Il potenziamento della sanità territoriale, obiettivo dichiarato del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), si fonda sulla creazione di presidi territoriali (Case e Ospedali della Comunità, Centrali Operative Territoriali), rispettivamente 1.288 e 381 e su un processo di trasformazione digitale delle cure attraverso la telemedicina, soprattutto per connettere i pazienti domiciliari con i medici.
L’obiettivo è di avvicinare la sanità al territorio così da ridurre le distanze tra i pazienti e i servizi sanitari e, così facendo, migliorare la qualità delle cure.
Cambiare la Sanità con PNRR, telemedicina e fascicolo sanitario elettronico: proposte di policy
La qualità in sanità
Ci diversi aspetti che concorrono a determinare la qualità in sanità. Esaminiamo i quattro principali che sono espressi dalla figura sottostante.
L’efficienza
La sfida, in questo caso, è riuscire a fare di più con le risorse disponibili. Il decentramento e la frammentazione delle risorse, professionali e tecniche, sul territorio è quasi sempre sinonimo di poca efficienza.
Nel mondo dei servizi la tendenza, in tutto il mondo, è al contrario di centralizzare le risorse per utilizzarle al meglio e fare sinergie. La scelta di distribuire sul territorio professionalità e tecnologie mediche va quindi controcorrente.
L’efficacia
Gli esiti clinici dipendono dall’efficacia dei processi diagnostici e terapeutici. Le competenze specialistiche sono e rimarranno dei medici ospedalieri. La medicina non è una scienza esatta ma una pratica basata sulle conoscenze scientifiche. Come allora aumentare il livello di conoscenza dei medici del territorio per evitare il rischio, assai concreto, di interventi medici che non abbiano solide basi scientifiche e quindi inutili o addirittura dannosi per il paziente?
La risposta è nella Evidence Based Practice e nella sanità basata sulle conoscenze, scientifiche e cliniche (Knowledge Driven Healthcare).
La sicurezza
Ridurre i rischi e gli errori è imperativo per aumentare la qualità della sanità. Soltanto negli USA muoiono, ogni anno, 98.000 persone per errori sulle terapie. L’uso concomitante di farmaci, anche di quelli senza obbligo di ricetta, può comportare gravi rischi ed effetti avversi come sanguinamento, cadute, costipazione, sedazione e così via (con due farmaci il rischio è del 13%, con cinque il 38%, con sette raggiunge l’82%). Metà della popolazione anziana assume da 5 a 9 farmaci al giorno, l’undici per cento più di 10. Le reazioni avverse provocate da farmaci sono responsabili del 3.1 – 6.2 % dei ricoveri ospedalieri e del 2.4 – 3.4 ‰ degli accessi in pronto soccorso.
Anche in questo caso la sanità basata sulla conoscenza, aumentando il livello di consapevolezza dei medici sui rischi da loro indotti, è la risposta per gestire il rischio clinico in modo efficace.
La sostenibilità
Il modello logistico – organizzativo proposto nel PNRR è fortemente dipendente da strutture fisiche e dal largo uso di professionisti, due fattori che ne rappresentano il limite in termini di scalabilità e sostenibilità economica.
Le tecnologie digitali previste sono viste principalmente come strumenti per raccogliere dati, archiviarli o rappresentarli tramite cruscotti. La telemedicina è vista come un mezzo per connettere medici e pazienti (televisita) o rilevare dati clinici (telemonitoraggio) a distanza.
Un ponte tra il mondo fisico e quello digitale
L’organizzazione e i modelli per la cura e l’assistenza dei pazienti cronici o la prevenzione sono stati tutti concepiti dieci – venti anni fa. Il Chronic Care Model, ad esempio, fu ideato dal dottor Wagner nei primi anni del duemila.
Se i principi e gli obiettivi di questi modelli rimangono tuttora validi e sono largamente condivisibili, è però necessario pensare a una loro re-ingegnerizzazione in funzione della grande evoluzione delle tecnologie digitali.
La capacità di raggiungere il paziente dovunque si trovi, grazie a internet, di interagire con lui grazie a canali digitali, come app, chat-bot, sistemi telefonici con riconoscimento della voce (IVR), di gestire una relazione attraverso CRM, sono tutte potenzialità ancora poco sfruttate e, in ogni caso, pensate per essere accessorie o secondarie rispetto al lavoro dei medici e degli infermieri.
Con le tecnologie oggi disponibili è possibile passare dal concetto di “medicina assistita dalle tecnologie digitali” a quello di “medicina incentrata sulle tecnologie digitali” o, più semplicemente, di medicina digitale.
Non si tratta di scegliere tra l’uomo – medico o infermiere – e la “macchina” né di disumanizzare la medicina. Senza un uso intelligente e pervasivo delle tecnologie digitali la scelta, per la maggioranza delle persone, è tra queste e il nulla.
I pazienti cronici sono talmente tanti che non è realistico pensare che possano essere gestiti esclusivamente con modelli di medicina tradizionali, né che la telemedicina possa essere la “bacchetta magica” con cui risolvere il problema.
Se poi provassimo ad ampliare l’orizzonte e pensare a coloro che non sono ancora pazienti cronici, diventa ancora più evidente come i modelli di medicina attuali siano improponibili.
Alla dimensione fisica della medicina dobbiamo allora abbinare una dimensione digitale che trasformi una serie di concetti a partire dalla Casa di Comunità che, da struttura fisica, diventi un luogo virtuale di servizi per la prevenzione, la cura e l’assistenza delle persone. Bisogna realizzare nuovi strumenti informatici in grado di interagire con i pazienti attraverso canali digitali, utilizzando le tecnologie più avanzate per informare, educare, sensibilizzare e assistere le persone in modo pro-attivo, automatico, senza la necessità di interventi umani. Questi devono essere disponibili, ovviamente, nei casi in cui ci sia un’effettiva necessità di una relazione professionale personale, non per le attività che possono essere di routine.
Una sanità ibrida o phygital, in grado di assicurare a tutti i cittadini una serie di servizi dovunque essi si trovino, senza limiti fisici e temporali.