All’avvicinarsi della conclusione dell’anno scolastico è consuetudine a scuola fare bilanci sull’andamento delle iniziative e dei progetti, anche in vista di possibili correttivi e miglioramenti per l’anno a venire. Questo accade di norma nella singola istituzione scolastica, dove il dirigente presenta al Consiglio di Istituto una relazione sulla direzione e il coordinamento dell’attività formativa, organizzativa ed amministrativa per “garantire la più ampia informazione e un efficace raccordo per l’esercizio delle competenze degli organi della istituzione scolastica”.1 Con lo stesso intento di fare un primo bilancio, focalizzato sul Piano Nazionale Scuola Digitale, dopo 20 mesi dall’avvio il MIUR ha organizzato lo scorso 26 luglio un evento a Roma, che al di là della retorica celebrativa ha avuto il merito di tentare di colmare la lacuna, fattasi ormai troppo evidente, di rendicontazione al Paese dello stato di realizzazione degli obiettivi connessi all’ingente investimento di risorse. Si tratta di oltre un miliardo di euro derivanti da diverse fonti di finanziamento (i Fondi stanziati dalla legge “La Buona Scuola”2, quelli previsti dalla programmazione europea, attraverso il PON “Per la Scuola” 2014-2020, e altri fondi MIUR) che entro il 2020 dovranno “portare definitivamente l’educazione italiana nell’era digitale”.3
Senza timore di smentita, mai prima d’ora un così grande impegno e tante risorse erano state investite nel miglioramento della scuola in direzione della trasformazione digitale, se si considera che ai fondi citati se ne aggiunge un quantitativo analogo destinato al finanziamento del Piano Triennale di Formazione 2016-2019, sempre previsto dalla Legge 107, che in parte insiste sulla stessa finalità. Dunque gli strumenti stavolta ci sono, c’è la volontà e ci sono le risorse, e sarebbe colpevole perdere l’occasione centrando adeguati risultati. Anche perché risulta sempre più evidente l’incapacità del sistema educativo di rispondere alle istanze provenienti dalla società e dal mondo del lavoro.
Lo scorso 24 luglio, in occasione della presentazione del 48° Rapporto “Il digitale in Italia” di Assinform e Confindustria Digitale è emersa ancora una volta la richiesta crescente di professionalità necessarie per la trasformazione digitale del Paese, che non sono tuttavia rintracciabili. A fronte della crescita del mercato digitale e della spinta all’innovazione che riguarda tutti i settori dell’economia, nel triennio 2016-2018 lo studio evidenzia la mancanza di 85.000 specialisti nella gestione dei dati, nella sicurezza informatica, esperti di IoT, di media digitali e sviluppatori di applicazioni mobile. L’investimento sulla formazione deve, quindi, andare di pari passo a quello dell’ammodernamento della scuola e della Pubblica Amministrazione in generale che, ha affermato Elio Catania, è troppo lenta nella sua trasformazione digitale.
Questa criticità è confermata anche dal report conclusivo dell’edizione 2016-17 della ricerca dell’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano diffusa lo stesso 24 luglio, che per il sesto anno consecutivo ha monitorato il processo di semplificazione e digitalizzazione intrapreso dalla Pubblica Amministrazione Italiana. Il report sintetizza i principali risultati rilevati e riporta, tramite la forma di casi studio, esperienze significative realizzate da Comuni, Regioni e Scuole negli ambiti oggetto della ricerca. “L’eGovernment italiano cresce ma mostra ancora un quadro a luci e ombre, con una forte frammentazione delle iniziative di innovazione, scontando la mancanza di un coordinamento strutturato di progetti e investimenti, la carenza di competenze specifiche e la scarsa capacità di fare rete tra gli enti locali, che mostrano difficoltà a stabilire partenariati per accedere ai finanziamenti europei e in pochi casi fanno “riuso” dei software tra PA.”
L’approfondimento sulla situazione della scuola, realizzato in collaborazione con l’ANP, era stato già presentato a marzo alla presenza della Ministra Fedeli a Roma. In quell’occasione era già emerso come nelle scuole italiane si riscontri un buon livello di digitalizzazione dei processi amministrativi e gestionali, con il 75% degli istituti che ha digitalizzato in parte o completamente i processi primari (gestione delle classi, delle iscrizioni, del rilascio dei diplomi o delle comunicazioni scuola–famiglia) e quelli di supporto (gestione della documentazione del personale, dell’organico docenti e personale ATA, delle supplenze …). Era apparsa tuttavia ancora immatura la diffusione delle tecnologie nell’attività didattica, dal momento che risultavano utilizzate in larga scala solo le dotazioni minime, come la connessione Internet in classe, la LIM, i PC e Tablet personali forniti in alcuni casi dalla scuola. Già in quell’occasione, dunque, era molto chiaro come per favorire l’adozione del digitale a tutti i livelli sia cruciale lo sviluppo delle competenze del personale, che permettono l’introduzione degli strumenti tecnologici più avanzati in grado di accompagnare l’innovazione del mondo scolastico.
Il quadro che emerge dai primi risultati dell’Osservatorio Tecnologico MIUR presentati nell’evento recente (a rispondere sono state al momento solo 3500 delle circa 8200 istituzioni scolastiche) conferma quanto già ricordato e rilevato in precedenza. Emerge, dunque, la necessità di correggere il tiro specie per quanto riguarda il coordinamento della formazione del personale e il monitoraggio delle azioni, così da potenziare l’efficacia complessiva del Piano nel suo insieme, assicurando il migliore utilizzo dei fondi. Va accolto sicuramente con favore l’annuncio delle azioni future: centoquaranta milioni di euro per i laboratori professionalizzanti in chiave digitale; 15 milioni per estendere il registro elettronico a tutte le classi del primo ciclo; 2,5 milioni per la creazione di ambienti didattici innovativi contro la dispersione scolastica nelle scuole delle periferie. Oltre ai nuovi investimenti, è prevista l’attivazione di tre gruppi di lavoro per portare le competenze digitali in modo strutturale negli ordinamenti scolastici attraverso la revisione delle indicazioni nazionali, la mappatura d’uso delle nuove metodologie didattiche, l’intervento sui provvedimenti che regolano attualmente l’uso dei device personali in classe.
C’è, però, un intervento strutturale di assoluta urgenza del quale non si è parlato lo scorso 26 luglio all’evento sulla digitalizzazione della scuola, e che invece sta diventando prioritario per il funzionamento complessivo del sistema e per la qualità del lavoro di ciascuna istituzione scolastica. Si tratta della totale inadeguatezza del sistema informativo del MIUR, il SIDI, attraverso il quale vengono realizzati tutti i procedimenti amministrativi della scuola e che non è più in grado di assolvere a tutte le esigenze. Ciò rende necessaria l’adozione onerosa di altri applicativi da parte della scuola con conseguente frammentazione e duplicazione delle procedure. A ciò va aggiunta la debolezza dell’infrastruttura, non in grado di reggere il traffico e l’intensità d’uso ormai necessaria.
La stessa amministrazione non è in grado, come dovrebbe per realizzare una governace efficace, di avere immediata contezza dei dati amministrativi e contabili delle diverse istituzioni scolastiche e procede con continui monitoraggi e richieste alle scuole (ne sono stati stimati circa 60 in un anno) appesantendo inutilmente il lavoro dei dirigenti e delle segreterie, quando invece si potrebbe rendere tutto molto semplice attraverso un’appropriata digitalizzazione. La criticità si è evidenziata in modo inequivocabile più di una volta nelle ultime settimane, attraverso il blocco totale in occasione di procedimenti rilevanti quali quelli connessi all’avvio degli Esami di Stato, all’inoltro delle istanze per il rinnovo delle graduatorie di istituto degli insegnanti e anche per la compilazione dello stesso monitoraggio dell’Osservatorio Tecnologico, impossibile per molte scuole che avrebbero voluto contribuire alla rilevazione, nonostante la scelta inappropriata del periodo scelto per la compilazione.
La semplificazione dell’attività amministrativo-contabile attraverso una reale digitalizzazione, rispettosa anche della complessa normativa in materia di flussi documentali, conservazione sostitutiva, sicurezza informatica e privacy, non può essere rimessa all’azione della singola scuola ma deve e può essere realizzata centralmente, attraverso un adeguato uso del cloud e l’integrazione di database centrali e periferici già esistenti.
1 D. Lgs. 165/2001 art. 25 c. 6
2 Legge 107/2015
3 PNSD (Piano Nazionale Scuola Digitale), D.M.851 del 27 ottobre 2015, pag. 128