La gestione dell’emergenza Covid ha comportato nel nostro Paese una maggiore attenzione e una spinta fortissima a una transizione verso il digitale da parte del nostro Servizio Sanitario.
La necessità di gestire le diverse fasi dell’emergenza pandemica attraverso una maggiore conoscenza, integrazione e tracciabilità dei dati ha accelerato la ricerca di nuove soluzioni tecnologiche che erano già alla nostra portata ma tardavano a essere implementate: tra queste, per fare degli esempi, i sistemi di tracciamento dei contatti e del percorso dei pazienti Covid positivi nei loro diversi setting assistenziali, l’utilizzo della televisita e della teleassistenza per ridurre gli spostamenti e mantenere in carico i pazienti cronici, portali unici per agevolare l’accesso alla vaccinazione, sms personalizzati per gli appuntamenti, registrazioni in tempo reale sull’anagrafe vaccinale, certificazioni e green pass scaricabili online, etc.
Salute digitale, cosa ci ha insegnato la pandemia? Gli esempi per non “sprecare” il PNRR
Come il covid ha cambiato la percezione della sanità
La transizione digitale è un passaggio di ordine culturale e non soltanto tecnologico. Teniamo presente che la maggior parte dei professionisti operanti nel Servizio Sanitario si è formata e ha iniziato a lavorare in un’epoca analogica, e ancora confonde spesso la transizione digitale con la mera informatizzazione delle attività. Per molte strutture sanitarie è già un traguardo arrivare alla cartella clinica informatizzata, alla messa in rete dei laboratori o delle radiologie, o alla gestione online di servizi di norma erogati allo sportello (scelta del medico, prenotazioni, certificazioni, refertazioni, etc.).
Il Covid ha cambiato la nostra percezione del problema. Dopo una pandemia che è diventata globale nell’arco di poche settimane, sappiamo che la tutela della salute della popolazione è fortemente compromessa se un Paese non dispone di informazioni complete e tempestive per gestire una emergenza sanitaria, sia dal punto di vista epidemiologico, sia dal punto di vista clinico-assistenziale. Oggi ci sembra anacronistico pensare di poter continuare a gestire prestazioni sanitarie ai cittadini al di fuori di un sistema informativo unico, connesso e integrato. Se abbiamo potuto registrare e tracciare ogni attività resa nei confronti dei pazienti Covid (almeno quelli rilevati), perché non dovremmo essere in grado di fare la stessa cosa per tutte quelle persone che necessitano di un’assistenza sanitaria continua o permanente?
L’assistenza sanitaria pubblica del futuro
L’assistenza sanitaria pubblica del futuro sarà quella in grado di conoscere e ri-conoscere ogni singolo assistito, per costruire intorno a lui una rete di offerta che lo accompagna in un percorso di assistenza e di cura, mettendo in relazione tutti gli attori. Questo passaggio diventa fondamentale soprattutto per le persone affette da patologie croniche o invalidanti, per le quali sulla base delle nuove evidenze scientifiche e sperimentazioni cliniche, sarà possibile anche personalizzare le terapie.
Un altro aspetto fondamentale delle modalità di funzionamento del mondo digitale, già presente in molti settori, e che dovrà essere abituale anche nel servizio sanitario pubblico, è la disintermediazione. L’ambito sanitario è uno di quelli in cui il rapporto diretto medico-paziente e la relazione di cura restano fondanti e irriducibili, come in qualsiasi servizio alla persona. Tuttavia nell’accesso ai servizi la rete offre oggi nuove opportunità di informazione, di semplificazione e di interazione. Un cittadino più informato, più responsabilizzato e più partecipe, tutela meglio la salute propria e della comunità in cui vive. Anche in questa direzione abbiamo ancora tantissima strada da fare, superando lungaggini burocratiche e puntando su una comunicazione più diretta ed efficace. Abbiamo insomma bisogno di costruire una sanità più vicina e digitale.
Una visione di lungo respiro
Da questo punto di vista la prossimità non è una dimensione solo spaziale. Certo, le Case della Comunità previste dal PNRR sono innanzitutto luoghi fisici, che devono diventare punto di riferimento per la popolazione nell’accesso alla rete dei servizi sanitari e sociali. Tuttavia, la “vicinanza” si realizza anche andando a casa delle persone e facendo sì che ciascun cittadino possa agevolmente accedere alle informazioni e ai servizi a cui ha diritto in modo agevole e rapido senza spostarsi, ove evitabile.
La possibilità tecnologica di costruire un rapporto diretto con ogni cittadino assistito dal Servizio Sanitario deve condurci a ripensare i nostri servizi, uscendo fuori da logiche e schemi tradizionali. Da anni si parla di medicina di iniziativa, di infermiere di comunità, di promozione della salute, e in generale di forme di assistenza e di servizio più proattive nei confronti della popolazione. Adesso è il momento di praticarle, e un forte impulso viene dal Governo, che ha previsto un Ministero dedicato alla transizione digitale e una trasversalità degli investimenti dedicati a questo obiettivo rispetto alle diverse Missioni del PNRR.
Lo sforzo che dobbiamo compiere è quello di evitare iniziative troppo frammentate e con un respiro corto. Una sanità vicina e digitale si realizza con un’innovazione strutturale e non attraverso sperimentazioni che restano isolate e spesso anche temporanee. In questo il ruolo del Governo e delle Regioni sarà determinante, così come la costruzione di una forte partnership pubblico-privato, e tutte le aziende sanitarie devono essere pronte a giocare sul campo la loro parte.