Le 337 pagine del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresentano un testo cartesiano “chiaro e distinto” animato da una forte tensione riformista.
Si tratta, infatti, di un documento concreto e ben costruito, senza troppi anglismi o tecnicismi, che fissa obiettivi precisi e che definisce le strategie, le metodologie e le poste di bilancio per raggiungerli. Un piano in linea con gli obiettivi europei, da tanti anni evocati su Agendadigitale.eu, e che prova a mettere in linea il nostro paese con il resto del continente.
Digital Learning, la scuola italiana prova a uscire dal guado: i problemi e le sfide
Vediamo i finanziamenti: sono 50 miliardi di investimenti che riguardano la “Missione 1- Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” di cui 10, 95 dedicati alla digitalizzazione della pubblica amministrazione e 33,81 alla “Missione numero 4 – Istruzione e ricerca” di cui 20,89 dedicati alla scuola.
Figura 1 I finanziamenti della missione 1: “Digitalizzazione del PNRR
Figura 2: I finanziamenti della missione 4: “Istruzione e ricerca
Si tratta cioè poco più del 40% dell’intero finanziamento del piano Next Generation Eu che destina all’Italia 191 miliardi di euro (Butti, Messori, 2020).
La digitalizzazione come “abilitatore trasversale” ad ampio spetto
Prendiamo le mosse dalla Missione 1 perché la “digitalizzazione”, in tutti i suoi aspetti, è considerata giustamente da Draghi come “un abilitatore trasversale ad ampio spettro” per il continuo e necessario aggiornamento tecnologico nelle pratiche sociali, nei processi produttivi e per tutte le infrastrutture da quelle energetiche a quelle dei trasporti, (Missioni 2 e 3); la pubblica amministrazione e la scuola, (Missione 1 e 4), la sanità (Missione 6), e per garantire un miglior di equità sociale, e parità di genere (Missioni 5 – Inclusione e coesione sociale).
Nonostante i recenti miglioramenti, l’Italia è ancora in ritardo in termini di adozione e implementazione dell’innovazione tecnologica digitale, come è evidenziato dall’ultimo indice DESI, che vede in nostro Paese al 24° posto fra i 27 Stati membri dell’UE, una posizione davvero non degna di un dei paesi fondatori e più popolosi dell’UE (Švarc, J. Lažnjak, J. and Dabić, M., 2020).
Figura 3 L’Italia 24 su 27 stati dell’Unione nel Digital and Society Index 2020
Il governo intende recuperare il terreno perduto appoggiandosi agli obiettivi recentemente illustrati dalla Commissione Europea nella Comunicazione 2030 Digital Compass nei quattro settori delle: delle competenze digitali, del governo dei processi, delle infrastrutture e delle imprese (Demertzis, M., 2021). Per questo il tema dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione permeano il PNRR in tutte le sue pagine.
Gli interventi di innovazione sulla PA: le precondizioni per la Scuola digitale
Nel piano vengono stanziati 10 miliardi nell’ambito della Missione 1 con l’obiettivo di digitalizzare la Pubblica Amministrazione così come la sua relazione con i cittadini che verrà sempre più mediata da device e App digitali. Il Digital Compass 2030, infatti, stabilisce che deve essere garantita entro il 2030 (Eggers, 2016) a tutti gli europei:
- La piena accessibilità ai servizi della PA attraverso una connettività a 1 Gbps e la piena copertura 5G delle aree più popolose. Il PNRR prevede in questo campo il piano Piano “Italia a 1 Giga” che porterà connettività a circa 8,5 milioni di famiglie e quello “Scuola connessa” per assicurare la connessione in fibra a 1 Gbps ai plessi scolastici che ancora sono sconnessi o connessi con banda insufficiente.
- La trasformazione digitale della PA persegue un approccio orientato alla migrazione dei dati e degli applicativi informatici delle singole amministrazioni verso ambienti cloud sempre più integrati (nella scuola questo è parzialmente avvenuto con la Google Suite for Education). Questo processo consentirà di razionalizzare e consolidare i più di 11.000 data center oggi distribuiti sul territorio nazionale. Il 95% di questi presenta oggi carenze nei requisiti minimi di sicurezza, nell’affidabilità, nell’usabilità, nella capacità elaborativa e nell’efficienza.
- Accelerare l’interoperabilità tra gli enti pubblici, snellendo le procedure secondo il principio “once only”, le pubbliche amministrazioni devono evitare di chiedere a cittadini ed imprese informazioni già fornite in precedenza.
- Verrà, poi creata una “Piattaforma Nazionale Dati” che offrirà alle amministrazioni un catalogo centrale di “connettori automatici” (le cosiddette “API” – Application Programming Interface) consultabili e accessibili tramite un servizio dedicato, in un contesto integralmente conforme alle leggi europee sulla privacy.
Le carenze della scuola italiana che il PNRR vuole colmare
Garantita la connettività alla scuola attraverso la Missione 1 – Digitalizzazione, la Missione 4 dedicata a Istruzione e ricerca, parte da un’analisi approfondita dei tre principali ritardi rispetto all’Europa della scuola italiana.
La necessità di nuove infrastrutture
La pandemia ha dimostrato, se ci fosse ancora bisogno, come ci sia necessario supportare le famiglie per conciliare tempi i tempi del lavoro con quelli della vita e la cura dei figli. In particolare, le donne e le madri hanno pagato e pagano un grande prezzo “professionale” alla famiglia e alla cura dei figli (Maino F., Mallone G. 2016). Per migliorare e ampliare i servizi per la prima infanzia si prevede lo stanziamento di 4,6 miliardi per le bambine e bambini tra 0 e 6 anni. I fondi stanziati consentiranno la creazione di circa 228.000 posti nei nidi e nelle scuole primarie, la costruzione di 1000 edifici scolastici e di 400 palestre in modo ridurre gli alunni per classe e potenziare il tempo pieno. Questo con la finalità sociale di rimettere la scuola, non solo come struttura formativa, al centro della vita delle comunità territoriali.
Ridurre il tasso di abbandono
Il tasso di abbandono scolastico in Italia è molto alto. Una recente ricerca del Miur (MIUR, 2019) lo stima al 3,8% nelle scuole secondarie di primo grado. Il 14,5% degli studenti italiani, poi, si ferma a questo grado di formazione mentre la media UE è pari al 10%. Più in generale l’Italia ha un percentuale di diplomati molto inferiore alla media europea: in Italia solo 62,2% delle persone tra i 25 e i 64 anni in Italia ha almeno il diploma, nell’Ue il 78,7%. La quota di NEET (né occupati né in formazione) è poi del 22%, rispetto alla media europea del 12%. (ISTAT, 2019).
Dati preoccupanti se si pensa che il numero dei laureati che, tra i 25 e i 34 in Italia è pari al 28% rispetto al 44% di media nei paesi dell’OCSE (MIUR, 2019). L’abbandono degli studi superiori è dovuto soprattutto alla carenza di offerta di formazione professionale avanzata e di servizi di orientamento e di transizione dalla scuola secondaria all’Università (Miur 2019).
Il PNRR prevede su ispirazione del modello duale tedesco (Cavalli, 2013) una riforma degli istituti tecnici e professionali orientata al learning by doing, e alla didattica laboratoriale oltre e all’innovazione disciplinare: big data, programmazione e meccatronica. I 4324 Istituti tecnici e professionali verranno riformati e le competenze degli studenti allineate agli obiettivi di Industry 4.0, inoltre ITS (Istituti Tecnici Superiori, che appartengono alla formazione post diploma) diventeranno il doppio degli attuali.
Migliorare la qualità dell’apprendimento
Il terzo indicatore europeo su cui punta l’accento il Piano Draghi è quello delle carenze nelle competenze di base in italiano, matematica e inglese dei nostri studenti quindicenni messe in rilievo dall’indagine annuale OCDE/PISA (Xiaomin, L. Auld, (2020). I risultati dei nostri studenti sono inferiori alla media OCSE, con forti divergenze territoriali (Pastore, 2018). Il problema, ovviamente, non sono gli studenti ma le metodologie formative e i programmi (OECD, 2018).
Figura 4 Le competenze di base dei quindicenni italiani rispetto alla media OCSE
Quello che il PNRR mette maggiormente in rilievo è la necessità di riformare le metodologie didattiche e il quadro delle discipline. La scuola italiana si caratterizza per il suo nozionismo un po’ astratto e per la dominanza di un metodo trasmissivo.
Ciò che manca è un approccio più laboratoriale e sperimentale nelle metodologie didattiche. Sono carenti, cioè, le competenze disciplinari “attive”: il problem solving, così come le abilità di comunicare e dibattere, di lavorare in team oltre alla comprensione della logica che sottostà alle tecnologie informatiche.
I principali interventi correttivi: reclutamento, formazione dei docenti e nuovi programmi
Le strategie prospettate dal PNRR per risolvere i tre problemi strutturali della scuola italiana riguardano, il miglioramento dei processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti, lo svecchiamento delle metodologie e delle competenze didattiche e oltre al già citato potenziamento delle infrastrutture e dell’istruzione tecnica.
- Il PNRR prevede la riforma del sistema di reclutamento dei docenti con il ridisegno delle procedure concorsuali e il potenziamento dell’anno di prova al fine di integrare la formazione disciplinare e quella laboratoriale. Inoltre, il piano prevede l’istituzione di un sistema capillare di formazione continua degli insegnanti, non solo “corsi” ma anche mentoring e tutoring individuale, rivolti a dirigenti e insegnanti. Verrà istituita per questo una Scuola di Alta Formazione che svolgerà funzioni di indirizzo e coordinamento dell’attività formativa per tutto il personale scolastico. Saranno coinvolti, Indire ed Invalsi ma anche Università italiane e straniere. La legge istitutiva è prevista per 2022 l’attuazione della riforma del reclutamento sarà completata entro il 2025.
- La formazione dei docenti sarà poi collegata strettamente alla progressione di carriera come previsto anche nella riforma del reclutamento. I percorsi formativi si terranno solo on-line attraverso webinar e laboratori virtuali sfruttando una modalità ancora oggi “sconosciuta” in l’Italia come i MOOC- Massive On line Open Courses (Ferri, 2019).
- Le competenze digitali. Un investimento particolare nell’ambito della riforma della formazione degli insegnanti sarà dedicato alla “Didattica Digitalmente Integrata” per migliorare le competenze digitali del personale scolastico e mettere a sistema nella scuola le esperienze condotte durante il periodo pandemico (Mantovani et al., 2021). Si tratta di creare un “ecosistema di competenze didattiche digitali” che integrerà strutturalmente didattica in presenza e a distanza applicando i framework europei sulle competenze digitali di cittadinanza DigComp 2.1 (per studenti) e DigCompEdu (per docenti). Con la creazione di un Polo sull’educazione digitale presso il MIUR, verranno coinvolti circa 650.000 dirigenti, docenti e personale tecnico in questo progetto. Si tratterà di un sistema multidimensionale di formazione continua degli insegnati e del personale scolastico orientato a premettere loro di sfruttare al meglio le competenze digitali all’interno e fuori dalle aule. Il cuore di questo programma di formazione saranno le otto competenze definite nel Framework europeo DigiCompEdu rappresentate nella figura qui sotto.
Figura 5 Le competenze digitali per la didattica del Framework DigiCompEdu
- L’impianto dei programmi verrà riformato e sarà data una nuova centralità alle Scienze alla Tecnologia, all’economia e alla Matematica (STEM) e al multilinguismo. In quest’ultimo ambito si prevede un incremento dei corsi e delle attività linguistiche anche attraverso e un sistema digitale per il monitoraggio con il supporto di enti certificatori pubblici e privati. Sarà inoltre potenziata l’internazionalizzazione del sistema scolastico attraverso la mobilità verso l’esteo degli studenti e dei docenti (anche stranieri verso l’Italia). Se nell’insegnamento delle lingue le metodologie attive e costruzioniste sono piuttosto sviluppate e diffuse, un analogo sforzo di revisione delle metodologie didattiche andrà applicato anche negli altri campi disciplinari. Sarà privilegiato, in tutte le materie, un approccio laboratoriale e sperimentale che valorizza l’apprendere attraverso il fare e non la lezione frontale. Il potenziamento delle competenze digitali è anche qui centrale. Conoscere e fare didattica attraverso i media digitali, promuovere in classe e a casa l’uso dei principali software professionali e il coding e la statistica digitale diventa fondamentale in tutti i campi disciplinari (Ferri, 2019) per attivare le competenze dei singoli studenti e promuovere il coopertative learing, il peer tutoring. Per questa “nuova scuola” del learning by doing saranno necessari nuovi spazi. In tutta Italia 100.000 classi tradizionali saranno trasformate in ambienti di apprendimento connessi (“connected digital environment”) e 40.00 edifici scolastici verranno dotati di banda ultra-larga.
Whatever it takes per far ripartire la scuola italiana, benvenuto Mister Draghi.
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Bibliografia
Amicucci, F., Gabrielli G. (2013), Boundaryless learning. Nuove strategie e strumenti di formazione, Milano, Franco Angeli.
Butti M., Messori M. (2020), Next Generation EU: An interpretative guide, Roma, Luiss School of European Political 9/2029.
Cavalli A. (2013), Il sistema «duale». Un modello da imitare? in Il Mulino, Rivista trimestrale di cultura e di politica 5/2013, pp. 834-840.
Demertzis M. (2021), The four pillars of a digital strategy. Bruegel-Blogs reperibile al sito https://www.bruegel.org/2021/03/the-four-pillars-of-a-digital-strategy/.
Eggers W. D. (2016), Delivering on Digital: The Innovators and Technologies That Are Transforming Government. New York, Deloitte University Press and Rosetta Books.
Ferri P. (2019), MOOC, didattica universitaria digitale e Learning analytics. Opportunità e prospettive, in Giornale Italiani della Ricerca Educativa, Numero Speciale (settembre 2019), 13-26.
Galletta D. (2018), La Pubblica Amministrazione nell’era delle ICT: sportello digitale unico e intelligenza artificiale al servizio della trasparenza e dei cittadini? in Ciberspazio e diritto: rivista internazionale di informatica giuridica 19, 3. Mucchi Editore.
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Maino F., Mallone G. (2016), Imprese e lavoratori di fronte alla crisi del welfare: il caso della conciliazione maternità e lavoro, in Conciliare maternità e lavoro: nuovi strumenti e nuovi attori, Forlì, Il pozzo di Micene, pp. 33-53.
Mantovani, S., Bove, C., Ferri, P., Manzoni, P., Cesa Bianchi, A., & Picca, M. (2021), Children “under lockdown”: voices, experiences, and resources during and after the COVID-19 emergency. Insights from a survey with children and families in the Lombardy region of Italy, in European Early Childhood Education Research Journal, 29(1), 35-50.
Miur (2019), La dispersione scolastica nell’anno scolastico 2016/2017 e nel passaggio all’anno scolastico 2017/2018, reperibile al sito urly.it/3cwjc.
OECD (2018), Italia. Nota Paese: risultati PISA, reperibile al sito https://www.oecd.org/pisa/publications/PISA2018_CN_ITA_IT.pdf.
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Pastore, F, Why so slow? The school-to-work transition in Italy, in Studies in Higher Education, Volume 44, 2019 – Issue 8, pp. 1358-1371.
Švarc, J., Lažnjak, J. and Dabić, M. (2020), The role of national intellectual capital in the digital transformation of EU countries. Another digital divide?”, in Journal of Intellectual Capital, reperibile al sito https://www.emerald.com/insight/content/doi/10.1108/JIC-02-2020-0024/full/html
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