I servizi di welfare soffrono in molte parti d’Italia e il gap, tra bisogni e capacità di spesa pubblica, sembra destinato ad accrescersi, a quanto risulta se mettiamo assieme diversi studi.
Una soluzione può venire dai Pay for success bond, strumenti finanziari innovativi dove il privato può sopperire al gap di spesa pubblica. Prima di analizzare in che modo potrebbero attecchire in Italia, ricordiamo che nell’ultimo rapporto sul coordinamento della finanza pubblica[1], presentato lo scorso aprile, la Corte dei Conti traccia uno scenario in chiaroscuro per la sanità italiana. Nel 2016 la spesa sanitaria è cresciuta di circa l’1 per cento a fronte di una riduzione, in termini reali tra il 2009 e il 2015, delle risorse destinate alla sanità in media di 1,1 punti all’anno a fronte di un aumento dello 0,8 in Francia, dell’1,2 in Olanda, del 2 in Germania. Ne derivano divari consistenti sia in termini pro capite che in percentuale del prodotto interno lordo, entrambe molto al di sotto della media europea.
Inferiori alla media UE e certamente in diminuzione sono anche gli investimenti, -38,3 per cento tra il 2013 e il 2016, con il serio rischio e difficoltà di garantire livelli di assistenza e qualità dei servizi offerti adeguati e competitivi. Il rapporto della Corte dei Conti segnala, infatti, che, ad esempio, l’assistenza domiciliare agli anziani e la gestione delle patologie croniche mostrano un’offerta gravemente disomogenea sul territorio nazionale con grossi ritardi da parte delle regioni del meridione d’Italia. Tuttavia il dato ancora più interessante che il report segnala appare il seguente “delle quattro regioni considerate tra le migliori per quanto riguarda l’offerta dei servizi sanitari (Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto) si ha il livello di spesa privata per abitante più alta, per un importo doppio rispetto alle regioni a minor capacità di spesa privata (Campania, Sardegna, Calabria, che sono anche quelle con il minore livello quali-quantitativo di servizi SSN). Sembra, pertanto, corretto ritenere che l’attuale struttura di assistenza sanitaria, anche ove al di sopra degli standard minimi richiesti, non sia sufficiente a rispondere ai bisogni di una popolazione sempre più anziana, affetta da cronicità e con oltre 2,5 milioni di non autosufficienti”.
Del resto anche il rapporto della Social Impact Investment Task Force sulla finanza sociale innovativa[2] segnala l’esistenza di un gap tra spesa pubblica necessaria e spesa pubblica sostenibile. Tale rapporto parte dall’assunto che qualora i bisogni sociali siano soddisfatti da un tasso di crescita della spesa pubblica pari a quello medio registrato negli anni pre-crisi (1997-2007), e ipotizzando un valore di spesa pubblica sostenibile allineato a quello registrato nel 2013, il gap tra bisogni sociali e spesa pubblica, per il periodo 2014-2020, sarebbe di circa 150 miliardi di euro!
I settori maggiormente interessati dal gap “bisogno-spesa” sono salute, disabilità, supporto alla famiglia e alla natalità, housing ed esclusione sociale con una estrema urgenza di trovare nuovi modelli di funding, di sostenibilità e interazione feconda tra pubblico e privato.
A tal proposito i pay for success bond sembrano essere strumenti di interazione pubblico-privata innovativi e sperimentali al fine di finanziare servizi riguardanti la sanità e il welfare. Con tali strumenti la remunerazione del capitale investito da parte del privato viene infatti agganciata al raggiungimento di un certo risultato socio-economico che può essere tradotto in un risparmio per l’intera società. Nel caso in cui questi risultati siano effettivamente raggiunti e verificati da un valutatore indipendente, allora la PA ripagherà gli investitori privati che, di fatto, hanno anticipato il finanziamento per testare l’efficacia del progetto, riducendo per la PA stessa il rischio d’investimento. Tale meccanismo prevede remunerazioni del capitale a livelli superiori rispetto a quelli di mercato essendoci il rischio, per l’investitore privato, di perdere totalmente l’investimento fatto qualora non raggiunga gli obiettivi prefissati.
Gli strumenti pay for success sono abbastanza diffusi in Europa ed anche in Italia cominciano a diffondersi con il primo progetto nazionale, promosso da Fondazione CRT e Human Foundation, di reinserimento sociale e lavorativo delle persone detenute.
L’ulteriore diffusione di tali strumenti, in particolar modo nel dominio sanità-welfare, è tuttavia vincolata ad una serie di fattori tanto legislativi quanto culturali:
- necessario promuovere interventi legislativi e normativi di semplificazione e sburocratizzazione degli strumenti pay for success. Appare inderogabile infatti armonizzare le norme sul procurement, sulla contabilità pubblica e sull’incentivazione del terzo settore al fine di costruire spazi di sperimentazione di questi strumenti
- agevolare grazie a defiscalizzazione e/o fiscalità compensativa sottoscrittori e investitori di strumenti e prodotti finanziari a vocazione sociale
- creare piattaforme di buone pratiche e di condivisione di esperienze in tema di impact finance, misurazione degli impatti, framework e indicatori.
- creare un repository di evidenze scientifiche e use case potenziali in ambito socio-sanitario a cui applicare gli strumenti di finanza sociale (a tal proposito appare interessante e replicabile il social impact bond israeliano sulla prevenzione del diabete[3])
- istituire un albo di organizzazioni in grado di finanziare, erogare e valutare il successo di iniziative ed interventi con l’iscrizione subordinata a vincoli di certificazione di skills e solidità sociale, etica ed economica
Accanto a tali fattori appare altrettanto ineludibile che la pubblica amministrazione si doti delle giuste sensibilità e competenze in grado di promuovere tali iniziative. Ma questa delle competenze nella PA è veramente un’altra storia.