decreto-legge n.36

Formazione e carriera dei docenti, l’Italia le sostiene solo a parole: le anomalie da sanare

Da una parte si continua a sostenere che la professionalità del docente sia al primo posto degli interessi del Paese, dall’altra, anche con il recente DL n.36, si rende più complesso e farraginoso lo sviluppo di questa carriera e l’adozione di questo ruolo nella società. Le incongruenze su cui riflettere

Pubblicato il 30 Giu 2022

Daniela Di Donato

Docente di italiano (Liceo scientifico), PhD in Psicologia sociale, dello sviluppo e della Ricerca educativa presso Sapienza Università di Roma, esperta di metodologie didattiche, inclusione e uso delle tecnologie digitali a scuola.

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La formazione iniziale dei docenti e quella in itinere sono nodi aggrovigliati e incartapecoriti del nostro sistema di istruzione e da diversi anni. Da quando il comma 124 della Legge 107/2015 l’ha resa obbligatoria, permanente e strutturale, la formazione dei docenti ha sofferto di almeno due anomalie, rispetto a quella di tutti gli altri lavoratori della Pubblica amministrazione:

  • non è mai stato specificato il numero di ore di formazione obbligatoria in un anno
  • è sempre stata prevista rigorosamente fuori dall’orario di servizio.

Che cosa cambia dal 30 aprile 2022, con l’approvazione alla camera del Decreto-legge n. 36 “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (PNRR), che detta disposizioni anche in materia di istruzione?

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Praticamente niente, anzi: anche stavolta nessuna eccezione: nessuna sanatoria delle ambiguità, ma un rinforzo di entrambe. L’adesione al percorso formativo è volontaria, così come rimane fuori dall’orario di servizio.

Nel rinnovo contrattuale del CCNL 2016-2018 la formazione si continuava a considerare obbligatoria solo se regolarmente deliberata dal Collegio dei docenti e, mentre prima la governance era affidata al Ministero, dall’ottobre del 2020 la formazione dei docenti è regolata dal CCNL, la cui ultima sottoscrizione conteneva i criteri generali di ripartizione delle risorse per la formazione del personale docente e delineava il quadro di riferimento, entro cui realizzare le attività di formazione in servizio per il personale della scuola per i tre anni scolastici a seguire (2019/20, 2020/21, 2021/22).

Le novità del decreto-legge n. 36

Gli articoli dal 44 al 47 del Decreto Legge n. 36 riscrivono parte del Decreto Legislativo 59/2017, che aveva come obiettivo il riordino, l’adeguamento e la semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria:

  • art. 44. Formazione iniziale e continua dei docenti delle scuole secondarie
  • art. 45. Valorizzazione del personale docente
  • art. 46. Perfezionamento della semplificazione della procedura di reclutamento degli insegnanti
  • art. 47. Misure per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza di cui è titolare il Ministero dell’istruzione per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione.

La Scuola di alta formazione

Nell’atto di indirizzo, il Ministro Bianchi aveva già preannunciato una riforma del sistema di reclutamento degli insegnanti e la nascita di un nuovo organismo interno al ministero, con un ruolo di coordinamento: la Scuola di alta formazione. Ora vediamo nel decreto che è composta da ben quattordici dipendenti e da un comitato tecnico-scientifico (Indire, Invalsi e Università italiane e straniere).

Perché occorre creare e finanziare un nuovo organismo, depauperando fondi sempre dalle stesse casse? L’ultimo aumento percepito nel contratto degli insegnanti è stato di poche decine di euro, nei casi più fortunati. L’adeguamento al contesto europeo non si dovrebbe vedere solo negli ambienti didattici innovativi o nell’adozione di nuove metodologie didattiche, ma anche nell’incentivare i professionisti del mondo della scuola, che in questi anni difficili hanno lavorato, per garantire un servizio educativo coerente con il difficile momento storico.

Formazione iniziale, abilitazione e accesso all’insegnamento nella scuola secondaria

Nel Decreto si definiscono poi le modalità di formazione iniziale, abilitazione e accesso all’insegnamento nella scuola secondaria attraverso:

  1. Un percorso universitario abilitante di formazione iniziale (corrispondente ad almeno 60 crediti formativi), con prova finale.
  2. Un concorso pubblico nazionale con cadenza annuale
  3. Un periodo di prova in servizio di un anno con valutazione conclusiva.

Viene in questo modo introdotto un percorso di formazione iniziale e abilitazione dei docenti di posto comune, compresi gli insegnanti tecnico-pratici, delle scuole secondarie di I e II grado.

Gli obiettivi del percorso di formazione iniziale

Gli obiettivi di questo percorso di formazione iniziale e abilitazione dei docenti della scuola secondaria sono:

  • lo sviluppo di competenze disciplinari, culturali, pedagogiche, didattiche e metodologiche rispetto ai nuclei basilari dei saperi fissati per gli studenti;
  • le competenze proprie della professione di docente, in particolare pedagogiche, relazionali, valutative, organizzative e tecnologiche, integrate in modo equilibrato con i saperi disciplinari e quelle competenze giuridiche (legislazione scolastica);
  • la capacità di progettare percorsi didattici flessibili adeguati alle capacità e ai talenti degli studenti da promuovere nel contesto scolastico, al fine di favorire l’apprendimento critico e consapevole e l’acquisizione delle competenze da parte degli studenti;
  • la capacità di svolgere con consapevolezza i compiti connessi con la funzione di docente e con l’organizzazione scolastica e la deontologia professionale.

Tutti questi compiti sono già esplicitati all’art. 27 del CCNL, nel quale mancano solo le competenze manageriali ed aerospaziali e poi direi che ce n’è per almeno altre dieci professionalità diverse.

Le modifiche in tema di reclutamento dei docenti

L’articolo 46 interviene sulle disposizioni dettate dal D.L.73/2021 (“sostegni-ter”) per apportare alcune modifiche sempre in tema di reclutamento dei docenti.
In particolare, prevede che:

  • la prova scritta dei concorsi possa anche prevedere, fino al 31 dicembre 2024, una prova strutturata e, a far data dal 1° gennaio 2025, anche più quesiti a risposta aperta;
  • la prova orale accerti oltre alle conoscenze disciplinari anche quelle didattiche e la capacità e attitudine all’insegnamento anche attraverso un test specifico;
  • nei concorsi, all’esito del superamento della prova scritta, della prova orale e della valutazione dei titoli, è prevista la formulazione di una graduatoria dei docenti che devono ancora conseguire l’abilitazione e che hanno partecipato al concorso in forza del servizio di tre anni nelle scuole statali ovvero in forza del possesso di almeno 30 CFU;
  • viene introdotto un nuovo comma (10-ter) all’art.59, nel quale si prevede che l’assunzione in ruolo dei vincitori del concorso già in possesso dell’abilitazione avvenga con precedenza rispetto ai vincitori privi dell’abilitazione.

Le incongruenze su cui riflettere

Alcune incongruenze, per le quali sarebbe necessaria forse una riflessione sono:

  • Perché non si specifica in quali aree dovrebbero essere acquisiti i 30 CFU universitari, lasciando campo aperto a qualsiasi tipo di scelta basata su criteri del tutto soggettivi e disomogenei rispetto agli obiettivi dichiarati?
  • Perché spetta alle scuole la gestione dell’incentivo salariale e soprattutto perché può accedere solo il 40% dei richiedenti? Ancora una volta, invece di agire sulla carriera del docente, regolandone lo sviluppo nel contratto e inserendo il tanto atteso middle-management, si affida questo compito all’istituzione scolastica.

Conclusioni

La VI sezione della Corte di Giustizia Europea, con ordinanza del 18 maggio 2022, ha riconosciuto anche a tutti i docenti precari della scuola il diritto ad usufruire del beneficio economico di euro 500 annui, tramite la Carta del docente, per l’aggiornamento e la formazione del personale docente. Ora sembra che quello che è appena stato riconosciuto come un diritto per tutti potrebbe essere sottratto a ciascuno. Insomma, da una parte si continua a sostenere che la professionalità del docente sia al primo posto degli interessi del Paese, dall’altra si rende più complesso e farraginoso lo sviluppo di questa carriera e l’adozione di questo ruolo nella società.

Finché poi l’adesione ai percorsi formativi sarà su base volontaria e legata ad una premialità del tutto limitata nel numero e nelle quantità, dubito che il sistema potrà mai trarne tutti i benefici sperati.

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