l'esperienza sul campo

Didattica inclusiva, l’enorme sfida del covid: così l’ha affrontata la Scuola italiana

Famiglie e scuole hanno sostenuto e continuano a farlo, il peso dell’isolamento dei ragazzi in questo periodo di lockdown e didattica a distanza. Le difficoltà sono state tante ma la scuola si attivata con tutte le forze a disposizione. Ecco una sintesi dei problemi riscontrati sul campo e delle soluzioni adottate

Pubblicato il 30 Giu 2020

Nicoletta Vitali

Dirigente Scolastico IC Eugenio Donadoni di Sarnico (BG)

Photo by Surface on Unsplash

Il coronavirus e la conseguente necessità di didattica a distanza ha posto nuove sfide all’inclusione scolastica. Nei confronti dei DVA (alunni diversamente abili), studenti con difficoltà di apprendimento non certificate, con DSA (disturbi specifici di apprendimento) e NAI (Neo Arrivati in Italia). Noi insegnanti abbiamo smesso di occuparci di questi alunni nemmeno durante l’emergenza sanitaria, sia che si trattasse di meningite (dal 7 gennaio, in alcuni comuni Lombardi) che di COVID-19 dal 23 febbraio.

Il patto di corresponsabilità tra la scuola e famiglia

Per capire come la scuola ha affrontato il problema, bisogna premettere che la comunità scolastica è costituita da quattro importanti componenti: alunni, famiglie, docenti e personale ATA (Segreteria amministrativa, Collaboratori scolastici e Assistenti Tecnici).

Tra la componente docenti e quella delle famiglie, ogni hanno viene sottoscritto un Patto di corresponsabilità, che sancisce la collaborazione necessaria e sufficiente per educare ed accompagnare i nostri alunni verso il “successo formativo”, personalizzato per ciascuno di loro, sulla base delle conoscenza, abilità, competenze, potenzialità, attitudini, interessi e motivazioni posseduti. Assumendoci tutta la nostra responsabilità, ci siamo attivati, formati, confrontati e aperti alle risorse del territorio per realizzare la didattica a distanza, assicurando la presenza quotidiana della scuola online, mantenendo un contatto costante con famiglie e alunni. C’eravamo anche per esprimere la nostra comprensione e vicinanza nei numerosi casi di famiglie coinvolte in casi di coronavirus gravi o addirittura mortali. Le famiglie (la maggior parte di loro) hanno apprezzato i nostri sforzi e collaborato con noi.

Non tutte le famiglie, non tutti gli alunni hanno risposto alle nostre proposte di attività didattica a distanza, nonostante si trattasse di attività non corrispondenti alle classiche lezioni tenute a scuola (QUI alcuni esempi di unità di apprendimento svolte nell’istituto che dirigo).

Problemi, cause e soluzioni

Quanti sono stati gli alunni “dispersi”, nel caso della mia scuola?

Considerando che la platea è costituita da 995 alunni, tra Primaria e Secondaria, 38 alunni sono risultati molto o del tutto carenti nella partecipazione, con una percentuale pari al 4%.

Quali problemi riscontrati con gli alunni e le loro famiglie nella didattica a distanza?

Eccone una sintesi:

  • alunni che non hanno mai risposto agli inviti a partecipare alle attività online (1)
  • hanno partecipato molto saltuariamente, non in modo continuativo (33)
  • alunni che, pur partecipando, non hanno svolto le attività proposte (4)
  • alunni disabili, con famiglie non collaborative

Quali le cause accertate?

  • Scelta personale, con famiglia assente e non reperibile con i contatti in possesso della scuola;
  • Alunni NAI non seguiti dalla famiglia, per motivi di difficoltà di comprensione delle comunicazioni scuola-famiglia e per sottovalutazione dell’obbligatorietà delle attività didattiche online (famiglie italiane o straniere con padre al lavoro, madre assente o che non comprende bene l’italiano e alunno che non ha assunto gli impegni richiesti, negandone l’esistenza o la continuità giornaliera o l’obbligatorietà);
  • Famiglie che non hanno mai fatto l’accesso al registro elettronico o hanno perso le credenziali; famiglie che non hanno mai utilizzato le credenziali date dalla scuola a tutti i genitori e che non hanno mai dato seguito ai richiami dei docenti per un controllo puntuale delle valutazioni disciplinari, dei compiti e delle assenze; genitori che non hanno letto le comunicazioni e circolari inviate tramite mail o bacheca del registro elettronico. Alunni lasciati soli a decidere, non stimolati dalla famiglia, a volte alle prese con traumi dovuti alla malattia/perdita di famigliari e/o parenti o famiglie con grandi difficoltà socio-economiche e culturali, resesi irreperibili.

Quali le soluzioni adottate per recuperare gli alunni “dispersi”?

  • Caso a) contattati gli uffici anagrafe dei Comuni, con i quali abbiamo confrontato i dati in nostro possesso, scoprendo in tutti i casi segnalati dai docenti che le famiglie si erano trasferite in paesi vicini, senza lasciare i loro nuovi recapiti alla scuola (obbligo contenuto nel documento d’iscrizione e raccomandazione sottoscritta da scuola e genitori). Controllo dell’effettiva ripresa della frequenza online.
  • Caso b) preso contatti e organizzato con i Servizi UTES (Unità Territoriale per l’Emergenza Sociale) territoriali gli interventi di Mediatori culturali presso le famiglie degli alunni NAI. Controllo dell’effettiva ripresa della frequenza online.
  • Caso c) chiamate dirette da parte della scuola (dirigente scolastico e insegnanti della classe di appartenenza) a tutte le famiglie interessate, per un colloquio, anche con gli alunni e riconfigurazione nuove credenziali, oltre che il controllo dell’effettiva ripresa della frequenza online. I docenti hanno avuto modo di mantenere contatti personalizzati con alunni e famiglie, assicurando la presenza e vicinanza della scuola. Con il tempo, la situazione si è rasserenata e il coinvolgimento dei compagni di classe, con lavori in condivisione online, ha sostenuto la motivazione a restare in contatto con l’ambiente scolastico – aula virtuale.
  • Caso d) gli insegnanti di sostegno hanno seguito i loro alunni per tutto il tempo del periodi di sospensione delle attività scolastiche; hanno tenuti i contatti necessari con le famiglie e rispettato i dettami del PEI (Piano Educativo Individualizzato), sottoscritto con le famiglie nell’anno scolastico corrente. Il problema delle famiglie poco collaborative è stato affrontato cercandone con i mezzi a disposizione il contatto frequente, il dialogo e la condivisione di aspetti emotivi comprensibilmente faticosi, per entrambe le parti. Importante è stato l’esserci, il parlarsi, il vedersi, anche se attraverso gli strumenti informatici, le chats, i brevi video e le fotografie scambiati con il cellulare. Con fatica e costanza, anche le famiglie più ostiche si sono via via mostrate più collaborative e, infine, riconoscenti.

Ad oggi, abbiamo recuperato tutti, tranne uno. “Non uno di meno” è il il nostro mantra, ma, nel caso specifico, il nomadismo della famiglia, l’irreperibilità dei genitori, la chiusura dell’unico contatto utile di un parente, nonostante la promessa di farci da tramite con la famiglia, ci ha lasciati (e con noi i servizi comunali), senza alternative, se non quella, per la scuola, di rivolgersi al Comune di residenza della famiglia per segnalare l’elusione dell’obbligo scolastico.

Conclusioni

Nessuno può negare il peso psicologico che tutti stiamo sostenendo, famiglie e scuole. La scuola c’è stata, c’è e ci sarà, dando fondo a tutte le risorse umane e materiali che possiede. Abbiamo tutti compreso una volta per tutte che il fattore umano è essenziale, è la chiave della resilienza: riesce più semplice ed efficace liberarsi dagli schemi consueti dei ruoli e abbracciare l’opportunità di avvicinarsi alle fatiche dell’Altro con consapevolezza, rispetto e cura reciproci. Le emergenze prima o poi finiscono e la scuola continua, facendo tesoro di quel che è stato.

In conclusione, pragmaticamente, risulta chiaro che Scuola e Famiglia condividono responsabilità, ciascuna per la sua parte. A cosa serve il Patto di Corresponsabilità, se resta lettera morta? I servizi territoriali, che conoscono le situazioni familiari più critiche e che, con noi, lavorano per contrastare le povertà educative e la dispersione scolastica possono e devono fare tutto il possibile. Su tutti, comunque, la responsabilità primigenia e obbligata resta quella a carico dei genitori, se manca l’effettivo impegno. Secondo una sentenza della Corte Costituzionale, non basta iscrivere un figlio a scuola per essere esonerati da responsabilità: occorre anche e soprattutto vigilare sulla sua condotta, tenendo conto delle indicazioni della scuola.

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