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Cosa resterà della Dad? Le nuove dinamiche (e il disagio) tra genitori, scuola e digitale

Nel rapporto tra scuola e digitale durante la pandemia i protagonisti sono stati gli insegnanti, gli studenti e le famiglie. Il ruolo dei genitori, tuttavia, è rimasto sottotraccia. Ora viene messo in luce da diverse ricerche, non solo in Italia. I dati su cui riflettere

Pubblicato il 25 Mar 2022

Daniela Di Donato

Docente di italiano (Liceo scientifico), PhD in Psicologia sociale, dello sviluppo e della Ricerca educativa presso Sapienza Università di Roma, esperta di metodologie didattiche, inclusione e uso delle tecnologie digitali a scuola.

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Con la ripresa delle attività scolastiche in presenza, anche se a singhiozzo e con tutte le procedure legate alla prosecuzione dello stato di emergenza, l’osservazione e la riflessione sui genitori è diventata un po’ sommersa, rispetto alle criticità di una didattica d’aula non sempre efficace e non realmente integrata con il digitale.

Diverse ricerche nazionali e internazionali hanno registrato dei cambiamenti significativi nella relazione tra famiglie e scuole proprio a partire dalla Didattica a distanza e anche lo sviluppo di alcune nuove dinamiche, rispetto all’epoca pre-Covid.

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Il rapporto 2021 dell’Ofcom

Il rapporto 2021 dell’Ofcom, la società che gestisce le comunicazioni nel Regno Unito, ha monitorato gli atteggiamenti che i genitori rilevano circa il rapporto con i media digitali a scuola da parte dei figli. Il documento da una parte esamina l’alfabetizzazione mediatica dei bambini, fornendo prove dettagliate sull’uso, gli atteggiamenti e la comprensione dei media tra i bambini e i giovani di età compresa tra 5 e 15 anni, nonché sull’accesso ai media e sull’uso dei bambini di età compresa tra 3 e 4 anni. Dall’altra però include anche risultati relativi alle opinioni dei genitori sull’uso dei media da parte dei loro figli e sui modi in cui i genitori cercano – o decidono di non farlo – di monitorare o limitare l’uso di diversi tipi di media.

I bambini e il digitale durante la pandemia

Nell’eccezionale anno della pandemia, il 2020, quasi tutti i bambini di età compresa tra 5 e 15 anni sono andati online. Laptop, tablet e cellulari sono stati i dispositivi più utilizzati: sette su dieci di questi bambini si sono serviti di dispositivi digitali. Il 2% dei bambini in età scolare faceva affidamento sull’accesso a Internet solo tramite uno smartphone e un bambino su cinque che aveva frequentato la scuola a casa non aveva accesso a un dispositivo appropriato per le proprie esigenze di apprendimento a casa online tutto il tempo. Il 96% dei bambini ha guardato video on demand, rispetto alla Tv in diretta, e l’uso da parte dei bambini delle piattaforme di condivisione video (YouTube, TikTok, Instagram, Facebook) è risultato quasi universale nella popolazione analizzata. Il 58% dei bambini ha affermato di utilizzare YouTube ogni giorno, trascorrendo in media davanti allo schermo quasi due ore e mezza al giorno. Sette persone su dieci di età compresa tra i 5 e i 15 anni hanno giocato online nel 2020 (più i ragazzi delle ragazze) e poco più della metà dei 5-15enni utilizzava siti o app di social media, salendo all’87% dei 12-15enni.

I dati su cui riflettere

Uno dei dati che ha fatto maggiormente riflettere è stato che nonostante l’immersione nella rete, solo la metà dei bambini di età compresa tra 8 e 15 anni, che utilizzavano i motori di ricerca, era in grado di identificare correttamente gli annunci nelle ricerche su Google e solo la metà di loro si rendeva conto che alcuni siti all’interno dei risultati di un motore di ricerca potevano essere attendibili e altri no. Poco più della metà dei 12-15enni ha avuto una qualche forma di esperienza online negativa: l’evento più comune era essere contattati da qualcuno, che non conoscevano e che voleva essere loro amico, cosa che è successa a quasi un terzo dei bambini di questa fascia di età.

In questo scenario complesso, per i genitori è stato difficile se non impossibile controllare il tempo passato davanti allo schermo del proprio figlio durante la pandemia di Covid e fino alla metà dei genitori di bambini di età compresa tra 5 e 15 anni ha affermato di dover allentare alcune regole su ciò che il proprio figlio ha fatto online durante il 2020. Pur nella difficoltà, i genitori hanno però riconosciuto il valore della rete nell’aiutare i propri figli a rimanere in contatto con amici e compagni di classe.

Un’altra delle criticità è stata dover condividere i dispositivi a casa durante la pandemia: il 3% dei bambini ha sostenuto di non essere stato in grado di svolgere i compiti. Il 15% di questi bambini ha dovuto posticipare l’apprendimento fino a quando non era disponibile un dispositivo, il 9% ha preso in prestito un dispositivo e il 6% ha utilizzato un dispositivo meno appropriato. Il 3% dei bambini senza accesso a un dispositivo appropriato per tutto il tempo ha dovuto lasciare i compiti.

Nelle ricerche nazionali sul consumo mediale e la gestione da parte dei genitori per aiutare i propri figli a regolarlo, la scuola sembra non aver ancora trovato un equilibrio tra digitale e analogico: continua a percepire il digitale come misura di emergenza e non come misura educativa indipendente e collegata a un percorso di cittadinanza.

Il disagio dei genitori di fronte al digitale

In diverse ricerche, con popolazioni più o meno grandi di partecipanti, si è dovunque manifestato un cambiamento nel rapporto tra genitore e insegnante, ma anche tra genitore e studente. Nel rapporto con i propri figli molti genitori durante la pandemia hanno sviluppato una certa inquietudine, correlata a ciò che molti di loro hanno vissuto come profondo senso di disagio nell’uso appropriato dei device e delle applicazioni per garantire la partecipazione alle attività didattiche proposte. Per alcuni genitori sembra che i figli abbiano percepito il lockdown come un periodo di vacanza, mentre per altri, invece, sono apparsi confusi, poiché il progetto educativo didattico sviluppato dalle insegnanti in presenza non prevedeva, tra gli altri elementi, lo svolgimento di compiti a casa. In quel caso i genitori hanno deciso di assumere il ruolo degli insegnanti con una risposta ancora più confusa da parte dei figli, sconcertati all’idea che fossero i genitori ad imporre compiti non assegnati. Pur avendo riconosciuto da parte degli insegnanti un dispendio di energie, un notevole impegno nella comunicazione (soprattutto nel caso dei bambini più piccoli) e un supporto reciproco elevato, riconfigurando una professionalità docente orientata anche alla cura, alcuni genitori hanno comunque sentito il bisogno di affiancare o addirittura di sostituirsi all’insegnante, ricoprendo un doppio ruolo.

Il supporto che è mancato alle famiglie

Forse ci si è preoccupati troppo poco di supportare i genitori ancora oggi nello sviluppare strategie che li aiutino a incarnare un ruolo coerente con quello genitoriale, ma che li supporti nel mediare tra ciò che chiede la scuola e quello che sono in grado di proporre a casa. Alcuni si lamentano e vorrebbero tornare alla carta e alla penna, per controllare meglio tutto. Sembra che questo sia stato fonte di stress per gli studenti, ma anche per i genitori. Vanno sviluppate delle strategie di monitoraggio e di autoregolazione, per evitare che si blocchi un processo di responsabilità del proprio apprendimento e allo stesso tempo il processo di autonomia dagli adulti, sia insegnanti che genitori. In casi come questo aumentare gli strumenti di mediazione e monitorarne l’efficacia da parte delle famiglie potrebbe diventare importante per accettare l’idea di una scuola che sia anche digitale e lo sia non solo in tempo di emergenza.

Conclusioni

Alcuni studenti si perdono nella ricerca delle informazioni sui compiti o sui materiali. Sembra che altri incontrino difficoltà a comunicare quando incontrano problemi tecnici e aprire una porta per incoraggiarli potrebbe essere importante. Immaginare scenari in caso di assenza di rete, ad esempio, per capire come regolarsi con le attività in ambienti digitali, soprattutto se si devono consegnare compiti. Avere piani di riserva, dare suggerimenti su come salvare le password, aggiungere ai preferiti i siti Web più utilizzati dagli studenti e utilizzare gli assistenti virtuali sono attività non di contorno ma funzionali ad abbassare la sensazione di inadeguatezza sia degli studenti che dei loro genitori. Una fase diversa va affrontata e forse si potrebbe ripartire anche da qui.

Bibliografia

Ofcom. (2021). Children and Parents: Media Use and Attitudes Report. 2020/2021.

SIRD – Società Italiana di Ricerca Didattica (2020). Ricerca nazionale SIRD. Per un confronto sulle modalità di didattica a distanza adottate nelle scuole ita- liane nel periodo di emergenza COVID-19. https://www.sird.it/wp-content/ uploads/2020/07/Una_prima_panoramica_dei_dati.pdf

Szpunar, G., Cannoni, E., & Di Norcia, A. (2021). La didattica a distanza durante il lockdown in Italia: il punto di vista delle famiglie. Journal of Educational, Cultural and Psychological Studies (ECPS Journal), (23), 137-155.

Zurru, A. L., Tatulli, I., Bullegas, D., & Mura, A. (2021). DaD: tutti bocciati? Professionalità docente e rapporti di cura nell’esperienza dei genitori. Annali online della Didattica e della Formazione Docente13(22), 136-151.

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