intelligenza artificiale

Esplorare l’AI a scuola: ecco perché è un’occasione di inclusione e sviluppo

Sviluppare una cultura dell’AI a scuola non può che trasformarsi in innovazione didattica, organizzativa, sociale. L’obiettivo è promuovere una costante attività di sorveglianza della costruzione del pensiero critico, per evitare un sottoutilizzo o un uso incoerente vanifichino i possibili impatti positivi della tecnologia

Pubblicato il 28 Apr 2023

Daniela Di Donato

Docente di italiano (Liceo scientifico), PhD in Psicologia sociale, dello sviluppo e della Ricerca educativa presso Sapienza Università di Roma, esperta di metodologie didattiche, inclusione e uso delle tecnologie digitali a scuola.

scuola libri digitale

Esplorare le potenzialità dell’AI a scuola potrebbe essere una attività indispensabile innanzitutto per conoscere la nuova incarnazione della tecnologia digitale e le sue estensioni; non va poi dimenticato che paradossalmente l’AI esegue un compito con successo solo quando per arrivare a questo risultato non c’è bisogno di intelligenza. Ecco perché è importante che la scuola rafforzi, in merito allo sviluppo della cultura digitale, il proprio ruolo di supporto nella costruzione di meccanismi di vigilanza della nostra mente e del suo funzionamento.

Le neuronarrazioni e la costante ambiguità dei media digitali

Pensavo a questo quando, qualche tempo fa, ho riletto un volumetto interessante sulle neuronarrazioni. Presentando la morfologia della narrazione romanzesca, definita come global novel, l’autore ne descrive le caratteristiche: rispecchia il mondo contemporaneo, è detemporalizzata, individualistica, narrante più che descrittiva. In questo romanzo della globalizzazione il personaggio si muove negli spazi senza abitarli, senza una vera e propria identità sua, ma solo come sintesi delle identità altrui: cancellabile, riutilizzabile e replicabile (Calabrese, 2020). Il vantaggio di questo formato è che può raggiungere tutti in ogni punto del pianeta, supera ogni confine territoriale, linguistico e culturale. Nella narrazione entra ogni cosa: fumetti, racconti orali, twitter, serie tv, meme, resoconti di viaggi.

Mi ha ricordato il testo della canzone di Samuele Bersani, costruito su una idea contraria all’immersione, cioè la non partecipazione alle vicende umane: “Lo scrutatore non votante/È solo un titolo o un’immagine/Per cui sarebbe interessante/Verificarlo in un’indagine/Intervistate quel cantante/Che non ascolta mai la musica/Oltre alla sua in ogni istante/Sentiamo come si giustifica/Lo scrutatore non votante/È come un sasso che non rotola/Tiene le mani nelle tasche/E i pugni stretti quando nevica./Prepara un viaggio, ma non parte/Pulisce casa, ma non ospita/Conosce i nomi delle piante/Che taglia con la sega elettrica”.

Una delle caratteristiche dei media digitali contemporanei è questa costante ambiguità data dalla loro natura allo stesso tempo reattiva e interattiva (Ryan, 2004): nel primo caso l’ambiente cambia in conseguenza di azioni non intenzionali dell’utente, mentre nel secondo caso l’interattività è la risposta ad una azione deliberata.

Dove si colloca la narratività delle AI

L’immersione si ottiene quando c’è simultaneità e tempo reale, l’opera coinvolge l’intero sistema percettivo e infine le narrazioni si svolgono in prima persona, fingendo di svolgersi esattamente nel momento in cui il fruitore legge o entra in contatto con il racconto. Insomma, immergersi fa scomparire il mio tempo e il mio spazio a favore del tempo e dello spazio di qualcun altro, nella migliore delle ipotesi le due dimensioni agiscono simultaneamente: il mio e il suo. Se è vero che la narratività fa parte di una strategia evolutiva degli esseri umani, sintesi tra natura e cultura (Boyd, 2005), dove si colloca la narratività delle AI? Un essere umano che produce rappresentazioni o storie vigila costantemente sul rapporto finzione-realtà, controlla le convenzioni comunicative del linguaggio che ha scelto (testo, immagini, voce…), immagina il suo pubblico. La memoria agisce come un sistema di recupero delle informazioni, ma riscrive anche ciò che ricorda producendo inferenze su ciò che non ricorda: seleziona, taglia, rielabora, sintetizza, scarta. Una Ai che racconta invece che cosa fa? Sintesi della sintesi, apparentemente privata di una storia, che unisca tutti i punti.

Le definizioni di AI sono ancora in via di sviluppo: Turing stesso discusse a lungo sull’idea delle macchine che pensano, considerandolo una questione insensata.

La domanda però non è più se l’AI avrà un impatto su individui, società e ambienti, ma quanto questo impatto sarà positivo o negativo e sembra che possano essere quattro le principali opportunità che l’AI offrirebbe alla società (Floridi, 2022):

  • La realizzazione autonoma di noi stessi, ovvero chi possiamo diventare;
  • L’agire umano, ovvero cosa possiamo fare;
  • Le capacità individuali e sociali, ovvero che cosa possiamo conseguire
  • La coesione sociale ovvero come possiamo interagire gli uni con gli altri e con il mondo.

L’IA e la nostra capacità di essere menti narranti

Tali occasioni però potrebbero essere vanificate da un sottoutilizzo o da un utilizzo incoerente: per esempio invece di favorire l’autonomia della persona creare delle dipendenze o svalutare le capacità umane; invece di sostenere la responsabilità umana, rimuoverla; invece di incrementare le capacità sociali, ridurle; infine annientare l’autodeterminazione, il cuore del nostro essere umanità.

Non c’è bisogno di citare Daniel Kahneman e i suoi studi sul pensiero lento e veloce (Kahneman, 2012) per arrivare a proporre come uno dei compiti principali della scuola quello di supportare la costruzione di meccanismi di vigilanza della nostra mente e del suo funzionamento, intercettando i bias cognitivi e migliorando le proprie capacità decisionali. E di nuovo si parla della nostra capacità di essere menti narranti: creiamo storie su ciò che ci succede, colleghiamo eventi e circostanze a ciò che conosciamo del mondo. Quando però le nostre conoscenze non sono sufficienti, riempiamo i buchi anche con dati ancora non validati, per mantenere la coerenza cognitiva che ci serve. Facendo così però alla fine potremmo inventare una realtà diversa da quella autentica, sviluppando una tendenza a mascherare le difficoltà e i problemi invece che risolverli (Benanti, 2023).

Non dimentichiamo che l’AI può trasformarsi in alleata nelle operazioni di analisi dei risultati di apprendimento delle studentesse e degli studenti, non per sostituirsi all’insegnante, bensì per supportare le figure educative nel prevedere le probabilità che uno studente fallisca, interrompa o abbandoni la scuola (Ferro Allodola, 2021). L’AI, con la riflessione profonda del rapporto tra reale e virtuale che porta nella scuola, può rappresentare una nuova risorsa capace di promuovere e favorire l’inclusione di qualità, grazie alle tecnologie multisensoriali, adottate per agevolare l’apprendimento di bambini, preadolescenti e adolescenti colpiti da disturbi dello spettro autistico, così come alle innumerevoli soluzioni per supportare studentesse e studenti con Bisogni Educativi Speciali.

Conclusioni

Sviluppare una cultura del digitale e ora anche una cultura dell’AI a scuola non può che trasformarsi nello sviluppo di un’apertura costante verso l’innovazione didattica, organizzativa, sociale. L’obiettivo è praticare una Digital Literacy allo scopo di promuovere una costante attività di sorveglianza della costruzione del pensiero critico (metacognizione e problem solving), permettere una esposizione continua al confronto e alla messa in discussione dei pensieri propri ed altrui in relazione ad una frontiera di affidabilità, sempre da discutere e confermare; imparare a confutare con scetticismo le teorie cospiratorie, continuando a credere nelle finzioni narrative ma perché contribuiscono a farci conoscere mondi possibili e non perché ci presentano soluzioni facili a problemi difficili (Gottshall, 2012); superare lo storytelling di una separazione tra scienza e humanitas per coniugarli invece sempre più strettamente e con creatività e fiducia.

C’è un tempo per esplorare in modo da prepararsi a comprendere, per non perdere l’occasione di migliorare. Il tempo è questo.

Bibliografia

Benanti, P. (2022). Human in the loop. Decisioni umane e intelligenze artificiali. Mondadori Università.

Calabrese, S. (2020). Neuronarrazioni. Editrice Bibliografica

Fabiano, A. (2022). Hypothesis for Better Social Justice: The Inclusive School between Digital Teaching and Artificial Intelligence. Formazione & Insegnamento, 20(1 Tome I), 116–126. https://doi.org/10.7346/-fei-XX-01-22_11

Ferro Allodola, V. (2021). L’apprendimento tra mondo reale e virtuale. Teorie e pratiche. Editzioni ETS.

Gottshall, J. (2014). L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani. Bollati Boringhieri.

Kahneman, D. (2013). Pensieri lenti e veloci. Mondadori

Floridi, L. (2022). L’etica dell’Intelligenza artificiale. Sviluppi, opportunità, sfide. Raffaello Cortina Editore.

Ryan, M.L. (2004). Narrative across media: the languages of Storytelling. University of Nebraska Press.

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