Anche nel mondo della Sanità i video possono quindi giocare un ruolo di primo piano come strumenti di informazione, prevenzione, costruzione di comunità condivise intorno ai temi della salute.
Video per la sanità: come progettarli?
Diego Fontana nel libro Screen, scrivere video per comunicare, spiega il percorso creativo per la progettazione di un video.
Il primo passo fondamentale per realizzare un video che funzioni è conoscere il pubblico al quale vogliamo rivolgerci: quanti anni hanno? Hanno famiglia o sono single? Conoscono già il tema del quale vogliamo parlare oppure no? Quali sono i loro problemi, desideri e paure? E quali soluzioni possiamo offrire? Come si svolge loro giornata di queste persone? In quali momenti e su quali spazi, digitali e non, possiamo incontrarle?
Dopo aver scattato una fotografia il più possibile dettagliata del nostro pubblico possiamo individuare un insight, ossia un problema o desiderio in cui il nostro pubblico si riconosca: dovrebbe essere originale e specifico, per generare una reale identificazione.
Partendo dall’insight definiamo il concept: cosa vogliamo raccontare?
Il concept viene quindi declinato nell’idea creativa, ovvero: in che modo vogliamo che accada? Possiamo scegliere di utilizzare gli strumenti dello storytelling per costruire una narrazione avvincente. Oppure possiamo utilizzare altri espedienti, come gag, figure retoriche, testimonianze, tutorial.
Penn Medicine, ad esempio, utilizza la forza dello storytelling per raccontare il trapianto che ha permesso a una donna nata senza utero di avere un bambino.
Bryn Mawr Rehab Hospital in 30 secondi racconta il percorso di riabilitazione di una paziente colpita da ictus, ponendoci di fronte allo shock della perdita delle facoltà basilari e alla possibilità di ritrovare i piccoli gesti che rendono la vita speciale.
Henry Ford Health System utilizza la metafora del gioco per presentarsi come il partner giusto per aiutare le persone ad essere in forma, giocando sull’espressione “Be at the top of your game”.
Anche UPMC fa ricorso alla metafora sportiva per raccontare le sfide che affronta ogni giorno.
Ballad Health fa uso dell’ironia per raccontare la possibilità di tornare a fare le cose che ci piacciono dopo l’installazione di una protesi ortopedica.
Anche Mercy Urgent Care usa l’ironia per illustrare gli imprevisti che possono portare a un infortunio.
Shriners Hospitals for Children utilizza l’effetto sorpresa per mostrare la normalità ritrovata di bambini sottoposti a
Anche Allegheny Health Network utilizza l’effetto sorpresa per raccontare la storia di una bambina nata prematura che, grazie alle cure ricevute, oggi fa una vita soddisfacente.
Qualunque sia il concept che decidiamo di realizzare è importante definire il ruolo del nostro prodotto o servizio nel dare soluzione al problema del pubblico. Se applichiamo i principi dello storytelling il prodotto o servizio in ambito sanitario potrebbe rappresentare il mentore che aiuta l’eroe a compiere il viaggio di trasformazione, o il dono, l’oggetto magico che lo supporta nella sua missione.
Quanto piacciono i video social agli italiani
Per comprendere il peso dei video nelle abitudini mediali degli italiani basti pensare che sul podio dei social più amati dagli italiani c’è proprio YouTube, utilizzato dall’88% degli utenti internet tra i 16 e i 64 anni. E secondo la classifica di Alexa, è il secondo sito più visitato al mondo dopo Google.
E ancora, Similarweb stima che YouTube abbia un traffico medio mensile di oltre 400 mila visite, con un tempo medio di circa 20 minuti e 9 pagine viste per ciascuna visita.
Video per la sanità: le caratteristiche tecniche
Nella progettazione di un video dobbiamo naturalmente tenere presenti anche le caratteristiche dei canali sui quali lo diffonderemo. Ogni canale, infatti, ha proprie specificità che devono essere prese in considerazione per garantire al nostro contenuto la massima efficacia e visibilità.
Se vogliamo condividere un video sui social media è importante capire se girarlo in formato verticale o orizzontale. Le stories di Instagram e Facebook, infatti, richiedono video verticali, con risoluzione 1080×1920 pixel. Teniamo presente, inoltre, che nella parte in basso sono presenti icone e box per i commenti, quindi è consigliabile evitare di collocare in quel punto testi o altre informazioni importanti che sarebbero nascoste.
La sezione news di Facebook, Instagram e LinkedIn predilige il formato orizzontale – 1920×1080 pixel. Su Facebook e Instagram funziona anche il formato quadrato: 1080×1080 pixel.
Per quanto riguarda la lunghezza del video, salvo tenere presenti i limiti tecnici imposti dalle diverse piattaforme, non esiste una ricetta univoca. Tendenzialmente un video breve – dai 30 secondi al minuto e mezzo – ha più probabilità di essere visto fino in fondo rispetto a video più lunghi. Ma tutto dipende dalla capacità di mantenere alta l’attenzione di chi guarda il video. In questo senso oltre agli espedienti narrativi può essere utile variare le inquadrature e le immagini per mantenere ritmo.
Per quanto riguarda le piattaforme i limiti di durata al momento sono:
- YouTube: gli account verificati possono caricare video da minimo 33 secondi fino a 128 GB o 12 ore
- Instagram: sul feed possiamo caricare video fino a 60 secondi. Su IGTV la durata minima è 60 secondi, la durata massima è di 15 minuti se il video viene caricato da mobile, 60 se viene caricato da desktop. Quando carichiamo un video su IGTV i nostri follower vedranno i primi 60 secondi su Instagram e potranno cliccare sul pulsante per visualizzare il video completo su IGTV. Nelle stories la durata massima è di 15 secondi. I video di durata superiore saranno suddivisi in più clip.
- Facebook: per i video la durata massima è di 120 minuti o 4 GB, per le dirette la durata massima è di 8 ore. I video nelle storie possono avere una durata massima di 20 secondi.
- Linkedin: la durata massima è di 10 minuti per un massimo di 5 GB. La trasmissione di video in diretta al momento non è disponibile per tutti gli utenti, può essere richiesta compilando un form.
- Twitter: la durata massima dei video è di 140 secondi.
Infine teniamo presente che molti utenti vedono i video senza attivare l’audio. Per questa ragione è importante che il video sia concepito in modo da far capire di cosa parla anche senza ascoltare l’audio. Nei casi in cui è previsto il parlato è utile inserire i sottotitoli. Piattaforme come YouTube e Facebook includono già una funzione di generazione automatica dei sottotitoli. Una volta generati in modo automatico possono essere corretti a mano. YouTube permette anche di esportare i sottotitoli per poterli eventualmente inserire su altre piattaforme.
Video per la sanità: i formati
Quali video può realizzare una realtà del mondo sanitario per raccontarsi, far conoscere i propri servizi e diffondere informazioni utili? Diego Fontana identifica diverse tipologie di video, alcune specifiche dell’universo digitale.
Nato per la tv, il formato dello spot può trovare piena cittadinanza anche nel digitale. Pensiamo ad esempio all’esigenza di lanciare una campagna di prevenzione o un nuovo prodotto o servizio. In questo tipo di video è fondamentale la brevità: il formato standard è di 30 secondi e non si va mai oltre i 60 secondi. L’obiettivo è mettere al centro le persone e emozionarle: evitiamo le auto celebrazioni, partiamo dalle difficoltà concrete del nostro pubblico.
Lifespan racconta frammenti di vita quotidiana, istanti di un oggi che, attraverso le cure, si impegna a far accadere anche domani, in tutta la sua forza di incredibile vita che scorre.
Hospital for Special Surgery ad esempio realizza un video che gioca su ritmo e musica per mostrare persone di tutte le età che si muovono e fanno attività fisica. Perché… come ti muovi dice chi sei e come ti muovi è la ragione per la quale noi siamo qui.
I video corporate, in cui è l’azienda o l’organizzazione che si racconta, possono essere utili in alcune circostanze, evitando però il rischio di cadere dell’autoreferenzialità e puntando sulla narrazione anziché sulla semplice descrizione. Una casa di cura, ad esempio, potrebbe realizzare un video di questo tipo per presentarsi ai potenziali pazienti. Un sindacato di medici attraverso la narrazione della propria storia e dei propri valori potrebbe promuovere l’identificazione degli associati e il senso di comunità e condivisione.
Main Line Health racconta la propria visione della cura mettendo al centro il paziente, in un video che coinvolge ed emoziona.
UPMC racconta i valori che pone alla base delle cure in uno spot che punta a emozionare, oltre che informare.
Nel digitale secondo Fontana possiamo individuare alcune tipologie specifiche di video.
I video-selfie in cui una persona si inquadra e riprende se stessa. Anche in questi video è importante la progettazione e anche in questi video possiamo ricorrere allo storytelling per raccontare una storia avvincente in cui il pubblico possa riconoscersi
Mikhail Varshavski, meglio conosciuto come doctor Mike, è un medico di medicina generale seguito sui social media da 8 milioni di persone. Il suo canale YouTube conta oltre 5 milioni di iscritti. Condivide regolarmente video attraverso rubriche che spaziano dai meme al fact checking, dalle domande dei pazienti ai consigli sulla nutrizione, alla condivisione di aspetti della sua vita privata. Lo stile giovane, l’ironia e l’interazione costante con i pazienti ne fanno un esempio di medico che attraverso i video è riuscito a creare un rapporto di vicinanza e complicità con le persone.
Le dirette: trasmettono la sensazione di immediatezza che solo la ripresa in tempo reale può dare. Offrono inoltre la possibilità di interagire direttamente con l’autore, ad esempio su temi di attualità, creando vicinanza tra l’esperto e in pubblico. Da questo punto di vista anche una certa dose di imperfezione del video può contribuire a trasmettere una maggiore autenticità.
Ad esempio VCU Health, network ospedaliero statunitense, trasmette regolarmente delle dirette sulla propria pagina Facebook per informare il pubblico circa patologie e trattamenti.
Le stories: contenuti che vengono condivisi su Facebook e Instagram per 24 ore e trasmettono appunto l’idea del racconto istantaneo. Anche per le stories è importante creare un piano editoriale immaginando delle rubriche tematiche. Non bisogna inoltre cadere nella tentazione dell’autoreferenzialità: al centro deve esserci sempre il nostro pubblico, con i suoi problemi e sogni. Cerchiamo di coinvolgere direttamente le persone alle quali ci rivolgiamo, sia attraverso domande e sondaggi, sia chiedendo loro contributi che possiamo condividere sui nostri canali. Teniamo presente la possibilità di inserire pulsanti call to action per invitare le persone a visitare il nostro sito.
Lara Devgan è un chirurgo plastico di New York che sui Instagram viene seguita da oltre 200mila persone. Attraverso le stories di Instagram racconta i suoi interventi e ne mostra i risultati.
C’è addirittura chi ha deciso di sbarcare su TikTok, social media delle nuove generazioni. Danielle Jones, ginecologa texana molto attiva sui social, ha deciso di aprire un canale su TikTok per raggiungere il pubblico più giovane con pillole di educazione sessuale. Attualmente il canale @mamadoctorjones conta oltre 200mila follower, con video che arrivano a sfiorare le 700mila visualizzazioni.
I video tutorial: possiamo partire dalla spiegazione di un prodotto o servizio, oppure possiamo partire dal bisogno della persona e illustrare le soluzioni.
È il caso di Lifespan Health System, che sul proprio canale YouTube realizza una serie di video con consigli medici.
I video animati: sono utili per spiegare concetti complessi o numeri mantenendo alta l’attenzione. Non permettono invece di trasmettere emozioni legate al calore umano.
Ad esempio il Dipartimento della salute del governo australiano ha utilizzato un video animato per illustrare il funzionamento del servizio di Health Care home.
Per approfondire
- Diego Fontana, Screen. Scrivere video per comunicare, Franco Angeli, 2018
- Antonio Meraglia, Video marketing strategico. Le tecniche più appropriate per produrre video realmente efficaci, Flaccovio Editore, 2018
- Andrea Fontana, Storytelling d’impresa, Hoeply, 2016
- Andrea Fontata, Storie che incantano. Il lato narrativo dei brand, ROI edizioni, 2018