Come la campagna di vaccinazione in Italia procede speditamente volgendo quasi al termine, così parallelamente sta procedendo la vaccinazione nelle Aziende: opportunità senza vincoli d’età.
L’impegno delle aziende alla vaccinazione dei lavoratori costituisce un’attività di sanità pubblica che si colloca nell’ambito del Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti Covid predisposto dal Commissario straordinario, generale Francesco Paolo Figliuolo.
D’altra parte, tale attività realizza il duplice obiettivo di “…concorrere, accelerare ed implementare a livello territoriale la capacità vaccinale e rendere, nel contempo, più sicura la prosecuzione delle attività commerciali e produttive”, accrescendo così il livello di sicurezza degli ambienti di lavoro.
Prenotazione vaccino anti covid, come fare Regione per Regione
Alcune regole
Premesso che il presupposto fondamentale per l’adesione dei piani aziendali di vaccinazione sia l’adesione volontaria, le vaccinazioni in azienda sono disciplinate da:
- Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro del 6 aprile 2021;
- Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro dell’8 aprile 2021 (Circolare interministeriale n. 15126 del 12 aprile 2021);
- Documento di indirizzo “Vaccinazione nei luoghi di lavoro: indicazioni generali per il trattamento dei dati personali” Garante Privacy, del 13 maggio 2021, paventandone i rischi al trattamento illecito dei dati.
Chi può farlo e dove
Tutte le aziende PMI, piccole o grandi, singole o aggregate sotto forma di Gruppo possono decidere di aderire alla campagna vaccinale, mettendo a disposizione di tutti i lavoratori (dipendenti, stagisti, collaboratori, tirocinanti) questa opportunità o nei locali aziendali purché ne abbiano i requisiti, ovvero in strutture private convenzionate o in alternativa in sedi Inail, qualora l’azienda non sia tenuta alla nomina del medico (interno).
La procedura
É l’Asl a fornire le dosi di vaccini. Il datore dal canto suo informa i lavoratori. Il medico competente — che assume un ruolo centrale — offre tutto il supporto necessario raccogliendo le adesioni (volontarie) nel rispetto della privacy, come vedremo in seguito. Il datore si preoccupa di predisporre i locali, garantendo spazi/distanze e quant’altro di indispensabile (lettini post-inoculazione, kit di emergenza, farmaci a supporto, ecc.) a corredo del “Piano di vaccinazione ed ambienti” previa autorizzazione dell’Asl di riferimento. I costi, eccezion fatta delle dosi di vaccini gravanti sul Servizio Sanitario Nazionale, sono a carico esclusivo dell’azienda.
Sarà cura inoltre del datore di lavoro mettere a disposizione le ore lavorative per effettuare i vaccini.
La guida rapida dei Consulenti del Lavoro
Di recente, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha messo a disposizione una “Guida rapida alle vaccinazioni in azienda”, mettendo «a sistema le regole contenute nel Protocollo nazionale del 6 aprile, nelle indicazioni ad interim dei Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Salute e nel Documento di indirizzo “Vaccinazione nei luoghi di lavoro” emesso dal Garante per la protezione di dati personali lo scorso 13 maggio» come si legge nel comunicato stampa, ed ancora «Uno strumento di interesse diffuso, anticipato durante il Forum sulla Sicurezza del Lavoro, che guida dentro alle disposizioni e rimarca alcuni elementi cardine in materia: la qualificazione delle attività per l’attivazione di punti vaccinali in azienda all’interno di un più ampio obiettivo di sicurezza degli ambienti di lavoro; la volontarietà dell’adesione da parte dei lavoratori alla campagna vaccinale, (in mancanza, a legislazione vigente, di una norma sull’obbligatorietà, non tassativa neanche per le professioni sanitarie); la “relativa” vincolatività delle indicazioni del Garante Privacy che, più volte, fa precedere le sue indicazioni dalla locuzione “per quanto possibile”, consentendo una flessibilità oggettiva rispetto ai princìpi esposti.
Il tutto per individuare rischi, soluzioni volte ad evitare eventi nefasti, nonché per “responsabilizzare tutti gli attori che collaborano a creare situazioni e ambienti di lavoro sicuri. Poter conoscere nel dettaglio le disposizioni permette di valutare e quindi agire con consapevolezza, garantendo benefici a cascata sui singoli, l’azienda e, nel caso delle vaccinazioni in azienda, su tutta la collettività”.
Il singolo datore di lavoro con una popolazione lavorativa sufficientemente numerosa può manifestare la disponibilità ad attuare piani aziendali per la predisposizione di punti straordinari di vaccinazione nei luoghi di lavoro
I datori di lavoro possono organizzarsi anche con il supporto o il coordinamento delle Associazioni di categoria di riferimento, in modo che anche aziende con un numero minore di lavoratori, possano aderire ai plani previsti dal Protocollo.
In estrema sintesi, eccone i punti salienti.
Le aziende interessate: è facoltà del singolo datore di lavoro con una popolazione lavorativa sufficientemente numerosa, manifestare la disponibilità̀ ad attuare piani aziendali per la predisposizione di punti straordinari di vaccinazione nei luoghi di lavoro.
Le attività propedeutiche si legge nella guida da parte del datore sono essenzialmente l’obbligo di informativa, la raccolta delle adesioni, l’identificazione dei locali da adibire ad hoc, la garanzia delle norme anti contagio (DIP, ecc.).
L’iter procedurale, una volta che il datore di lavoro abbia manifestato la disponibilità̀ ad attuare i piani aziendali per la predisposizione di tali vaccinazioni in azienda, occorre che sia specificata oltre alla normativa di riferimento, anche: la descrizione dell’attività lavorativa; l’indicazione dettagliata della popolazione lavorativa e del numero dei vaccini richiesti; la descrizione degli ambienti destinati alle attività di somministrazione delle dosi; l’indicazione delle caratteristiche organizzative e strutturali aziendali; la previsione dell’equipaggiamento minimo per la vaccinazione in azienda, come detto.
Le risorse strumentali, nel senso che le aziende in caso di vaccinazione devono: “possedere adeguate risorse strumentali ed umane correlate alle necessarie attività organizzative e gestionali; garantire una dotazione informatica idonea per la corretta e tempestiva registrazione delle vaccinazioni; utilizzare materiali e attrezzature mediche in quantità̀ e qualità̀ idonea a garanzia di una somministrazione in massima sicurezza; garantire una modalità̀ di ritiro dei vaccini (a cura del medico competente o del personale sanitario individuato dal datore di lavoro) che assicuri la corretta gestione, compresa l’essenziale mantenimento della catena del freddo (temperatura garantita del vaccino); assicurare ambienti idonei per le diverse attività: accettazione, ambulatori, infermeria, osservazione post vaccinale”.
Per inciso, un problema ad oggi non pare essere ancora stato risolto: chi decide la “idoneità” di tali mezzi?
Il ruolo del medico competente, evidentemente centrale. Egli in qualità di Titolare del trattamento dei dati sanitari, conformemente a GDPR ed ai chiarimenti ormai consolidati del Garante, è tenuto “a garantire, in via generale, la centralità̀ del ruolo di raccordo tra servizio sanitario nazionale e ambito lavorativo”.
Ancora, punto saliente è quello relativo alla formazione sul cui aspetto “il medico competente ed il personale sanitario di supporto devono seguire idonea formazione a distanza attraverso la piattaforma ISS, in collaborazione con l’Inail”.
Cosa succede in caso di rifiuto ingiustificato
Posto che la vaccinazione in generale e per di più in azienda, sia di carattere volontario, occorre chiedersi quando il rifiuto sia “ingiustificato”. Ma facciamo un passo indietro. La posizione del lavoratore operante in un settore diverso da quello sanitario, a fronte dell’opportunità di vaccinazione anti-Covid offerta dall’azienda, è diversa a seconda della posizione che sia assume in relazione alla stessa, con tutta evidenza.
Salvo che l’azienda non abbia adottato qualche provvedimento ex art. 2087 c.c., circa l’obbligo della tutela del lavoro, ogni persona ha la facoltà di decidere, in totale libertà se approfittare o meno di questa opportunità (vaccinazione in azienda).
Tuttavia, può accadere che in alcune particolari realtà aziendali che per caratteristiche di produzione ovvero per le specifiche modalità di contatto dei dipendenti tra loro, con i clienti o comunque con terze persone aggravando il rischio da contagio, in richiamo agli artt. 2087 c.c. e 15 del D. lgs 81/2008, viene richiesto ai dipendenti o parte di essi la vaccinazione quale “misura di prevenzione del rischio” ex art. 20 del citato Testo Unico; col che il dipendente ha il dovere di sottoporsi a detta misura preventiva, “salvo che sussista un giustificato motivo in senso contrario (per esempio la gravidanza, oppure una situazione di immunodepressione che sconsigli la vaccinazione)”.
Come si sono organizzate le aziende per Regione
Vediamo ora come si sono attrezzate alcune regioni con riferimento a questo tema caldo.
Regione | Qualche dato |
Lazio | Secondo alcune fonti le realtà che avrebbero aderito alla campagna vaccinale sono: Acea, Eni, Enel, Coop, Conad. |
Liguria | La prima azienda che avrebbe iniziato a vaccinare pare che sia stata la raffineria Iplom di Busalla, sostenendo un ritmo di 250 somministrazioni al giorno. |
Lombardia | Le aziende della Lombardia pare che abbiano guardato, sin dall’inizio della campagna vaccinale aziendale, più in là ospitando per sino la terza dose per tutti, se sarà necessaria. Il messaggio par chiaro: “La somministrazione avverrà all’interno dell’unità interaziendale o nella struttura sanitaria privata in convenzione, in uno spazio idoneo alla somministrazione, in grado cioé di garantire l’accesso scaglionato e la permanenza post-vaccinazione”. |
Piemonte | In Piemonte, da Amazon a Zegna, si dicono pronti a vaccinare cento mila lavoratori in circa 700 aziende. Ma la novità è che dal 21 giugno (dalle ore 18,00 in poi) in BasicNet potranno vaccinarsi anche i parenti, a partire dai dipendenti delle Risorse Umane. Si legge in comunicato stampa che “Accanto alle vaccinazioni per la cittadinanza, eseguite secondo il piano vaccinale dell’Asl, dallo scorso 18 maggio stanno ricevendo il vaccino anche gli oltre 800 dipendenti del Gruppo BasicNet. Ora è il turno dei familiari delle Risorse Umane dell’azienda torinese, che hanno iniziato a effettuare le prenotazioni giovedì 17 giugno scorso e che da oggi cominciano a ricevere i primi vaccini, esclusivamente nella fascia oraria 18-20” (fonte ANSA Piemonte). |
Puglia | Questa regione parrebbe puntare “sulle imprese sopra i 100 dipendenti”. |
Toscana | Al via dal 7 giugno, con una previsione di dieci mila dosi a settimana. |
Sicilia | Parrebbe che la regione sia già partita da Siracusa, la scorsa fine maggio (aziende come Lukoil, Sonatrach, Sasol Versalis, Erg Power e Air Liquide), ed altre oltre un migliaio di imprese sono in attesa di ricevere il placet. |
Come viene garantita la privacy e la posizione del Garante
La vaccinazione in azienda è sicuramente un tema caldo. Va infatti prestata significativa attenzione con riferimento al trattamento dei dati personali.
Vediamo dunque la posizione del Garante su questo tema.
Come noto, il Garante Privacy di recente ha adottato un documento di indirizzo sulla vaccinazione nei luoghi di lavoro, al fine di fornire indicazioni generali sul trattamento dei dati personali, insistendo che «anche per la vaccinazione sul luogo di lavoro dovrà essere assicurato il rispetto del tradizionale riparto di competenze tra il medico competente e il datore di lavoro, messo in evidenza nel documento sul ruolo del medico competente in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, da oggi disponibile sul sito dell’Autorità».
Nel “documento di indirizzo” il Garante precisa ancora che «le principali attività di trattamento dati – dalla raccolta delle adesioni, alla somministrazione, alla registrazione nei sistemi regionali dell’avvenuta vaccinazione – devono essere effettuate dal medico competente o da altro personale sanitario appositamente individuato», aggiungendo che «Tenuto conto dello squilibrio del rapporto tra datore di lavoratore e dipendente, il consenso del lavoratore non può costituire in questi casi un valido presupposto per trattare i dati sulla vaccinazione così come non è consentito far derivare alcuna conseguenza, né positiva né negativa, dall’adesione o meno alla campagna vaccinale».
Il documento di indirizzo
Tale documento è suddiviso sostanzialmente in tre punti che si riportano pedestremente, commentandosi da sé solo.
«Punti vaccinali, iniziativa di pubblica sanità: Per quanto riguarda le vaccinazioni sui luoghi di lavoro arriva un documento di indirizzo sulla vaccinazione (in allegato) da parte del Garante alla protezione dei dati, in modo da fornire indicazioni generali sul trattamento dei dati personali, in attesa di un definitivo assetto regolatorio. Si parte dalla premessa che l’esecuzione dei piani vaccinali per l’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti Covid-19 nei luoghi di lavoro, prevista dal Protocollo nazionale del 6 aprile 2021, costituisce un’iniziativa di sanità pubblica, per questo motivo la responsabilità generale e la supervisione dell’intero processo devono essere riferibili al Servizio sanitario regionale e dovrà essere attuata nel rispetto della disciplina sulla protezione dei dati. Anche per la vaccinazione sul luogo di lavoro dovrà essere assicurato il rispetto del tradizionale riparto di competenze tra il medico competente e il datore di lavoro, messo in evidenza nel documento sul ruolo del medico competente in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, da oggi disponibile sul sito dell’Autorità.
Punti vaccinali, raccolta adesioni e ruolo del medico: Il Garante specifica che le principali attività di trattamento dati – dalla raccolta delle adesioni, alla somministrazione, alla registrazione nei sistemi regionali dell’avvenuta vaccinazione- devono essere effettuate dal medico competente o da altro personale sanitario appositamente individuato. In particolare, ‘informazione relativa all’adesione volontaria da parte della lavoratrice e del lavoratore deve essere trattata solo dal professionista sanitario opportunamente individuato “che potrà valutare preliminarmente specifiche condizioni di salute, nel rispetto della privacy, che indirizzino la vaccinazione in contesti sanitari specifici della Azienda Sanitaria di riferimento, che ne assicura la necessaria presa in carico“ nonché ai fini dell’individuazione del numero delle dosi e della tipologia di siero/vaccino -, il datore di lavoro, all’atto della presentazione del piano vaccinale aziendale all’ASL territorialmente competente, dovrà limitarsi, sulla base delle indicazioni fornite dal professionista sanitario, a indicare esclusivamente il numero complessivo dei vaccini necessari per la realizzazione dell’iniziativa. Nel piano, elaborato con il supporto del professionista sanitario e presentato dal datore di lavoro, non dovranno essere presenti elementi in grado di rivelare l’identità dei lavoratori aderenti all’iniziativa. Le norme a tutela della dignità e della libertà degli interessati sui luoghi di lavoro, non consentono al datore di lavoro raccogliere direttamente dai dipendenti, dal medico compente, o da altri professionisti sanitari o strutture sanitarie, informazioni relative all’intenzione del lavoratore di aderire alla campagna o alla avvenuta somministrazione (o meno) del vaccino e ad altri dati relativi alle sue condizioni di salute.
Punti vaccinali, la somministrazione: L’informazione relativa all’adesione volontaria da parte della lavoratrice e del lavoratore deve essere trattata solo dal professionista sanitario opportunamente individuato “che potrà valutare preliminarmente specifiche condizioni di salute, nel rispetto della privacy, che indirizzino la vaccinazione in contesti sanitari specifici della Azienda Sanitaria di riferimento, che ne assicura la necessaria presa in carico“ nonché ai fini dell’individuazione del numero delle dosi e della tipologia di siero/vaccino -, il datore di lavoro, all’atto della presentazione del piano vaccinale aziendale all’ASL territorialmente competente, dovrà limitarsi, sulla base delle indicazioni fornite dal professionista sanitario, a indicare esclusivamente il numero complessivo dei vaccini necessari per la realizzazione dell’iniziativa. Nel piano, elaborato con il supporto del professionista sanitario e presentato dal datore di lavoro, non dovranno essere presenti elementi in grado di rivelare l’identità dei lavoratori aderenti all’iniziativa».
Conclusioni
Vi è da chiedersi in conclusione se, visto l’avanzamento così spedito delle vaccinazioni sull’intero territorio nazionale, quelle in azienda non siano uno sforzo inutile, vieppiù la laboriosità e complessità di tutto l’iter vaccinale in azienda. Insomma, quel solito tanto rumore per nulla che solo complica ed a nulla serve.