Questo Governo non sta smontando l’alternanza scuola-lavoro. Stiamo anzi rilanciando un metodo formativo che riteniamo fondamentale. Puntando a garantire maggiore qualità e uniformità su tutto il territorio nazionale, per fornire ai nostri giovani strumenti qualificati che consentano loro di arrivare preparati al momento delle scelte importanti.
Perché cambiare l’alternanza scuola-lavoro
Lo abbiamo deciso perché è dietro ai banchi di scuola che ciascun ragazzo comincia a immaginarsi nel futuro. Che scopre le proprie ambizioni, abilità e attitudini. Che inizia a misurarsi con il mondo che sta fuori e a fare quelle scelte che cambieranno il corso della sua vita. Proprio per questo abbiamo deciso di intervenire mettendo mano al capitolo alternanza scuola-lavoro.
Un’esperienza che esiste nelle nostre scuole dal 2005, ma che nel 2015 è stata resa obbligatoria senza un piano di attuazione capace di tenere conto delle diversità delle scuole, sia dal punto di vista degli indirizzi di studio che dei contesti in cui operano. È partita così la corsa al completamento del monte orario minimo. Una pratica svilente che ha messo in difficoltà persino chi aveva una tradizione in tal senso.
Un approccio più graduale e meno calato dall’alto avrebbe sicuramente giovato. Anche rispetto all’impatto di questa novità sulla pubblica opinione. L’alternanza, da buona pratica ed elemento strategico per la formazione, è diventata infatti oggetto di attenzioni negative e proteste. Anche delle famiglie, preoccupate dal possibile sfruttamento occulto dei ragazzi.
Il nostro obiettivo non è distruggere l’alternanza o eliminarla. Come sostengono alcuni. L’alternanza c’è e ci sarà. Con la legge di bilancio faremo una operazione semplice, ma necessaria: ridurremo le ore obbligatorie, calibrandole in base al percorso di studi. E saranno ore minime. Non massime. Chi vorrà potrà ovviamente aumentarle, raddoppiarle o anche triplicarle. Quella che però andrà garantita sarà la qualità dei percorsi. Meno ore – che comunque non saranno poche, chi parla di cancellazione, lo ripeto, dice il falso – significa più possibilità di seguire bene la progettazione e l’esecuzione di queste iniziative.
Che dovranno rimettere al centro le competenze. Per questo cambieremo nome all’alternanza. Quello attuale sottintende una distanza fra i due mondi, che invece sono vicini. E il punto di contatto sono proprio le competenze.
Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento
Avremo perciò “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”, ovvero spazi innovativi e non convenzionali per “fare scuola”. Non forme di sfruttamento o apprendistato occulto. Dovranno essere occasioni per sviluppare e acquisire competenze “sul campo”. Per comprendere i meccanismi del mondo del lavoro, spesso completamente estraneo ai ragazzi, per orientarsi nel futuro con consapevolezza e spirito critico. Saranno percorsi dove i nostri giovani potranno misurarsi con sé stessi, in un contesto diverso da quello dell’aula. Le scuole avranno più autonomia nella definizione dei progetti, per andare incontro alle esigenze dei giovani e per trovare rispondenza con i territori di riferimento.
Verso nuove linee guida
Stiamo lavorando anche all’elaborazione di nuove Linee Guida per fissare con più precisione regole e responsabilità, snellire le procedure burocratiche e le azioni ridondanti. Così potremo portare avanti un monitoraggio puntuale e costante di questi percorsi ed evitare malfunzionamenti. Lo stiamo facendo insieme agli studenti, al Ministero. Insieme al Sottosegretario Giuliano, vogliamo che siano coinvolti da subito.
Quello che intendiamo fare è rilanciare un metodo formativo che riteniamo fondamentale. Puntando a garantire maggiore qualità e uniformità su tutto il territorio nazionale.
La tecnologia alleata dell’apprendimento
E non ci stiamo fermando a questo. Stiamo utilizzando in modo strategico le risorse a disposizione per innovare il sistema. Abbiamo da poco stanziato 35 milioni di euro per la scuola digitale: 22 di questi serviranno a creare ambienti didattici innovativi e tecnologicamente all’avanguardia. Lo spazio in cui i ragazzi studiano influisce sul loro apprendimento. All’interno dei nostri istituti, i giovani devono acquisire strumenti per accogliere il cambiamento e governarlo. E la tecnologia può essere una loro alleata. Questo è tanto più vero e importante in territori difficili, svantaggiati. È per questo che destineremo 2 milioni di euro di risorse aggiuntive per le scuole delle aree a rischio: dobbiamo consentire l’accesso a una formazione di qualità ovunque in Italia, incidendo in maniera significativa dove c’è più bisogno.
Ci saranno poi fondi per l’aggiornamento dei docenti e per potenziare le competenze degli studenti sulle metodologie didattiche.
Crediamo che la scuola possa e debba dare sostanza ai sogni dei ragazzi. Attraverso conoscenze e competenze. Attraverso uno sguardo aperto e critico su ciò che si trova fuori dalle quattro mura della classe. Solo così possiamo rendere i giovani veramente liberi di intraprendere la strada che ritengono più giusta per loro.