I sistemi di e-proctoring sono solo semplici strumenti che agevolano, ma che non snaturano, le dinamiche di verifica o, al contrario, ne comportano una radicale trasformazione?
E noi – sempre per porci nelle condizioni di chi guida l’evoluzione e non di chi la subisce – che cosa desideriamo? Uno strumento in più o una modalità differente?
Le risposte a queste domande implicano conseguenze da non sottovalutare, perché modificare una procedura solitamente impone anche di cambiare le regole che ne garantiscono il legittimo svolgimento.
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L’eProctoring e l’effetto della pandemia su Scuola e Università
Nell’ultimo, lunghissimo, biennio i sistemi di formazione, di apprendimento e di specializzazione e più in generale l’ambiente scolastico, hanno subito – al pari del commercio, delle dinamiche dell’economia, delle abitudini sociali, di alcuni principi del saper vivere – i cambiamenti imposti da virus e tecnologia.
Gli insegnanti hanno dovuto sperimentare un nuovo modo di esprimersi, perché non v’è dubbio che a distanza le regole della comunicazione siano diverse, e fissare una webcam non sia paragonabile al guardare negli occhi gli studenti di fronte a sé.
Questi ultimi, per altro verso, hanno dovuto compiere significativi passi verso i principi dell’autoapprendimento, costretti a porsi in posizione sempre più attiva rispetto alle conoscenze da assorbire.
Se il processo di formazione si sviluppa naturalmente in tre fasi – spiegazione, comprensione e verifica – non solo le prime due hanno dovuto affrontare la tempesta pandemia con il salvagente tecnologia, anche la terza, difatti, si è dovuta adeguare.
Le sfide poste dall’eProctoring
Abbiamo già descritto il funzionamento dei più diffusi sistemi di e-proctoring, mettendone compiutamente a fuoco i pregi e i difetti, le sfide per la privacy e la cybersecurity, l’impatto psicologico sugli studenti “vigilati”, le distorsioni derivanti dal malfunzionamento dei sistemi di intelligenza artificiale.
Rischi, purtroppo, che alcune università hanno probabilmente sottovalutato.
Diversi collettivi studenteschi hanno quindi domandato, a gran voce, che la prospettiva dell’e-proctoring venisse abbandonata prima ancora di vedere compiutamente la luce.
Si tratta di un contesto ancora in divenire anche se i tempi, probabilmente, sono già maturi per sviluppare qualche riflessione, a partire da quella forse più banale, ma ancora oggi non sempre scontata: la tecnologia non si ferma, in questo come in nessun altro contesto.
È del tutto inutile interrogarsi sull’an, vale a dire sull’opportunità o meno di adottare sistemi di e-proctoring nella gestione delle prove d’esame, il futuro li vedrà senza dubbio protagonisti di queste dinamiche.
Seneca ammonirebbe chiunque ragionasse diversamente, ricordando che non si può fermare il vento con le mani.
Le domande da porsi per governare il cambiamento
L’importante, a questo punto, è che però a guidare le fasi dell’evoluzione sia l’uomo, e non la tecnologia.
Il rischio che i due fattori vengano invertiti esiste, e si deve alla nostra propensione ad utilizzare, con una certa disinvoltura, strumenti di cui non sempre comprendiamo le implicazioni ed è, per altro verso, una conseguenza dell’accelerazione che l’odioso virus ha saputo imprimere a taluni processi che si stavano sviluppando in tempistiche fisiologiche, nonché al comprensibile disordine che ne è derivato.
Per mettersi alla guida del cambiamento e delinearne consapevolmente la direzione, tuttavia, serve porsi alcune domande, la prima delle quali attiene il rapporto tra la tecnologia ed il contesto in cui questa è calata.
È indispensabile chiedersi, in sostanza, se la nuova tecnologia consentirà di compiere in modo diverso un’operazione i cui tratti essenziali rimarranno tuttavia invariati, o se quel processo risulterà, in conseguenza dei cambiamenti apportati, stravolto nei suoi caratteri essenziali.
La strada – questo è il quesito – sarà sempre la stessa e la si percorrerà più velocemente, oppure l’impatto dei nuovi sistemi ne traccerà una fondamentalmente diversa?
I rischi di una verifica compiuta ex post
L’esempio delle prove d’esame è piuttosto emblematico.
Se, come abbiamo detto, modificare una procedura solitamente impone anche di cambiare le regole che ne garantiscono il legittimo svolgimento, una tale revisione dei presidi di legalità, al contrario, non è di norma necessaria se l’elemento di cambiamento consiste solo in un nuovo modo di compiere un’azione per così dire vecchia.
Un esempio su tutti: esistono sistemi di e-proctoring che registrano le (presunte) anomalie nel comportamento tenuto dallo studente durante l’esame e lo segnalano al docente, al termine della prova, sotto forma di dettagliato report.
Affidarvisi non significherebbe utilizzare solo uno strumento in più ma sarebbe, nella sostanza, un modo completamente nuovo di compiere le verifiche, non più contestuale rispetto allo svolgimento delle prove, ma ex post, al loro termine.
Con una ulteriore conseguenza: il software non aiuterebbe docente, si sostituirebbe a lui.
Non tutto ciò che si può considerare “anomalo”, tuttavia, è segno di scorrettezza. Uno studente può trovare la propria concentrazione fissando il nulla, o un angolo della stanza, senza che ciò significhi che sta attingendo a fonti nascoste per copiare le risposte giuste.
Chiunque abbia insegnato, sa che i comportamenti per così dire anomali degli studenti sono infiniti e spesso coloriti – dai tic nervosi ai riti scaramantici – ma non tutti sono da attribuirsi ad intenti disonesti.
Un conto è cogliere lo studente in fallo “in diretta”, ma quale docente si assumerebbe mai la responsabilità di penalizzare una prova d’esame attraverso una segnalazione letta a posteriori, quando è ormai impossibile effettuare qualunque controprova a ritroso?
Strumenti e regole
Lo strumento in sé non basta, ne serve una dettagliata e coerente regolamentazione, in relazione all’uso che se ne intende compiere.
Ancora una volta, quindi, è indispensabile domandarsi quale direzione si vuole intraprendere.
È facilmente prevedibile, difatti, che la tecnologia affinerà presto i propri target ed il grado di affidabilità di quei sistemi garantirà, in breve tempo, risultati più che accettabili.
Esistono pochi dubbi, tuttavia, sul fatto che l’attendibilità dei controlli dipenderà da quanto saremo disposti a tollerarne l’attitudine invasiva.
Probabilmente un giorno, forse nemmeno troppo lontano, svilupperemo sistemi in grado di leggere i pensieri degli studenti e i warning ci segnaleranno chi, durante l’esame, sta semplicemente considerando l’ipotesi di copiare.
Siamo disposti ad accettarlo? E quale limite intendiamo porci per non farci sovrastare dalla tecnologia?
Conclusioni
Sanzionando l’università Bocconi, il Garante ha provato a tracciare una rotta, ammonendo come tali sistemi non possano “essere indebitamente invasivi e comportare un monitoraggio dello studente eccedente le effettive necessità”.
Il futuro ci consentirà di capire se un equilibrio tra le diverse necessità da preservare esiste ed è a portata di mano.
Nel frattempo, però servirà attenzione, perché le tecnologie sono a disposizione di tutti, non solo dei controllori, ma anche dei controllati.
Uno studente, ovviamente in forma anonima, in un forum ha scritto:
“Ho un esame all’università online ed hanno introdotto una specie di software di controllo (lockdown browser e proctoring) che:
– Impedisce di accedere ad altre applicazioni o funzionalità del PC stesso (chat, navigazione Internet, apertura di documenti,
– Monitora tramite la webcam del PC il comportamento del candidato durante la prova, segnalando con degli ALERT eventuali infrazioni (sguardo distolto dal monitor, allontanamento del candidato, presenza di altre persone, ecc.)
– Registra l’audio ambientale rilevando eventuali voci
C’è qualche modo per poter bypassare ciò? magari attivando due schermi nello stesso pc che mi permettono anche in un eventuale “registrazione dello schermo” di poter stare tranquillo aprendo dei pdf?”
Presto o tardi, qualcuno potrebbe sapere come rispondergli.