Il ministro Roberto Speranza, nel presentare lo scorso 17 marzo le linee programmatiche del suo dicastero alle commissioni riunite di Camera e Senato, ha confermato l’indirizzo, già delineato nel PNRR, di spostare il baricentro della sanità sempre più sul territorio – anche attraverso il supporto della telemedicina; di procedere a un ammodernamento tecnologico delle strutture ospedaliere e di investire sul digitale.
Un focus importante è stato dato sul tema della gestione e valorizzazione dei dati in Sanità, evidenziando l’importanza di un’infrastruttura unica a livello nazionale per garantire l’omogeneità e la standardizzazione: integrare e valorizzare il dato a livello nazionale permette di disporre di informazioni indispensabili a supportare le decisioni a tutti i livelli di governance.
Un tema che riteniamo importante e vi è dedicata la puntata del primo aprile della tv 360 on (qui per registrarsi).
Perché una Sanità basata sui dati cura meglio e costa meno
L’integrazione dei dati costituisce il presupposto e il cardine per la costruzione della Connected Care, quella sanità “digitale e connessa” che è l’unica in grado di assicurare sostenibilità e qualità in linea con i bisogni e le aspettative dei cittadini.
La Connected Care è un modello di cura in cui, proprio grazie all’integrazione e valorizzazione dei dati, il cittadino/paziente viene messo al centro di un ecosistema di servizi che lo supportano e accompagnano in tutte le fasi del percorso di cura, dalla prevenzione e promozione di corretti stili di vita, alla ricerca di informazioni per l’accesso corretto ai servizi sanitari, fino alla cura e alla gestione integrata del follow-up.
Serve una Sanità basata sui dati: per vaccinare e curare meglio
Si tratta di una rivoluzione che, alla luce dei progressi in atto nella tecnologia, è non solo auspicabile e necessaria, ma anche possibile. Nel nostro sistema, tuttavia, l’integrazione dei dati sanitari rappresenta una sfida particolarmente ardua perché richiede di superare frammentazioni e abitudini consolidate da anni, causate da scelte locali e spesso tra loro incoerenti.
Una sfida che non richiede necessariamente una “centralizzazione”, ma una collaborazione e aderenza agli standard da parte di tutti gli attori del sistema salute: cittadini, medici, aziende sanitarie, Regioni, Governo, aziende dell’offerta, assicurazioni, aziende farmaceutiche, università e centri di ricerca. La presenza di una chiara governance dei dati a livello nazionale è essenziale per consentire la raccolta e lo scambio di dati tra tutti questi attori, rendendo possibile l’evoluzione verso una Connected Care.
La strategia dell’Europa per una Sanità “connessa” con i dati
Questa necessità va anche oltre i confini nazionali: l’Unione Europea è intervenuta pubblicando la European Strategy for Data[1], che, attraverso lo European Health Data Space (EHDS), mira a rafforzare la cooperazione internazionale nell’ambito della governance e nella valorizzazione dei dati, con i seguenti obiettivi:
- promuovere lo scambio sicuro dei dati dei pazienti (anche quando viaggiano all’estero) e il controllo dei cittadini rispetto ai propri dati sanitari;
- sostenere la ricerca su trattamenti, farmaci, dispositivi medici e outcome;
- incoraggiare l’accesso e l’uso dei dati sanitari per la ricerca, l’elaborazione di linee guida e regole, con un quadro di governance affidabile e il rispetto delle norme sulla protezione dei dati;
- sostenere i servizi sanitari digitali;
- chiarire la sicurezza e la responsabilità dell’Intelligenza Artificiale nella salute.
In Italia approccio frammentato
In Italia, a livello regionale, il diverso approccio nell’utilizzo di piattaforme per la raccolta e l’integrazione dei dati restituisce un panorama molto frammentato e le Regioni faticano ancora a parlare un unico linguaggio.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) mira, da diversi anni, ad essere una piattaforma cardine in questo percorso, ma il processo di attivazione e diffusione non si può certo considerare concluso[2]. Ad oggi, infatti, i Fascicoli di alcune Regioni risultano ancora inutilizzati da parte di cittadini, medici di famiglia e operatori sanitari di aziende sanitarie. Se da un lato, spesso i cittadini non sanno di avere un Fascicolo Sanitario Elettronico e in molti casi non ne hanno bisogno (perché non accedono a servizi sanitari), ci sorprende osservare che in quasi la metà delle Regioni la percentuale di medici che hanno fatto accesso al FSE, nel terzo trimestre 2020, è ancora molto bassa.
Il Decreto rilancio ha potenzialmente dato un grosso impulso alla promozione dell’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico da parte dei cittadini, eliminando la necessità di consenso all’attivazione e infatti ad oggi sono stati attivati circa 46 milioni di fascicoli (anche se usati si stima circa la metà, Ndr.).
E ha esplicitato come sia opportuno valorizzare i dati in esso contenuti, anche con algoritmi predittivi che possano intercettare su larga scala l’evoluzione delle esigenze della popolazione. Su questo secondo punto, tuttavia, la strada è ancora lunga poiché in molti Fascicoli regionali non sono ancora presenti i referti digitali dei pazienti e solo una quota di aziende sanitarie alimenta il FSE.
Il ruolo delle aziende sanitarie
In questo contesto proprio le aziende sanitarie giocano un ruolo fondamentale nel rendere efficace il processo di raccolta e valorizzazione di dati e informazioni sul paziente.
L’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità ha cercato di comprendere quale sia, in media, il livello di maturità nella gestione e valorizzazione dei dati, rispetto alle diverse categorie di dati che possono essere gestite dalle aziende stesse.
- I dati amministrativi risultano la tipologia di dati su cui le aziende sono più mature: il 62% dei CIO del campione dichiara di analizzarli con strumenti di Descriptive Analytics (analisi retrospettive), l’8% con tecnologie di Advanced Analytics (per svolgere analisi predittive) e solo il 14% attualmente dichiara di non analizzarli, anche se ne dispone in quantità e qualità sufficiente.
- Fotografia simile per i dati gestionali e organizzativi (43% Descriptive Analytics e solo 5% Advanced Analytics).
- La terza categoria di dati su cui le aziende si sentono mature sono i dati clinici, strutturati e non strutturati (es. dati inclusi nella CCE, testi, referti, immagini, ecc.) con il 32% delle aziende che svolge analisi descrittive e solo il 5% che usa Advanced Analytics.
- Diversa la situazione per dati raccolti da App, wearable, sensori o oggetti intelligenti (raccolti attraverso sistemi informatici solo dal 22% delle aziende e analizzati solo dal’11%) e dati provenienti da web e social media (rispettivamente 22% e 6%).
Quello della raccolta, analisi e valorizzazione dei dati è quindi ancora un ambito ancora da sviluppare e su cui investire, sia in termini economici sia in termini di integrazione/interoperabilità tra sistemi sia in termini di sviluppo di competenze specifiche. Le fonti di dati generati dal sistema sanitario sono molteplici e il cittadino/paziente ha un ruolo sempre più attivo nel rilevare e condividere dati, ma come si è visto questi spesso non sono integrati con quelli di sistema.
Il passo che serve sui dati in Sanità
Omogeneizzare e rendere interoperabili queste fonti non abilita solo analisi retrospettive, ma anche predittive per il supporto alle decisioni (ad esempio, con sistemi di Advanced Analytics e di Intelligenza Artificiale).
Si tratta di un passo fondamentale affinché il grande potere informativo dei dati sanitari esprima tutto il suo potenziale.
La raccolta dei dati deve avvenire ai diversi livelli:
- il cittadino/paziente deve raccogliere dati sulla sua salute attraverso strumenti digitali certificati e di facile utilizzo;
- il medico di famiglia e il medico specialista devono raccogliere dati strutturati attraverso Cartelle Cliniche Elettroniche;
- le aziende sanitarie devono integrare le varie tipologie di dati all’interno di un sistema omogeneo e integrato (ad esempio un Data Warehouse) e devono investire su sistemi informativi tra loro integrati e interoperabili;
- le Regioni e il Ministero devono trovare nell’orchestrazione e valorizzazione di un’architettura condivisa dei dati una delle loro missioni chiave.
Tutto ciò potrà abilitare lo sviluppo di modelli predittivi a livello clinico, oltre che amministrativo e gestionale, e guidare lo sviluppo della Sanità verso sistemi di prevenzione e cura sempre più appropriati e personalizzati, anche nella direzione della Medicina delle 4P (Personalizzata, Preventiva, Predittiva e Partecipativa).
Note
[1] https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/policies/building-european-data-economy
[2] https://www.fascicolosanitario.gov.it/monitoraggio