazioni digitali che invece sembrano piano piano procedere e che dovranno essere concluse entro il 2025? Forse è necessario spostare la riflessione su come coinvolgere meglio le singole categorie di professionisti e rendere efficaci i piani di educazione. Sarebbe ancor più grave avere 21 piattaforme di telemedicina senza le strutture e le persone che le devono utilizzare.