Sul finire dello scorso anno, il Governo ha annunciato un investimento di dieci miliardi per rinnovare, anche tecnologicamente, la sanità italiana. Al sottosegretario Sandra Zampa è stata data una delega per l’Intelligenza artificiale. Perché non utilizzare questa occasione per riscrivere le regole, assieme alla nuova governance dell’Agenda Digitale, di una sanità ad “alta comunicazione” adeguata alle sfide della società al tempo del web 4.0?. Innanzitutto attraverso una corretta fotografia della realtà tecnologica e organizzativa del sistema sanitario.
Sanità digitale ad “alta comunicazione”
Il Team dell’Osservatorio dell’Agenda Digitale italiana, presentando i risultati 2019, ha introdotto un elemento di analisi nuovo e paradigmatico: il rapporto tra Front Office (interfaccia utente e professionista, FO) e Back Office (BO) per valutare i mutamenti intervenuti con la digitalizzazione nei servizi al cittadino. Non sempre infatti la dematerializzazione si traduce in digitalizzazione. Ad esempio la dematerializzazione della ricetta e dell’impegnativa medica può interessare ben poco il cittadino (e il medico) se non è attivo il referto on line e la prenotazione automatica della visita specialistica richiesta. Un sito Web di una Asl può essere ben fatto, accogliente, ma è quasi inservibile in assenza di un adeguamento digitale dei processi organizzativi di produzione dei servizi reclamati.
Nelle imprese industriali questo switch off è abbastanza consequenziale e in questo spazio tra FO e BO si inseriscono efficacemente i servizi dei grandi provider di rete. Nella PA e particolarmente nella sanità – come dimostrano gli stessi dati presentati dall’Osservatorio del PoliMi – la situazione è tutt’altro che lineare.
La dicotomia front office-back office
Applicando questo parametro di valutazione (efficienza dello switch off tra FO e BO) nei tre segmenti fondamentali del servizio sanitario si può cogliere l’enorme frammentarietà – ma paradossalmente anche le grandi potenzialità innovative – presenti nella sanità italiana.
Il primo stadio di un percorso patient centered è l’accesso e più in generale l’engagement dell’assistito, a cui segue il percorso clinico (clinical pathwey) e la presa in carico (connected care). In questo primo stadio i sistemi CUP di ultima generazione sono riusciti a compiere due balzi epocali: la digitalizzazione delle agende mediche di prenotazione della prima visita e degli esami diagnostici; poi (dopo circa 15-20 anni) anche di quelle dei successivi controlli.
I sistemi più avanzati (CupWeb 4.0) ormai da alcuni anni integrano l’intero ciclo degli esami e delle visite specialistiche dentro e fuori l’ospedale, in regime ambulatoriale e di ricovero. Purtroppo i CUP 4.0 dotati di interfaccia web in grado di gestire da Internet questo switch off sono in realtà pochissimi e concentrati principalmente nelle regioni del Nord: Lombardia, Emilia Romagna; parzialmente, Veneto, Friuli, Trentino Val d’Aosta.
Già questo primo segmento dell’engagement è carente a monte dei sistemi Cup, nell’informazione sui servizi e nella trasparenza sulla situazione reale delle liste di attesa. Spesso i portali delle aziende sanitarie e delle regioni offrono dati che non hanno una vera interconnessione con il Back Office. Nel caso, socialmente rilevate, delle liste di attesa – sia per le visite ambulatoriali che per esami più complessi, strumentali e interventi chirurgici – i dati sono spesso non del tutto attendibili perché costruiti con algoritmi ‘politicizzati’ e comunque non frutto di una interconnessione reale tra FO e BO.
Nel secondo tratto – il percorso strutturato di cura del paziente – il Front Office è costituito fondamentalmente dalla cartella clinica elettronica specialistica (CCE). Qui la mappa dello stato della digitalizzazione è assai più frazionato e soltanto una parte minoritaria di ospedali italiani è riuscita a raggiungere il solo livello di dematerializzazione (30%, ma le statistiche sono confuse).
Cartella clinica, una vita difficile
Ancora meno sono quelle strutture sanitarie che possiedono una CCE di ultima generazione, integrata in BO con tutti i dipartimentali di ospedale, in grado quindi di richiamare automaticamente la sequenza storica delle diagnosi del paziente dai diversi repository (laboratorio, radiologici, anatomia, ecc..). Poche poi sono le Asl e le AO dove questo primo stadio di innovazione ha comportato una riprogettazione dei processi organizzativi alla base del percorso diagnostico, medico, chirurgico e riabilitativo del paziente.
Inoltre, quasi ovunque il primo step del percorso paziente si presenta disgiunto dal secondo. Ad esempio è rara l’integrazione tra agende mediche ambulatoriali digitalizzate e agende dei ricoveri e delle prestazioni chirurgiche e farmaceutiche intensive.
I processi dell’intero ciclo di produzione clinica andrebbero quindi ricostruiti digitalmente con dati dematerializzati (eData) per ottenere per prima cosa una ricostruzione virtuale del percorso reale dei pazienti in regime ambulatoriale e di ricovero; poi un adeguamento dei processi organizzativi in maniera consequenziale.
Concorrono così all’erogazione dei servizi flussi estesi di dati personalizzati e dematerializzati provenienti dall’interno della struttura sanitaria (CCE, Dossier sanitario) e dall’esterno ‘istituzionale’ del sistema sanitario (FSE, Ricerca Medico-Scientifica), ma anche da un ‘esterno globale’ (Web Analitics, Big Data).
Questi eData potrebbero, costantemente comparati, essere arricchiti da informazioni autoprodotte dal paziente (PROMs, Taccuino, dati raccolti con device). Si crea così – come già alcuni ospedali innovativi stanno facendo – un ‘avatar dell’assistito’ in grado di integrare dati clinici, genetici, comportamentali e Big Data per la cura e la prevenzione delle malattie.
Un cruscotto per dati e processi
I due flussi virtuali – quello dei dati personalizzati sul paziente e quello inerenti i processi organizzativi (liste di attesa, occupazione dei pasti letto, funzionamento degli ambulatori, consumi farmaceutici e diagnostici, ecc) si potrebbero integrare ed essere governati da cruscotti di Business Intelligence, peraltro già in uso.
Il condizionale è d’obbligo, ma in realtà i principali centri clinici del paese e le nuove generazioni di medici e scienziati sono già molto avanti in queste sperimentazioni e nei prodotti di progettualità innovative.
Anche il mercato dell’ICT, compreso quello italiano che sta avendo successo più nel mondo che in Italia, sta mettendo a disposizione soluzioni tecnologiche integrate per l’intero percorso clinico. Nuove implementazioni tecno-organizzative si stanno quindi rapidamente diffondendo nelle grandi strutture sanitarie pubbliche e private.
Sanità digitale, le due facce del nodo
Il problema, quindi, è duplice. Per prima cosa occorre completare l’anello del journey che collega la dematerializzazione dei dati del paziente ai processi di riorganizzazione del percorso terapeutico, prevenzione e predizione delle malattie. È parte di questo journey l’aggiornamento dei protocolli diagnostici-terapeutici (PDTA), del corredo informativo per la prevenzione e cura delle principali patologie e del sistema di remunerazione (DRG).
Qui l’introduzione di tecnologie di intelligenza artificiale nella lettura dei dati ottenuti in tempo reale e nella creazione di nuovi algoritmi, si associa con la diffusione della robotica. Sono macchine che divorano enormi quantità di bit e svolgono già funzioni diffuse nella personalizzazione delle terapie farmaceutiche, nella protesica, nella tecnica chirurgica e riabilitativa.
In secondo luogo è necessario che questo journey sia agganciato alla presa in carico del paziente nelle sue varianti temporali e spaziale.
La dematerializzazione del PAI e la diffusione del FSE sono un risultato di Front Office che non ha necessariamente una corrispondenza con i processi di digitalizzazione della continuità assistenziale. La critica – ingenerosa – che è stata mossa per lungo tempo ai realizzatori del Fascicolo è che ‘era di scarsa utilità raccogliere sul Web la storia clinica del cittadino disgiunta dai processi reali di assistenza’. Serviva poco ai medici e ancor meno agli assistiti. Queste argomentazioni, apparentemente dotate di senso, assomigliano alla critica che si faceva negli anni ’50 alla televisione, vista come un servizio inutile perché le famiglie non avevano ancora l’apparecchio in casa.
L’integrazione in Back Office del Fascicolo con la cartella clinica elettronica del medico e pediatra di famiglia è già in avanzata fase di attuazione. Dovrà seguire quella tra Fascicolo, PAI e i vari Patient Summary di patologia (PDTA), ponendo le basi per una riscrittura dei processi di continuità assistenziale e per un strategia connected care. Così la telemedicina non apparterrà più a quei processi disgiunti dalla filiera dei servizi reali, destinati a decadere dopo ogni sperimentazione progettuale (in genere ben pagata).
Mancato decollo della telemedicina
La scarsa diffusione della telemedicina – intesa nella sua forma più ampia di telediagnosi, teleassistenza, telemonitoraggio e telesoccorso – che potrebbe rappresentare l’intelaiatura tecnologica della deospedalizzazione, è stata, appunto, un prodotto della mancata integrazione tra FO e BO nei processi di dematerializzazione.
Il superamento di questa criticità e in generale dei processi di segmentazione tra dematerializzazione e digitalizzazione dei processi (in una sintesi logica e progettuale tra dematerializzazione – digitalizzazione – virtualizzazione – materializzazione del percorso assistenziale) richiede anche un’innovazione significativa degli strumenti di project. In particolare a livello matriciale.
Nei progetti eHealth si è fatto sempre più uso di matrici avanzate: il caso dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano è portato spesso ad esempio in letteratura. Occorre mettere a punto una ‘nuova Matrix’ per la digitalizzazione-dematerializzazione dei processi sanitari.
Con le matrici ‘piatte’ (progetti alimentati da funzioni/risorse tecnologiche) è stato possibile, in alcune esperienze, variare l’organizzazione tradizionale dei servizi ICT ospedalieri. Si è così passati da una struttura gerarchico funzionale, piramidale, a una per progetti. Il limite di questa esperienza – riscontrabile anche all’Istituto Tumori di Milano – è che l’organizzazione a matrice della struttura ICT vive all’interno di un contesto aziendale ospedaliero o di Asl gerarchico funzionale e gerarchico-divisionale (dipartimenti), come per altro stabiliscono le norme di legge.
Bypassare i lacci burocratici
Per superare l’impianto burocratico della conduzione informatica aziendale conosciuta negli ultimi trent’anni, occorre un ulteriore passaggio teso ad ‘armonizzare’ le esperienze di trasformazione digitale con l’insieme dei processi e dei cambiamenti messi in atto dalle direzioni strategiche su tutta la filiera della struttura sanitaria e poi con le innovazioni tecno-organizzative proposte a livello regionale.
In Lombardia si nota, sotto questo aspetto, un interessante terreno di sperimentazioni, ad esempio con il progetto di cloud ibrido proposto da ARIA e dalla Regione che alimenta sperimentazioni avanzate in un gruppo (‘di testa’) di aziende sanitarie.
Per supportare queste strategie innovative – che legano assieme, in una filosofia patient centered, trasformazione digitale ospedaliera, riorganizzazione dei processi sanitari aziendali e innovazione tecnologica di area vasta – potrebbe risultare utile l’utilizzo di una una matrice cosiddetta ‘composita’.
Come nella figura, la linea orizzontale dei progetti è totalmente dedicata alla dematerializzazione e digitalizzazione del percorso paziente. Ogni altra progettualità non può che risultare secondaria. Essa è inoltre supportata da funzioni che non sono più quelle tradizionali ICT (SW, HW, Server, Connettività) e che fanno interagire gli attori tra di loro (pazienti, medici, operatori sanitari e ricercatori) attraverso le strutture di interfaccia (FO). In questo schema la governance manageriale e perfino clinica e scientifica, non è più un progetto primario, ma un derivato (tipico di una matrice tridimensionale): nella figura è collocata, infatti, a ‘fondo righe’.
Inoltre le funzione appena descritte, in particolare quelle di Back Office, non si trovano necessariamente all’interno dell’azienda sanitaria, ma sempre più all’esterno in forma di clouding avanzato. Anche il Back Office organizzativo dei processi in una logica patient centered si trasforma da progetto (o da sottoprogetto) a funzione, risorsa calata sul percorso paziente. Nello schema di matrice proposto è poi aggiunta la nuova funzione, più che mai strategica, della gestione ‘competente’ e ‘analitica’ dei dati dematerializzati (eData, Big Data).
Progetti⬇️ Funzioni➡️ | Front End | Back End tech e normativo | Back End organizzativo | Datawarehouse Data analitics | Ricerca | Customer e sicurity |
---|---|---|---|---|---|---|
Funzioni esterne ➡️(cloud) | ⬇️⬇️ | ⬇️ | ⬇️ | ⬇️ | ⬇️ | ⬇️ |
1 Engagement del paziente | My Page del paziente | ➡️➡️ | ➡️➡️ | ➡️➡️ | ➡️➡️ | 🎯 |
2 CLINICAL PATHWAY | CCEintegrata | ➡️➡️ | ➡️➡️ | ➡️➡️ | ➡️➡️ | 🎯 |
3 Conected Care del paziente | FSE-PAI Patient Summary | ➡️➡️ | ➡️➡️ | ➡️➡️ | ➡️➡️ | 🎯 |
4 Empowrment del paziente | 👨👧👧 | ➡️➡️ | ➡️➡️ | ➡️➡️ | ➡️➡️ | 🎯 |
Governance | ⬆️⬆️ | ⬆️ | ⬆️ | ⬆️ | ⬆️ | ⬆️ |
Matrice ‘composita’ della Trasformazione digitale (dimensione aziendale)
Il paziente al centro dei processi
I progetti seguono necessariamente, in prima istanza, il percorso del paziente: informazione, accesso (engagement). Poi il percorso di cura diventa intensivo in ambito ambulatoriale o di ricovero. Procede quindi con la ‘presa in carico’ (connected care) che si coniuga a sua volta con informazioni predittive e comportamenti preventivi sani e auspicati.
La ‘trasformazione digitale’, supportata da funzioni interne ed esterne all’azienda – come clouding services avanzato – offre una disponibilità in tempo reale di dati per la personalizzazione e la continuità di cura in un contesto di medicina di precisione. La corsia di ospedale diventa come la strada intelligente per l’auto a guida automatica ma dentro l’abitacolo c’è adesso un paziente non dormiente, anzi dotato di empowerment (conoscenze, competenze, responsabilità e potere di scelta).
In questa riorganizzazione dei processi i dati autoprodotti dal paziente e il clouding avanzato (non cerco ‘depositi’ ma centri evoluti di elaborazione e trasmissione dei dati) sono i due estremi di una nuova ‘catena del valore’ per la sanità-salute.
Roberto Soj, direttore della programmazione ICT di ARIA, ha così riassunto e semplificato il modello verso cui si vuole tendere: “Lavorando in modo strutturato e condividendo le informazioni necessarie in tempo reale si può assistere meglio il cittadino e migliorare le prestazioni del sistema sanitario, rendendolo più sostenibile e in grado di rispondere ai bisogni di tutti, mettendo l’assistito al centro del progetto“. Si può fare.