Amazon ha da poco introdotto negli Usa un nuovo servizio in abbonamento che consente ai pazienti di acquistare oltre cinquanta medicinali soggetti a prescrizione medica obbligatoria, a fronte del pagamento di una tariffa fissa mensile di soli 5 dollari.
Attualmente in Italia un servizio di questo tipo si scontrerebbe con precise limitazioni e divieti di carattere normativo che ne impedirebbero sostanzialmente il funzionamento. E anche in Europa le cose non andrebbero molto diversamente. Facciamo il punto.
eCommerce di farmaci e dispositivi medici: vincoli normativi e opportunità
Come funziona RxPass
RxPass è al momento disponibile nella maggior parte degli Stati americani e costituisce un servizio aggiuntivo che fa parte di Amazon Pharmacy, piattaforma lanciata nel 2020 dove gli utenti possono acquistare e ricevere al proprio domicilio farmaci etici, previo caricamento della propria ricetta sulla piattaforma. Il servizio permette di acquistare medicinali, in particolare generici, con forti sconti rispetto ai canali tradizionali, anche ai pazienti privi di assicurazione sanitaria.
L’iniziativa appare al momento circoscritta ai soli farmaci vendibili dietro prescrizione medica, e non si rivolge ai medicinali da banco, che in ogni caso Amazon vende già da tempo sul proprio marketplace.
Il target di riferimento sembrerebbero essere i pazienti cronici, anche sprovvisti di assicurazione sanitaria, che hanno bisogno di approvvigionarsi con regolarità di più medicinali per curare le proprie patologie. Come pubblicizzato dalla stessa Amazon, RxPass dovrebbe in molti casi rendere l’acquisto dei medicinali più conveniente rispetto all’acquisto per tramite della propria assicurazione sanitaria, se quest’ultimo è effettuato in regime di “copay”.
RxPass in Italia, potrebbe funzionare?
In Italia, in primo luogo, la vendita a distanza di farmaci soggetti a prescrizione medica è espressamente vietata dall’art. 112-quater del Codice del farmaco (d.lgs. 219/2006). Tali prodotti possono essere venduti solo nelle farmacie da parte di soggetti autorizzati alla loro dispensazione, ovvero i farmacisti.
Ma non solo. Il “modello Amazon” si scontrerebbe in Italia con una significativa serie di limitazioni anche se riguardasse unicamente medicinali da banco, che possono essere venduti al pubblico online. Infatti, la vendita di medicinali è permessa solamente a soggetti qualificati (farmacie, parafarmacie e punti vendita della grande distribuzione) e non a qualsiasi azienda, anche se operante nel settore salute. Inoltre, la vendita online dei medicinali da banco è soggetta alla preventiva autorizzazione delle aziende sanitarie locali e a specifici adempimenti.
Primo fra tutti è richiesto l’utilizzo di un sito web riferibile alla singola farmacia autorizzata (e non, dunque, un marketplace) e i farmaci venduti online devono essere necessariamente spediti dai magazzini di quella farmacia (dopo opportuna verifica e sotto la responsabilità del farmacista).
Cosa diversa, naturalmente, sono i servizi di home delivery di farmaci, attraverso i quali vengono consegnati al domicilio dei pazienti medicinali acquistati nelle farmacie fisiche; tali servizi operano su basi diversi e con differenti modalità e, soprattutto, secondo una logica di prossimità che è del tutto assente nell’e-commerce.
Gli sconti sui farmaci
Un altro aspetto critico è quello che riguarda la scontistica, peraltro molto aggressiva, applicata da Amazon ai prodotti venduti online. Tale strategia commerciale non sarebbe consentita in Italia dove è previsto che la farmacia debba applicare gli stessi prezzi ai farmaci venduti online e in negozio, per cui qualsiasi sconto applicato ai prodotti offerti online deve essere applicato anche in negozio.
Senza contare che non possono esser scontati farmaci rimborsati dal sistema sanitario nazionale.
La promozione dell’iniziativa
Inoltre, le iniziative di promozione online dovrebbero fare i conti con le limitazioni previste per le comunicazioni commerciali aventi ad oggetto medicinali.
Da un lato, infatti, la “pubblicità” di medicinali soggetti a prescrizione medica è espressamente vietata dal Codice del farmaco, che adotta una definizione di pubblicità molto ampia, ossia “qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di esortazione, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali”.
Anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha più volte mostrato di accogliere un’interpretazione molto ampia del concetto di pubblicità, al fine di tutelare la salute pubblica dai rischi collegati a un consumo eccessivo o irrazionale di farmaci. Ad esempio, in una recente sentenza del 22 dicembre 2022 nella causa C-530/20, la Corte di Giustizia ha chiarito che costituisce “pubblicità” anche un messaggio promozionale che abbia ad oggetto medicinali indefiniti e non prodotti ben individuati. Tale messaggio si pone in contrasto con le norme europee ed in particolare con la Direttiva 2001/83/CE qualora possa favorire un consumo irrazionale dei medicinali, a prescindere dal fatto che illustri le specifiche caratteristiche dei prodotti.
Le modalità di comunicazione dell’iniziativa adottate da Amazon – a partire dal proprio sito web – aventi con tutta evidenza carattere promozionale/commerciale, potrebbero quindi risultare in una violazione del divieto di pubblicità. Del resto, lo stesso servizio RxPass potrebbe essere considerato un’iniziativa commerciale che, attraverso il meccanismo del “prezzo a forfait”, potrebbe indurre i pazienti ad un consumo eccessivo di medicinali.
Essendo ad oggi l’abbonamento RxPass limitato ai soli medicinali soggetti a prescrizione, e dovendo la prescrizione essere preventivamente caricata sulla piattaforma, se ne potrebbe desumere che l’iniziativa di per sé non determini un maggiore consumo di medicinali, purché Amazon sia effettivamente in grado di monitorare e verificare la corrispondenza fra gli ordini effettuati da ciascun utente – potenzialmente illimitati – e le quantità/dosi di medicinali che questo deve assumere sulla base delle specifiche prescrizioni del proprio medico. Non sappiamo se questa verifica sia possibile alla luce delle modalità prescrittive previste dalla normativa americana ma certamente questo punto ci appare molto delicato e potenzialmente critico.
Il “modello Amazon” in Europa
Di certo l’approccio italiano alla vendita online di farmaci è particolarmente restrittivo, ma anche lo scenario europeo è molto vincolato e potenzialmente ostile a questo tipo di iniziative
Infatti, seppure la vendita online di medicinali soggetti a prescrizione non sia vietata in tutti i Paesi europei in quanto la Direttiva 2001/83/CE lascia liberi gli Stati membri di vietare o consentire le vendite online di farmaci etici (purché effettuate da soggetti autorizzati alla dispensazione di farmaci sul territorio nazionale), la stessa Direttiva proibisce espressamente la pubblicità di medicinali soggetti a prescrizione medica e, più in generale, ogni iniziativa volta a favorire un consumo eccessivo e/o irrazionale di medicinali (anche da banco).
Pertanto, servizi per la fornitura a distanza di medicinali “in abbonamento” quali RxPass risulterebbero sicuramente problematici, almeno dal punto di vista legale, nell’intera Unione Europea.