L’attuazione del piano Scuola 4.0 presuppone un ripensamento non solo degli spazi fisici delle scuole e un potenziamento della strumentazione a disposizione degli alunni, ma anche e soprattutto una ridefinizione dei ruoli del docente e del discente che, attraverso attività cooperative, si riappropria della centralità funzionale nel processo educativo. Il CBL è un approccio che consente di realizzare questo cambiamento di paradigma, potenziando la partecipazione di tutti.
Cos’è il CBL
Nella consuetudine di un insegnamento tradizionale, succede che l’insegnante introduca un argomento con la spiegazione e gli alunni si vedano assegnati compiti a cui si dedicano senza un vero coinvolgimento, in modo quasi meccanico, come per l’assolvimento di un dovere ineluttabile.
La maggior parte delle volte non c’è un aggancio con la realtà, che renda veramente significativo l’apprendimento, pertanto ciò che viene appreso a lezione o con lo studio individuale, spesso non viene ritenuto, perché legato alla motivazione estrinseca che lo vuole funzionale alla risoluzione di un test, alla compilazione di un compito in classe, alla preparazione di un’interrogazione, per l’ottenimento di un voto.
Questo è ancora più vero per quei ragazzi che si trovano in situazioni di disagio o di svantaggio, e che faticano a capire la necessità di studiare alcune discipline che non reputano “attuali” o “funzionali” a quelli che sono i loro interessi e i loro bisogni, che si sentono stretti e costretti in scuole che non hanno scelto di frequentare o a cui si sono iscritti solo in attesa di raggiungere l’età dell’assolvimento dell’obbligo .
Il Challenge Based Learning, ovvero l’Apprendimento Basato sulle Sfide, può essere particolarmente efficace proprio per loro, perché cerca di sollecitare anche e soprattutto una motivazione intrinseca, che gratifichi per il solo fatto di aver lavorato con impegno, di aver provato passione per il lavoro, di aver saputo lavorare con gli altri, di aver trovato una propria dimensione all’interno del gruppo-classe e cerca di coinvolgere direttamente gli alunni nella ricerca di soluzioni a problemi reali e concreti, grazie all’attivazione di una “sfida” che innescherà un processo di apprendimento complesso e articolato, ma di sicura efficacia.
Il CBL quindi, come approccio salvifico per gli alunni difficili? Sicuramente se funziona per loro, sarà ottimo ed efficace per tutti. Non è certo la panacea per le difficoltà di chi è in prima linea ad affrontare alunni demotivati, apatici, svogliati e disattenti perché non provano interesse per ciò che la scuola propone loro, ma è sicuramente più motivante di un insegnamento di tipo tradizionale, e può dare grandi soddisfazioni e gratificazioni agli alunni e, di conseguenza, ai docenti.
Questo tipo di approccio presuppone che il docente divenga un co-progettista dell’apprendimento[1], che sappia mettere a disposizione degli alunni le risorse necessarie per raggiungere il loro scopo; parliamo di co-progettista perché gli alunni sono invitati a prendere parte a tutte le fasi di “costruzione” dell’apprendimento, non solo all’esecuzione dei compiti, ma anche alla progettazione del percorso di ricerca.
La metodologia del CBL è stata sviluppata da Apple nel Progetto “Apple Classrooms of Tomorrow-Today[2]” con lo scopo di progettare nuovi approcci e ambienti per integrare l’acquisizione delle competenze fondamentali per il XXI secolo. Un apprendimento esperienziale che stimoli gli alunni a mettersi in gioco, in piccoli gruppi, per risolvere sfide legate alla realtà che li circonda, attraverso un percorso strutturato che li porti a proporre soluzioni frutto di un processo di riflessione e confronto.
Tratto da: https://digitalpromise.org/initiative/next-generation-science/cbl-ngss/
Come si struttura il CBL
Le fasi del CBL sono tre, strettamente collegate fra di loro:
- Engage: la messa alla prova su sfide reali e significative per sé e la propria comunità e che, per la loro peculiarità e autenticità, rafforzano il senso di appartenenza al gruppo;
- Investigate: la ricerca di soluzioni originali e innovative, grazie al contributo di tutti i componenti del gruppo;
- Act: la creazione di prototipi che rispondano alla sfida in modo concreto, sostenibile ed efficace.
A differenza di metodologie che hanno con esso molti punti in comune, quali il Project Based Learning o il Problem Based Learning, che saranno oggetto dei prossimi articoli, il Challenge Based Learning pone l’accento sulla sfida finale, che mette a confronto le soluzioni trovate dai vari gruppi, decretando un vincitore. Dunque è la competizione, lo scopo del Challenge Based Learning? In realtà la competizione, che può essere un elemento di motivazione per gli alunni, consente agli stessi di ricevere importanti feedback sul loro lavoro, che potrà così essere rivisto, modificato, integrato e perfezionato, perché entri a far parte di un repertorio di soluzioni che potranno essere riprese e utilizzate successivamente, attraverso una mostra collettiva, una esposizione, un ebook ecc., facendo sentire così a tutti i gruppi che il loro lavoro seppure non vincente nella competizione, non è stato vano.
Il percorso di costruzione della sfida – e della conoscenza, oltre che dell’acquisizione di importanti competenze trasversali – si articola in cinque steps in cui il ruolo degli alunni è fondamentale:
- Macro-idea: Docente e alunni concordano, attraverso un’attività di brainstorming o una discussione guidata, la tematica principale del Challenge, rilevante per la comunità, ad esempio uno dei sotto-obiettivi dell’Agenda 2030, quale potrebbe essere l’ Obiettivo 12 Consumo e Produzione Responsabili – Sotto-obiettivo 12.5: Entro il 2030, ridurre in modo sostanziale la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclo e il riutilizzo. Una specie di sfondo su cui si andrà ad incastonare la
- Domanda essenziale: più circoscritta e puntuale, è legata alla realtà (personale, sociale, scolastica, territoriale) degli alunni ed è la situazione problematica a cui la sfida intende trovare una soluzione. Non deve essere una domanda a cui si può rispondere sì o no, altrimenti la sfida non si attiva. Per rimanere nell’esempio precedente, potrebbe essere: Come possiamo ridurre la produzione di rifiuti in classe?
- Sfida: i partecipanti, divisi in gruppi, attraverso domande, risorse e attività volte, ad esempio a scoprire lo stato dell’arte rispetto al problema, le soluzioni già sperimentate altrove, le testimonianze di esperti nel settore, la ricerca di strumenti di rilevazione ecc. portano avanti un percorso che preveda la documentazione, la condivisione, la riflessione e la messa in discussione di quanto viene messo in luce di volta in volta.
- Soluzione: i gruppi predisporranno un prototipo, il più congeniale alla soluzione proposta (infografica, podcast, diorama, scenario virtuale,ecc.) e struttureranno una presentazione della stessa, cercando di mettere in luce gli elementi di efficacia e innovatività del proprio prodotto. Le soluzioni verranno inizialmente sottoposte al vaglio degli altri gruppi, per acquisire un primo feedback che consenta una messa a punto della soluzione proposta, per passare poi alla
- Valutazione delle soluzioni da parte di una giuria di esperti che decreterà il vincitore, sulla base di criteri prestabiliti, tra cui, come detto, sostenibilità e fattibilità, innovatività e originalità, efficacia e così via.
Quali sfide possono “ingaggiare” gli studenti
Sicuramente molti dei sotto-obiettivi dell’Agenda 2030 e non solo i tre-quattro Obiettivi di cui la scuola di solito si occupa, si prestano benissimo a fare da Macroidee, per localizzare, poi, in un’area più prossima agli alunni, la situazione problematica che genererà la sfida. Ma anche tutte gli argomenti che di solito vengono affrontati per Educazione Civica, per l’Educazione Sociale ed Emotiva, per l’approccio al patrimonio culturale o come temi trasversali per le varie discipline possono fornire spunti interessanti. Anche una semplice chiacchierata con gli alunni su qualche evento di cronaca o di costume, o su qualche criticità rilevata nel loro gruppo o quartiere può dare il via a ricerche interessanti e coinvolgenti.
Sicuramente il Challenge Based Learning si presta a rivitalizzare ed attualizzare tante Unità di apprendimento che già le scuole predispongono, per far sì che diventino veramente multidisciplinari, autentiche, coinvolgenti.
L’importante è che i gruppi si organizzino in modo cooperativo (come spiegato nel mio precedente articolo sempre su questa testata), e che ciascuno dei partecipanti senta che il suo lavoro può veramente influire in modo positivo sulla problematicità riscontrata.
Imparare a riflettere, a ricercare, ad interagire, a documentare, ad esporre, ad essere flessibili e partecipativi sono tutti piacevoli effetti collaterali di un’attività di Challenge Based Learning che vanno oltre l’apprendimento dei contenuti mutlidisciplinari che comprende.
Il ruolo del digitale
In ognuna delle fasi della Challenge il ruolo del digitale è fondamentale:
- nell’attività di Brainstorming si possono usare App che generano sondaggi, grafici e tabelle;
- nella raccolta delle risorse e della documentazione le lavagne e le bacheche virtuali consentiranno di categorizzare quanto raccolto per renderlo più facilmente utilizzabile, ma anche per creare un archivio indicizzato, utile per velocizzare ed economizzare successive ricerche;
- per la prototipazione della soluzione individuata gli strumenti saranno diversi a seconda del tipo di proposta scelta;
- per la presentazione si potranno utilizzare infografiche, video, fumetti animati, app per lo storytelling ecc.
- per la valutazione potranno essere strutturate rubriche on line che fungeranno anche da guida di riferimento per gli alunni durante le varie tappe del percorso.
A proposito delle App da utilizzare per ogni attività, il mio suggerimento è sempre quello di servirsi dell’encomiabile lavoro dell’Università di Udine, che con la sua Appinventory[3] ha creato un catalogo multimediale di applicazioni categorizzate per funzione, utile e sempre aggiornato.
Conclusioni
Dunque il Challenge Based Learning come approccio che rende significativo l’apprendimento e che migliora il senso di autoefficacia degli alunni, di tutte le età e per tutte le discipline, potrebbe essere adottato da tutta la scuola anche per Progetti di internazionalizzazione o percorsi di PCTO, e, se utilizzato in modo sistematico e organizzato, può essere un valido aiuto per preparare i ragazzi al mondo del lavoro, che richiede, tra le altre cose, flessibilità, capacità organizzativa, pensiero divergente, attitudine alla collaborazione, ricerca dell’innovazione, capacità di analisi e di riflessione, accettazione della sconfitta come stimolo al miglioramento.
Note
- Maina,M., Craft,B., Mor,Y. The Art and Science of Learning design, Sense Publisher, 2015, ↑
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- https://appinventory.uniud.it/ ↑