AssinterAcademy

Cambiare il Fascicolo Sanitario Elettronico per cambiare la sanità: come farlo davvero

I dati del fascicolo sanitario elettronico devono servire non solo per curare ma per costruire un nuovo sistema informativo della sanità italiana, dotato di modelli predittivi, di un sistema nuovo di sorveglianza epidemiologica. L’architettura duale è stata ideata, ora occorre superare una serie di criticità. Ecco quali

Pubblicato il 25 Ott 2021

Mauro Moruzzi

Dipartimento Trasformazione Digitale-Presidenza del Consiglio dei Ministri, Scuola di Welfare Achille Ardigò

La realtà virtuale (VR) in sanità

Oggi è di gran moda parlare di fascicolo sanitario elettronico (FSE) mentre fino a qualche anno fa c’era, nel mondo della politica, della burocrazia sanitaria, dell’accademia, e anche nel mondo medico, una certa reticenza.

Il cambio di atteggiamento è stato accelerato, con ogni probabilità, dall’emergenza sanitaria generata dal Covid ma soprattutto dalla nuova architettura di un sistema informativo “duale” della sanità italiana – ideata in seno ad AssinteAcademy – e basata sulla separazione dei flussi e dei dati sanitari: da una parte i dati amministrativi, fiscali economici e anagrafici (i dati dell’organizzazione), dall’altro il Real Word Data (RWD), quelli del fascicolo sanitario.

È un vero cambio di paradigma: i dati del fascicolo sanitario elettronico devono servire non solo per curare un paziente ma per costruire un nuovo sistema informativo della sanità italiana (NSIS), dotato di modelli predittivi, di un sistema nuovo di sorveglianza epidemiologica.

Il Fascicolo Sanitario elettronico non decolla: perché e come uscire dall’impasse

Se avessimo avuto questo nuovo FSE nel periodo Covid avremmo potuto affrontare la pandemia con ben altri mezzi; ad esempio, con mappe di fragilità per salvare centinaia di migliaia di anziani ultraottantenni con più patologie.

Fortunatamente la nuova progettualità del PNRR, anche a livello interministeriale e nello specifico sull’FSE, sta recependo questa recente produzione culturale. I gruppi di lavoro istituiti operano nella direzione di realizzare un nuovo sistema informativo della sanità e un fascicolo sanitario elettronico completo e per tutti gli italiani. Le dotazioni finanziarie non mancano. Siamo pertanto sulla buona strada.

Facciamo il punto sull’evoluzione del FSE, le questioni all’ordine del giorno e le criticità da affrontare per realizzare un cambiamento davvero efficace in termini di servizi al cittadino e vantaggi per SSN.

Progettazione ed evoluzione del Fascicolo Sanitario Elettronico

Uno dei centri culturali più attenti all’FSE e alla sua progettazione è stata certamente AssinterAcademy, un luogo di incontro e alta formazione costituito da AssinterItalia, dal Politecnico di Milano, dalla Bocconi e recentemente anche dall’Università di Bologna. L’Academy è stata per lungo tempo un laboratorio del fascicolo sanitario elettronico come struttura portante della nuova sanità ad “alta comunicazione” del tempo di Internet.

Il fascicolo ha, infatti, una storia ormai ventennale. La fase pionieristica è iniziata nei primissimi anni del 2000 (2002 in Emilia-Romagna con Cup2000), a cui è seguita subito dopo una fase realizzativa che ha interessato innanzitutto la Lombardia. La fase normativa è arrivata molto dopo, con i decreti governativi del 2012, del 2013, del 2015 – sulla completezza dei dati del fascicolo – e del 20017-18, sull’interoperabilità.

Gli ultimi anni sono stati però decisivi per il lancio dell’FSE: gli anni dell’emergenza COVID19. Con il decreto del maggio 2020, in piena pandemia, è stata compiuta una scelta epocale: tutti gli italiani devono avere in rete, in tutte le regioni, il proprio fascicolo, indipendentemente dalla scelta di utilizzarlo o meno.

Così, oggi, circa 58 milioni di italiani hanno attivo, almeno in backoffice, il proprio fascicolo sanitario elettronico e centinaia di milioni di referti (attualmente circa 400 milioni) circolano già in queste reti regionali e interregionali.

A partire dal 2020, poi, il “cantiere culturale” Academy, animato da persone che in Italia hanno maturato le maggiori competenze nella realizzazione dell’FSE – provenienti da realtà scientifiche e aziendali in House, come Cup2000-Lepida, Lombardia Informatica-ARIA, Arsenal, Cineca, AgID, Fondazione Kessler, PoliMI ecc. – ha costruito le condizioni per un ulteriore cambio di paradigma. L’attuazione del principio stabilito già dalla legge dello Stato italiano nel 2012, secondo il quale il fascicolo sanitario elettronico serve per curare i cittadini ma anche e non secondaria per fornire dati ‘reali’ sulla salute degli italiani, in funzione della programmazione sanitaria regionale e nazionale, della ricerca, nonché della sorveglianza epidemiologica.

È stato questo “cantiere”, con un anno di lavoro tra il 2020 e il 2021, a ideare la nuova architettura di un sistema informativo ‘duale’ della sanità italiana e ora, il PNRR potrebbe portarlo finalmente alla luce.

Le questioni da affrontare

Le questioni all’ordine del giorno sono oggi fondamentalmente quattro:

  • il FSE deve essere nazionale e per tutti gli italiani, e non soltanto per lombardi, trentini, emiliani, ecc.;
  • l’accesso al fascicolo deve poter avvenire in maniera semplice e il suo utilizzo ampio per tutelare e promuovere la salute individuale ma anche quella della nostra comunità, piccola e grande, dei nostri comuni e delle nostre città, del paese;
  • il fascicolo deve essere completo in termini di dati di salute del cittadino e di servizi locali e regionali effettivamente attivabili;
  • tutti i fascicoli devono essere interoperabili: non è importante dove si è verificato il contatto con il medico, il ricovero o la visita specialistica; tutti i dati di queste interazioni devono transitare dal luogo di cura al fascicolo della regione di residenza del cittadino, senza eccezioni alcune sul territorio nazionale.

L’impianto di interoperabilità del FSE stabilito con un lavoro accurato da AgID e dalle Regioni tra il 2017 e il 2018 va consolidato. Non è possibile pensare a un fascicolo sanitario nazionale senza le reti eHealth di ogni regione, senza infrastrutture tecnologiche digitali regionali e aziendali.

Vincere la frammentarietà per un FSE davvero efficace

L’idea di fare un “fascicolo app” appeso nel vuoto è già fallita ancor prima che noi progettassimo l’FSE. Hanno provato a fare quest’operazione i maggiori provider mondiali: le varie soluzioni Google-Health e App cuoricino di Apple si sono dimostrate di scarso valore, anche commerciale, in assenza di un collegamento in rete con le infrastrutture tecnologiche dei sistemi sanitari nazionali o regionali.

Non è possibile, inoltre, progettare un fascicolo nazionale che si colleghi direttamente alla frammentarietà dei sistemi aziendali della sanità italiana, pubblici e privati, costituiti da Asl, aziende ospedaliere, IRCCS, cliniche private e da una miriade di ambulatori e RSA.

Il livello regionale è essenziale e per vincere la frammentarietà occorre affrontarla anzitutto con un’efficace organizzazione dell’offerta sanitaria a livello dei sistemi regione. L’organizzazione della sanità interna alle regioni è un compito delle stesse regioni che dovrà ovviamente essere svolto seguendo criteri e norme nazionali, in prospettiva anche europee.

Per questo aspetto è estremamente importante il ruolo di un “soggetto intermedio”, tecnologico e non solo tecnico, in grado di orientare i flussi, standardizzare i dati, gestire il rapporto con il mercato per la realizzazione delle infrastrutture tecnologiche aziendali e regionali del FSE. Questo soggetto potrebbe essere – e già in parte lo è – il sistema delle aziende in house ICT delle regioni e dei ministeri.

Come il fascicolo si rapporta ai cittadini

In questi giorni, anche in sede Academy, abbiamo discusso di come il fascicolo si rapporta ai cittadini. L’FSE serve anche per dare servizi ai cittadini ma non è solo un luogo virtuale dove scaricare il referto online: i dati del fascicolo sono una ricchezza che va messa a disposizione dell’assistito, del medico e delle strutture sanitarie locali e nazionali.

In Italia ci sono molti fascicoli ma in diverse regioni sono poco utilizzati dai cittadini e soprattutto contengono troppo pochi dati. Se si fa un confronto tra il numero di fascicoli attivati dopo il 2020 e il numero di referti in formato digitale presenti in questi fascicoli è facile scoprire che gran parte dei dati dematerializzati della sanità italiana non sono ancora transitati nel sistema FSE e che in alcune regioni quest’operazione è solo agli inizi.

Ai cittadini si devono quindi dare non solo servizi online – che pure sono essenziali in un paese che è al 27º posto dell’indice DESI nell’utilizzo di servizi digitali pubblici – ma anche dati e informazioni di salute. Vanno studiate le forme di condivisione dei dati del fascicolo tra gli stessi cittadini (le esperienze wikinomics sono interessanti a questo proposito). Il mio colesterolo è un numero, può diventare un diagramma e può anche diventare qualcos’altro, un’informazione completa di salute. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale e del Machine Learning per i dati del fascicolo è qualcosa di estremamente concreto.

Gli utilizzatori, gli user dell’FSE, sono i cittadini, i medici, ma poi anche i ricercatori e gli amministratori. Forse i cittadini sono quelli arrivati per primi, i più preparati a questo traguardo, come dimostra l’esperienza di diverse regioni; anche i medici stanno dimostrando un’attenzione nuova e soprattutto i medici di famiglia (MMG/PLS) hanno già in tante regioni, soprattutto del nord, un rapporto strutturato con i dati del fascicolo.

È inoltre interessante osservare che il cittadino accederà sempre meno al fascicolo per richiedere documenti. Il documento esprime un concetto di burocrazia sanitaria, mentre i dati e le informazioni esprimono un concetto di salute. Cambia la domanda – un cambiamento epocale che si è già avuto nel periodo Covid – e cambiano le priorità informative. Alcune esperienze, come quella di Trento, dimostrano che fascicolo, telemedicina, “casa come luogo di cura”, costituiscono ormai esperienze diffuse, che permettono al medico e al paziente di usare il digitale non per separarsi ma per stare più assieme. I dati e i flussi informativi del fascicolo diventano essenziali per la presa in carico del malato e per la continuità di cura, per la cronicità, come anche l’esperienza lombarda dimostra, pur tra tante difficoltà.

Le tre criticità (pericolose) del Fascicolo Sanitario Elettronico e come superarle

Nell’esperienza storica del fascicolo esistono tre aree di pericolosa criticità:

  • l’accesso del cittadino e la conoscenza diffusa dei vantaggi di accedere ai dati in rete della storia clinica individuale;
  • il rapporto con i medici di famiglia, che però va estendendosi e rafforzandosi in tante regioni (ultimamente in Puglia, Toscana, ecc);
  • il rapporto con i medici specialisti degli ospedali e degli ambulatori della sanità pubblica e privata, che invece continua ad essere fortemente episodico.

La risoluzione di queste tre criticità è essenziale per costruire il nuovo fascicolo sanitario elettronico italiano.

Il tema dei servizi nel fascicolo è di non secondaria importanza. Alcune regioni come il Trentino sono arrivate a immettere nel fascicolo delle app ‘prescrittive’ (ad esempio in ambito farmaceutico o per il tele-monitoraggio). In generale si pone il problema di dare una nuova funzione al “taccuino”: quello “spazio utente” presente nei fascicoli. Di farlo evolvere in qualcosa che sarebbe più corretto chiamare Personal Health Record (PHR): un punto per raccogliere e condividere tutti i dati e le informazioni generate dal paziente.

C’è, poi, l’area dei servizi cosiddetti “aggiuntivi” che hanno preso forza nel periodo post-Covid: tele-monitoraggio, tele-medicina, costruzione dei percorsi di cura. Infine c’è il problema dell’elaborazione di questi dati dematerializzati con sistemi di intelligenza artificiale (AI), di nuova tecnologia (Datalake aziendali, regionali e centrali), con algoritmi di ultima generazione. Non solo per la governance, ma anche la personalizzazione della cura.

La legge prevede l’istituzione anche di un “portale nazionale” per il fascicolo sanitario elettronico (decreto del maggio 2020). Questo problema va risolto non sovrapponendo l’iniziativa nazionale a alle best practices messe in atto dalle regioni, ad esempio dalla Lombardia, dal Piemonte, dal Trentino, dalla Valle D’Aosta, dall’Emilia-Romagna; Frilui, Veneto e da altre.

Conclusioni

Le porte d’ingresso del fascicolo possono essere tante. È importante, però, che quando il cittadino entra nel sistema, non debba autentificarsi una seconda e una terza volta, ma possa usufruire di tutti servizi – ai diversi livelli istituzionali – e di tutti i dati del suo fascicolo. Potranno quindi esserci portali regionali e un portale nazionale per accedere al FSE. È però auspicabile che siano date indicazioni affinché le diverse ‘interfacce utente’ abbiano caratteristiche omogenee e facilmente riconoscibili.

Si può ipotizzare un sistema integrato di portali regionali e nazionale, di primo e di secondo livello. Ad esempio, perché tutta la documentazione post-Covid (Greenpass, Passenger Lokator Form, vaccinazioni, ecc.) non potrebbe essere gestita a livello omogeneo da un portale nazionale collegato ai portali regionali? Perché non possiamo associare i nostri figli minori in modo univoco al fascicolo su tutto il territorio nazionale?

Poi ovviamente questi sistemi di “fascicoli del cittadino” dovranno evolvere verso una my page che raccolga l’insieme dei rapporti del cittadino con la pubblica amministrazione (dal fisco alla scuola, alla previdenza, ecc.). Alcuni comuni lungimiranti, come Milano, hanno già attivato il Fascicolo del Cittadino; altri, come Bologna, l’App-Welfare del cittadino.

In ogni caso un principio deve essere sancito con forza: le “problematiche di back end” non vanno esposte nel rapporto con i singoli utenti, nel “front-end”. È un modo diffuso per disorientare la gente. Non si possono chiedere al cittadino dati che già sono in possesso dello Stato e delle pubbliche amministrazioni: è un comportamento contro alla legge.

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