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Formazione docenti, come deve cambiare per il futuro della Scuola

Occorre una formazione, non più obbligatoria, che faccia leva sulle motivazioni di base dei docenti e sulla voglia di crescita finalizzata ad acquisire nuove competenze spendibili in maniera pratica ed efficiente nei loro percorsi di insegnamento e di crescita professionale. Ecco tre modi per riuscirci

Pubblicato il 03 Apr 2018

Giuseppe Lanese

Consigliere nazionale PA Social e Coord. Tavolo Nazionale Scuola, Membro Osservatorio Nazionale sulla Comunicazione Digitale, vicedirettore di Datamagazine.it

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La formazione in servizio per i docenti è divenuta fondamentale per restare sempre collegati alle nuove sfide che la scuola riserva ogni giorno ai professionisti del settore. La legge 107 del 2015 (quella sulla “Buona Scuola”) definisce la formazione del personale della scuola come “obbligatoria, permanente e strategica”, purché non resti l’idea sbagliata di una formazione come mero “aggiornamento” e non come valore aggiunto al percorso professionalizzante del personale docente. Le linee guida del MIUR, del resto, sono chiare e possiamo sintetizzarle in cinque punti:

  1. il principio della obbligatorietà della formazione in servizio;
  2. l’assegnazione ai docenti di una card personale per la formazione;
  3. la definizione di un Piano nazionale di formazione (triennale), con relative risorse finanziarie;
  4. l’inserimento nel piano triennale dell’offerta formativa di ogni singola scuola della ricognizione dei bisogni formativi e delle azioni formative progettate;
  5. il riconoscimento della partecipazione alla ricerca, alla formazione, alla documentazione di buone pratiche, come criteri per valorizzare e incentivare la professionalità docente.

La formazione docenti che serve per la Scuola del futuro

Il “sistema” della formazione in servizio, spiega sempre il MIUR, viene immaginato come “ambiente di apprendimento permanente” per gli insegnanti ed è costituito da una rete di opportunità di crescita e di sviluppo professionale per i docenti. Ma oggi è realmente così? Se, infatti, una delle sfide più importanti, quando si parla di governance della scuola e didattica delle competenze, è quella di garantire una formazione di qualità, allo stato dell’arte, dietro il processo di democratizzazione delle attività di formazione (accesso alla formazione per tutti), si rischia di creare una omologazione dei processi con scarso rendimento in termini di efficacia.

La formazione non deve essere più vista solo come attività obbligatoria da svolgere come compito puramente passivo, ma occorre una formazione che faccia leva sulle motivazioni di base dei docenti e sulla voglia di crescita finalizzata ad acquisire nuove competenze spendibili in maniera pratica ed efficiente nei loro percorsi di insegnamento e di crescita professionale. Fermo restando la necessità di garantire a tutti i docenti una formazione di base obbligatoria e standard, occorre pensare a percorsi e livelli successivi di formazione in cui spingere sulla molla della sana competizione tra i corsisti (docenti).

Come sviluppare la nuova formazione docenti

Occorre puntare, dunque, su una formazione che non sia più solo obbligatoria, ma volontaria o selezionata (anche attraverso test di ingresso). L’obiettivo deve essere quello di organizzare corsi per docenti realmente motivati ad accrescere le proprie competenze attraverso una formazione mirata e di qualità. Sappiamo, infatti, che l’apprendimento può dirsi efficace solo se c’è una vera motivazione ad apprendere.

Alla base di queste riflessioni, è possibile individuare tre strade da percorrere per far sì che la formazione in ambito scolastico diventi realmente efficace.

  • La prima riguarda la possibilità di concedere una maggiore libertà alle singole scuole per puntare su percorsi di formazione mirati in base alle esigenze del Ptof (Piano triennale dell’offerta formativa). Quindi garantire una formazione meno centralizzata attraverso l’erogazione ad ogni Istituto di specifici contributi per le attività di formazione.
  • La seconda strada interessa la capacità da parte dei singoli Istituti di programmare una formazione di alta qualità attraverso l’individuazione e la formazione di uno Staff per la formazione e di un Referente per la formazione (come già accade per la figura dell’Animatore digitale nel PNSD).
  • La terza strada, infine, comporta la necessità di una selezione in ingresso dei docenti per percorsi di formazione che dovranno diventare sempre più mirati. Si dovrà passare da un livello base di formazione (uguale per tutti) ad un livello avanzato (accessibile solo a docenti realmente motivati). Guardiamo, ad esempio, all’attività di formazione sulle norme che regolamentano l’Alternanza scuola-lavoro.

La conoscenza base è fondamentale per tutti i docenti, perché le attività di Alternanza coinvolgono anche i consigli di classe. Poi, però, necessità una formazione più diretta ai referenti e ai tutor riferita ad aspetti gestionali e progettuali. È inutile sottolineare che, per percorrere queste tre strade, occorre rivedere anche i criteri di erogazione dei fondi concessi dal Miur e destinati alle scuole. Non andrebbero più stanziati nelle disponibilità di scuole polo regionali, ma erogati direttamente alle singole scuole in base ad una qualità progettuale certificata dagli Uffici Scolastici Regionali.

Il Piano per la formazione dei docenti per il periodo 2016/2019 prevede un investimento di 325 milioni di euro, a cui si aggiungono 1,1 miliardi della Carta del docente. Sono coinvolti tutti i docenti di ruolo, circa 750.000, mentre altre azioni formative sono dirette al restante personale scolastico. La sfida di una formazione sempre più di qualità, anche alla luce di questo ingente impegno di risorse, non può non essere vinta. E dopo il primo triennio di sperimentazione della Buona Scuola, è arrivato il momento di voltare pagina e di effettuare un vero salto di qualità.

Forte della storica esperienza nella diffusione delle competenze digitali a tutti i livelli, attraverso le certificazioni informatiche europee e i numerosi progetti e sperimentazioni sviluppati in collaborazione con il MIUR, AICA, l’Associazione italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico, è da tempo impegnata a promuovere questo salto di qualità attraverso un approccio di sistema con percorsi diversi in grado di coinvolgere gli studenti, gli insegnanti e le scuole stesse come organizzazioni.

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