scuola e digitale

Episodi di Apprendimento Situati (EAS): studenti più coinvolti, col digitale



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La metodologia didattica denominata Episodi di Apprendimento Situato promette di innovare il processo di apprendimento, rendendo gli studenti più attivi e coinvolgendo direttamente gli insegnanti. Il digitale si inserisce come strumento essenziale, arricchendo l’esperienza di apprendimento

Pubblicato il 13 dic 2023

Maria Cristina Bevilacqua

Ambasciatrce eTwinning. Aggiornatrice-Formatrice.Traduttrice della Padagogy Wheel



Scuola digitale

Nell’ambito pedagogico, l’apprendimento situato rappresenta una metodologia didattica che pone l’individuo al centro del processo di apprendimento, partendo dal presupposto che l’acquisizione di conoscenze avviene in modo più efficace quando è integrata con esperienze reali e contestualizzate.

In questo scenario, il digitale gioca un ruolo sempre più rilevante diventando uno strumento indispensabile per supportare ed espandere le opportunità offerte dagli episodi di apprendimento situato.

Episodi di apprendimento situato: definizione e origine

L’espressione Episodi di apprendimento Situato[1] o EAS, introdotto in Italia da Piercesare Rivoltella, è stata mutuata dall’idea di Norbert Pachler di Episodes of Situated Learning, ovvero, di attività di microlearning che, su istruzioni precise, si compiano realizzando brevi attività di produzione di artefatti, che sviluppino momenti di riflessione. Basata, come la Flipped classroom sulla metodologia laboratoriale e sulla lezione a posteriori di Freinet, conferma un assunto ormai scontato: non esistono metodologie “innovative”, ma metodologie consolidate, che utilizzano il digitale per potenziarsi, implementarsi, essere più inclusive, più efficaci, più personalizzate, più vicine alla realtà degli alunni.

Le tre fasi degli EAS

La didattica per EAS si articola in tre fasi: preparatoria, operatoria e ristrutturativa, le quali evidenziano come gli aspetti che la caratterizzano (produzione, azione e riflessione e valutazione autentica) cerchino di rendere l’apprendimento un’esperienza significativa per gli alunni, ponendoli veramente al centro dell’azione educativa, grazie anche al supporto dell’apprendimento cooperativo, che, tra le altre cose, condivide il carico cognitivo, aiuta a scoprire e sviluppare talenti personali e competenze trasversali, aiuta a superare personalismi e ad aumentare il senso di autoefficacia e l’autostima, contribuisce a cementare il senso di appartenenza al gruppo classe.

Lo stesso Rivoltella definisce un EAS: “…una porzione didattica, ovvero l’unità minima di cui consta l’agire didattico dell’insegnante in contesto; in quanto tale esso costituisce il baricentro a partire dal quale l’intero edificio della didattica si organizza.”[2]

I tre momenti in cui si articola l’EAS: : anticipatorio, operatorio e ristrutturativo

  • Anticipatorio : situazione-stimolo e consegna;
  • Operatorio: microattività di produzione in risposta al momento precedente;
  • Ristrutturativo: riflessione su contenuti, processi e prodotti, per fissarne gli aspetti significativi;

Sono, in sintesi, le tre fasi che, con nomi diversi, stanno alla base di qualsiasi azione didattica che voglia veramente cercare di rendere l’agire degli alunni funzionale alla loro crescita personale, culturale, emotiva, sociale. Stimolare la curiosità dei ragazzi per favorire la motivazione intrinseca, farli agire in prima persona seppure in gruppo, per cercare soluzioni non scontate e non univoche a situazioni problematiche, ed aiutarli a riflettere sulle loro azioni, su quanto scoperto, sul cambiamento che la “scoperta” ha generato, è sicuramente la modalità di engagement che funziona veramente con gli alunni di tutte le età e per tutte le discipline.

I tre principi operatori degli EAS

L’EAS è configurabile, secondo la terminologia di Berthoz[3], come attività semplessa, cioè che spinga l’individuo a predisporre strategie che affrontino la complessità in modo rapido ed efficace, gestendo un numero sempre più crescente di informazioni, grazie a tre principi operatori:

  • La creazione per inibizione, che non si appoggi ad una conoscenza già predisposta dall’insegnante, come avviene nella lezione tradizionale, ma che porti l’alunno, per anticipazione, ad escludere alcune soluzioni per individuare cosa sia veramente necessario;
  • La rapidità, poiché l’EAS è limitato ad una singola lezione o ad una parte di essa;
  • La selezione, sia da parte dell’alunno che dell’insegnante, di quanto sia veramente utile, rilevante, necessario, tra le varie soluzioni possibili, informazioni individuabili, strategie utilizzabili.

Il ruolo dell’insegnante nell’EAS: regolazione e pianificazione

Pur confermando la centralità dell’alunno nella logica degli EAS, che lo vedono ricercatore, sperimentatore, produttore e poi capace di riflessione, questa metodologia sottolinea la necessità di un ruolo importante del docente, che deve avere una notevole capacità di regolazione, e di pianificazione dell’attività didattica, non come percorso predeterminato ed univoco, ma come “processo che attiva processi”, generativo e fecondo.

Deve essere in grado di organizzare l’attività della fase preparatoria in modo che sia il lavoro a casa dell’alunno, anticipatorio della situazione sfidante che motiverà all’apprendimento, sia la lezione in classe, abbiano un senso e siano efficaci. L’insegnante:

  • aiuterà gli alunni a recuperare gli elementi-chiave di quanto letto, ricercato, analizzato e/o sperimentato a casa;
  • fornirà uno stimolo sfidante che inneschi l’attività di produzione grazie alla logica del problem solving;
  • assegnerà un piano di lavoro che descriverà l’attività da svolgere, solitamente in gruppo.

Come abbiamo già evidenziato per altre metodologie e vedremo per le prossime, questo ruolo peculiare dell’insegnante presupporrebbe una riorganizzazione dell’attività didattica della classe, una rimodulazione dell’orario scolastico (Rivoltella, ben conoscendo la rigidità dell’organizzazione scolastica italiana, suggerisce moduli di due ore),  un ripensamento del significato della collegialità, che spesso non sono praticabili, e rendono difficoltosa la revisione dell’azione curricolare quotidiana alla luce di riflessioni didattiche legate più all’efficacia dei processi, che alla quantificazione  e alla “pesatura” dei prodotti.

Dunque, nel pianificare l’EAS, l’insegnante deve essere in grado di progettare un’attività che, attraverso il Learning by doing[4], :

– si esaurisca in un tempo sufficientemente breve,

– che preveda un lavoro individuale o di gruppo, secondo l’obiettivo da raggiungere,

– che porti alla creazione di un artefatto, che può anche non essere digitale, ma può avere forme diverse, non univoche ed adeguate alla consegna,

– che consenta una condivisione interna alla classe ed esterna, favorendo in questo modo anche la documentazione del percorso con gli strumenti più disparati,

rendendo laboratoriale l’azione degli alunni.

Il Debriefing: fase cruciale degli EAS

La fase finale dell’EAS, il momento di ristrutturazione, è sicuramente il più importante ed anche quello che completa il senso della metodologia. L’attività di Debriefing, che Rivoltella definisce un:

“…percorso di riappropriazione di senso rispetto ai contenuti e alle esperienze delle attività…”[5]

è un aspetto fondamentale dell’EAS, che contribuisce allo sviluppo del pensiero critico dell’alunno,attivando momenti di valutazione ed autovalutazione, che consentono una revisione dell’artefatto realizzato, grazie ai feedback, ma, soprattutto, che aiutano gli studenti ad addentrarsi nei meccanismi che regolano la valutazione autentica e che insegnano loro come attuarla. Ovviamente l’importanza della metacognizione come fil rouge di tutta la strutturazione e la realizzazione dell’EAS è evidente, così come è evidente che un’attenzione, da parte dell’insegnante e degli alunni, ai processi, anziché ai prodotti, migliori l’autostima, il senso di autoefficacia e la capacità di relazionarsi con gli altri.

La valutazione tramite rubriche e la strutturazione di un Portfolio, oltre a calare la didattica per competenze nell’azione concreta, rendono questa metodologia estremamente attuale.

L’insegnante chiuderà l’EAS richiamando i concetti chiave e fornendo spunti per il ripasso, l’approfondimento, la fissazione delle conoscenze.

L’importanza del digitale

Da questa breve sintesi del metodo EAS si comprende come il digitale, tramite app e dispositivi diversi, trovi spazio in tutte le fasi, sia nell’azione dell’insegnante (progettazione, pianificazione, predisposizione del setting didattico, proposta del lavoro anticipatorio da svolgere a casa, organizzazione dei momenti di riflessione e di confronto, ecc.) che in quella degli alunni (ricerca, documentazione, team building e gestione del gruppo, comunicazione, produzione dell’artefatto, socializzazione dello stesso), sia grazie agli strumenti presenti a scuola che alle dotazioni individuali degli studenti.

Conclusioni

Si spera che le nuove classi e i nuovi laboratori predisposti da tutti gli Istituti grazie al Piano Scuola 4.0  diano finalmente il via all’attuazione di queste metodologie che si giovano degli strumenti digitali, per fare in modo che non  rimangano relegate a singole, sporadiche sperimentazioni di pochi ardimentosi docenti, ma che diventino prassi didattica quotidiana per lo svolgimento dell’attività curricolare di tutte le scuole.

Note


[1] Rivoltella, P., Fare didattica con gli EAS Episodi di Apprendimento Situati, Milano, La Scuola, 2013

[2] Idem, pag. 52.

[3] Berthoz, A. Semplessità, Codice, Torino, 2011

[4] Dewey, J., Democrazia ed educazione (ed. originale 1916), Sansoni, Milano, 2004

[5] Rivoltella, cit., pag. 82

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