comunicazione social

YouTube, perché le fake news sul vaccino anti covid-19 hanno più successo? Lo studio

Uno studio dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri conferma come la comunicazione social delle istituzioni e delle agenzie di stampa tradizionali sembra essere meno attraente rispetto a quella operata da categorie di utenti, spesso privi di solide basi scientifiche, che veicolano fake news. Ecco perché

Pubblicato il 22 Nov 2021

Eugenio Santoro

Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

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Tra i video maggiormente visti su YouTube che hanno come argomento il vaccino anti covid-19 quelli prodotti dalle istituzioni sono una minoranza, sono poco visti e producono un basso livello di engagement, al contrario di quelli prodotti da utenti privati, spesso caratterizzati da una posizione critica contro il vaccino.

Sono i risultati principali di uno studio condotto dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, appena pubblicata sulla rivista Ricerca&Pratica.

Le fake news sul vaccino diventano un business internazionale: i casi

Vaccino anti-Covid e comunicazione: lo studio

L’obiettivo dello studio era di descrivere la tipologia di comunicazione del vaccino anti Covid-19 veicolata in Italia attraverso YouTube, identificando le differenti tipologie di utenti creatori di questi video, valutandone il contenuto in base alla posizione a favore o contro la vaccinazione, misurandone “l’engagement” generato dagli utenti che ne hanno preso visione, e confrontando l’engagement generato dai video prodotti dalle fonti istituzionali rispetto a quello generato da fonti meno accreditate al fine di identificare modelli di comunicazione premiati dal pubblico.

Per farlo abbiamo individuato i primi 120 video italiani più popolari presenti su YouTube che riguardavano la vaccinazione anti covid-19, li abbiamo analizzati e per ciascuno di essi abbiamo estratto alcune informazioni quantitative come il numero di visualizzazioni, il numero di commenti e il numero di like e dislike ottenuti, la reazione e l’engagement generato (per quest’ultimo si è fatto riferimento al fattore VPI -Video power index).

I video sono stati inoltre classificati in base alla tipologia di utente che li aveva prodotti e alla posizione a favore o a sfavore nei confronti del vaccino.

I risultati

I risultati ottenuti sono stati interessanti. Abbiamo scoperto che il 67% dei video è pubblicato da agenzie giornalistiche e di stampa (che comprendono canali televisivi, giornali o siti di news online), il 7% da fonti istituzionali (comprendenti Ministeri, organizzazioni governative, ospedali e cliniche tramite i loro uffici stampa), il 3% da operatori sanitari (in particolare medici) e il 23% da utenti privati (cioè tutti coloro che non rientrano nelle categorie precedenti). Il 57% dei video erano a favore dei vaccini e delle vaccinazioni anti Covid-19, il 17% contrari e il 26% neutri. I video generati da utenti privati, oltre a essere presenti in numero elevato tra quelli più popolari, hanno ottenuto una diffusione e livelli di engagement maggiore rispetto ai video prodotti e diffusi dalle istituzioni. Lo stesso si può dire dei video che si oppongono ai vaccini e alle vaccinazioni, i quali hanno ottenuto maggiore visibilità e maggiori reazioni rispetto ai video ad essi favorevoli.

Incrociando la tipologia di autore e la propria posizione nei confronti delle vaccinazioni espressa attraverso i video pubblicati, sono emersi alcuni dati interessanti. Se da un lato gli autori istituzionali hanno espresso nei confronti del vaccino un parere favorevole in tutti i video esaminati, tra gli autori privati il sentimento favorevole rappresentava il 20% dei video, mentre quello sfavorevole contraddistingueva oltre la metà dei video (54%) pubblicati da questa categoria di utenti, con circa uno su 4 dei video (il 25%) che assumeva una posizione neutrale. I video pubblicati dalle agenzie giornalistiche e di stampa (65%) erano più orientati a una posizione favorevole nei confronti dei vaccini, mentre il 29% aveva riportato una posizione neutra e il 6% una sfavorevole.

Per quanto riguarda l’engagement prodotto, i video degli autori privati hanno ottenuto un numero medio di visualizzazioni doppio rispetto alle categorie concorrenti, un numero di like dieci volte superiore e un numero di commenti doppio. Ciò ha contribuito ad aumentare il loro valore di engagement, risultato superiore a quelli ottenuti dai video prodotti dalle altre categorie (due volte superiore al valore ottenuto dai video delle agenzie giornalistiche e oltre sette volte superiore a quello ottenuto dai video prodotti da autori istituzionali).

Perché le fake news hanno più successo?

Il nostro studio sembra confermare quanto osservato in altri studi condotti sulla comunicazione di altri tipi di vaccinazioni: la comunicazione attivata sulle piattaforme di social media dalle istituzioni e dalle agenzie di stampa tradizionali sembra essere meno attraente e pervasiva rispetto a quella operata da altre categorie di utenti, spesso privi di solide basi scientifiche, favorendo così la diffusione di fake news. Lo scarso engagement e il riscontro prevalentemente negativo ottenuto dalle istituzioni si può probabilmente spiegare chiamando in causa una diffusa sfiducia da parte del pubblico nelle istituzioni e nei professionisti della comunicazione (e della salute).

Conclusioni

Cosa si può fare? Intanto attivare iniziative volte ad aumentare la fiducia nelle istituzioni. In secondo luogo, migliorare la comunicazione della salute su YouTube (e su tutti i social media) attraverso un’opera di formazione delle istituzioni mediche, dei medici (sempre più spesso invitati a confrontarsi su queste tematiche sui nuovi media) e, ancora meglio, di esperti nella comunicazione scientifica (non necessariamente appartenenti al campo medico) ma con le giuste competenze per spiegare e informare il grande pubblico in modo chiaro. Di occasioni ce ne sono molte. Master universitari di comunicazione della scienza e della salute, corsi universitari, corsi ECM, corsi per giornalisti, corsi di approfondimento per comunicatori scientifici come quelli che l’Istituto Mario Negri organizza ormai da 8 anni. C’è solo l’imbarazzo della scelta.

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