Cittadinanza, occupabilità e povertà sono tre parole che facilmente rimandano all’ambito dell’agire educativo. Formare cittadini “responsabili e attivi”, fornire gli strumenti per partecipare consapevolmente alle scelte e alle sfide sociali e civiche, nonché per contribuire allo sviluppo delle comunità locali, del Paese e della società globale sono tutti obiettivi che appartengono alla mission della scuola italiana. Le diverse declinazioni del termine cittadinanza, digitale, globale o anche “terrestre”, per citare Edgard Morin (1999), rimandano alle trasformazioni sociali in corso, consolidando nuovi significati che definiscono la partecipazione pubblica nei contesti di mutamento tecnologico, geo-politico, ecologico in corso.
Scuola-lavoro, una questione di inclusione: il ruolo di tecnologie e territori
Quanto all’occupabilità, non occorre soffermarsi particolarmente sulla centralità della formazione nel contrasto alla disoccupazione e alla povertà, ma appare interessante sottolineare il cambio di rotta che accompagna l’abolizione del reddito di cittadinanza in favore di Mia, Misura di Inclusione Attiva, che sembra configurarsi come misura di contrasto alla povertà e all’esclusione delle fasce più deboli, ma anche di politica attiva.
Per i “non occupabili”, nel passaggio da una definizione che rimanda da una identità di cittadinanza ad una che evidenzia la condizione di povertà si ritrova un attributo di indigenza, che confina i percettori del sussidio in uno stato di deprivazione e di bisogno. L’identità rispecchiata in tale definizione viene costruita nel divario e nell’esclusione, a livello individuale e collettivo, con il rischio di consolidare – invece di contrastare – stati di emarginazione ed esclusione sociale. Per i cosiddetti “occupabili” sarà significativo il valore delle politiche attive, che dovranno essere effettivamente in grado di sostenere nuovi strumenti per l’attivazione al lavoro. In assenza di un progetto finalizzato all’effettivo miglioramento delle condizioni di occupabilità della fin troppo numerosa e diversificata platea che rientrerebbe in tale categoria, la misura rischia di amplificare l’esclusione. A tali cittadini viene prospettato uno scenario di responsabilità individuale e l’invito ad essere propositivi e attivi, in un contesto nel quale potrebbero tuttavia mancare opportunità da cogliere e competenze da introdurre.
Con il potenziale pericoloso effetto di ampliare le condizioni di disagio individuale, culturale e sociale che, come gli studi sul tema hanno già evidenziato, alimentano “il circolo vizioso che circonda la disoccupazione, riducendone le possibilità di riscatto”. (Morlicchio 2012)
Il tema delle aspirazioni è cruciale in tale contesto. Come afferma l’antropologo indiano Arjun Appadurai (2014) la capacità di “navigare la mappa delle norme” e delle opportunità, di individuare progettualità di vita e di perseguire gli obiettivi necessari rappresenta un elemento culturale costruito tra le esperienze del passato e l’immaginazione del futuro. Su questa via la formazione gioca un ruolo fondamentale ed incontra il tema dell’occupabilità attraverso, innanzitutto ma non solo, il potenziamento della capacità di riconoscere come percorribili nuove strade, di individuare per sé nuovi e diversi “futuri possibili”, ampliando il raggio di visione delle opportunità, da cogliere e da costruire (Buffardi 2020, Benedetti e Buffardi 2022).
In quest’ambito, la digitalizzazione in corso non può essere trascurata senza allargare fortemente la distanza tra la domanda e offerta di lavoro.
Nuovi corsi e opportunità di formazione rappresentano una delle strategie da mettere in campo, tanto più valida se disegnata con riferimento all’ampio spettro di competenze, che oltre a quelle tecniche e specialistiche includono quelle generali e le soft skills, per accompagnare la crescita della persona, rispetto alla possibilità di “esplorare la mappa delle opportunità” e anche alla luce delle trasformazioni degli stessi processi lavorativi che renderanno rapidamente obsolete le capacità acquisite.
Le misure del PNRR guardano in tale direzione evidenziando la necessità di superare la separazione tra politiche della formazione e politiche attive del lavoro, potenziando inoltre la cooperazione tra ambito pubblico e privato. In un disegno di collaborazioni che non è nuovo né al mondo della istruzione pubblica né a quello imprenditoriale e al terzo settore, l’incontro tra formazione e lavoro è parte di una rete di opportunità e bisogni, da mettere in comune per costruire opportunità per i singoli, che si traducono in crescita collettiva.
Atlante del lavoro nell’istruzione degli adulti
In ambito formativo, i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) rappresentano il segmento di istruzione pubblica dedicato agli adulti, operano come rete territoriale di servizio e possono ampliare la propria offerta formativa stipulando accordi con gli enti locali e altri soggetti pubblici e privati, per la realizzazione di iniziative finalizzate a potenziare le competenze di cittadinanza e quindi l’occupabilità della popolazione. I CPIA rappresentano un segmento formativo che, potenzialmente, assume particolare rilevanza ai fini dell’inclusione sociale e lavorativa, in relazione alle utenze di riferimento che comprendono, tra gli altri, giovani in dispersione scolastica, minori stranieri non accompagnati, NEET, adulti a bassa scolarità, inattivi/inoccupati/disoccupati/detenuti. Una platea di riferimento che necessita di un raccordo con le istituzioni formative e rispetto alle quali i CPIA possono svolgere un ruolo centrale nel garantire orientamento, formazione, qualificazione e riqualificazione professionale. E’ opportuno ricordare, per cogliere le potenzialità del ruolo dei CPIA è che essi rappresentano, inoltre, soggetti pubblici di riferimento per la costituzione delle reti territoriali per l’apprendimento permanente (Conferenza Unificata del 15 luglio 2014).
L’indagine condotta da Indire
L’indagine condotta da Indire “Italia, Innovazione e Tradizione. Atlante del Lavoro nell’Istruzione degli Adulti” ha l’obiettivo di disegnare un atlante del lavoro nell’educazione degli adulti, su base territoriale e per ambiti professionali e produttivi, anche in relazione alla domanda, con l’obiettivo di rappresentare la realtà delle iniziative condotte e di accompagnare il sistema CPIA nel potenziamento di relazioni, partnership e attività orientate (anche) a migliorare le condizioni di occupabilità delle sue studentesse e dei suoi studenti. La prima survey, da poco conclusa e rivolta ai 130 CPIA italiani, evidenzia tuttavia la forte difficoltà di questo segmento a intraprendere azioni nella direzione della digitalizzazione del lavoro. Contemporaneamente, la ricerca evidenzia la vitalità del sistema CPIA in ambiti più tradizionali, oltre che nelle attività di potenziamento linguistico – lingua italiana e straniera – nell’area delle competenze di base e di orientamento civico. Tra i 97 dirigenti scolastici rispondenti all’indagine, 67 dichiarano, inoltre, di aver svolto con frequenza corsi volti al potenziamento delle competenze digitali. Scarse sono, tra i rispondenti, invece, le attività riconducibili a corsi di qualificazione o riqualificazione professionale, all’apprendistato, ai tirocini, all’alternanza/PCTO.
L’indagine evidenzia che i CPIA paiono maggiormente coinvolti in reti territoriali per l’apprendimento permanente e in network variamente orientati all’intercettazione della domanda territoriale, alla progettazione e al miglioramento dell’offerta formativa e alla erogazione di percorsi definiti con altri soggetti. Non sorprende che sia, invece, scarsamente rappresentata la partecipazione in sistemi territoriali cosiddetti innovativi (poli produttivi innovativi, laboratori di tecnologie abilitanti, incubatori e acceleratori di imprese, FabLab). La fase qualitativa della ricerca consente di far luce su una parte delle condizioni associate a tale situazione. Nella complessità dei fattori, di ordine normativo e legislativo, culturale, sociale ed economico, e nella varietà territoriale, un elemento in campo sembra essere lo scarso riconoscimento del sistema CPIA al di fuori dell’ambito della marginalità sociale, oltre alla limitata disponibilità finanziaria per la diversificazione di iniziative o di nuove progettualità.
Queste ultime rappresentano, peraltro, le principali azioni in grado di attrarre giovani (e meno giovani) italiani, di fronte ad una utenza in crescita prevalentemente tra gli stranieri, che rende necessario potenziare innanzitutto il livello delle competenze linguistiche di base.
Le attività svolte per il lavoro nascono per lo più dalla collaborazione con associazioni, enti del territorio, del terzo settore, dei mestieri e dell’artigianato territoriale. Il panorama delle iniziative risulta comunque vario, sebbene limitato da condizioni che offuscano l’orizzonte progettuale.
Il ruolo dei CPIA e le opportunità del programma GOL
Tra le azioni del PNRR volte ad ampliare l’occupabilità, il programma Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori (GOL), nell’ambito delle politiche attive per il lavoro, valorizza l’intreccio con il mondo della formazione, offrendo ai cittadini beneficiari opportunità di qualificazione e riqualificazione progettate in base alle esigenze delle imprese e ai fabbisogni del mercato del lavoro, tenendo conto delle competenze in ingresso dei partecipanti. Il target di destinatari comprende cittadini beneficiari di ammortizzatori sociali, beneficiari di reddito di cittadinanza, lavoratori fragili o vulnerabili, disoccupati. Il programma Gol prevede una serie di misure per il reinserimento lavorativo.
Tra i profili di qualificazione lavorativa, quello per i lavoratori “con bassa occupabilità” prevede percorsi di lavoro e inclusione, sulla base dell’attivazione di collaborazioni con la rete dei servizi territoriali (educativi, sociali, sanitari, di conciliazione). In particolare, il Decreto riconosce che l’integrazione dei servizi è cruciale in special modo per i soggetti più fragili dove è necessario un intervento sulle competenze di base che chiama in causa un coordinamento con i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti- CPIA.
I piani attuativi regionali del programma Gol complessivamente sembrano includere i CPIA tra i soggetti pubblici deputati alla formazione, con una variabilità che, almeno nella progettualità disegnata nei singoli piani, potrebbe lasciare spazio al riconoscimento di tale segmento, in particolare con riferimento alla sua utenza fragile, con l’obiettivo di favorire l’accesso di persone in carico ai servizi sociali integrando i servizi e valorizzando la capillarità territoriale dei CPIA che garantisce la prossimità degli interventi prevista dal Decreto.
Tale riconoscimento dai piani attuativi dovrà tradursi in effettivo agire di rete territoriale dei servizi, garantendo le condizioni per un effettivo coinvolgimento dei CPIA. Appare tuttavia necessario andare anche oltre, valorizzando il ruolo che il segmento dell’istruzione pubblica degli adulti può rivestire nei singoli territori, di fronte a situazioni di fragilità, ma anche solo di disagio temporaneo, per il possibile recupero della dispersione scolastica, e non ultimo in relazione alla necessità di riqualificazione delle competenze nel contesto di trasformazione digitale in atto. Una trasformazione che è innanzitutto culturale, come ben sanno i docenti e i dirigenti dei CPIA: scuole pubbliche per l’istruzione degli adulti.
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La rete territoriale per l’apprendimento permanente: piazze digitali e territoriali
Da questo punto di vista la Rete territoriale dei servizi prevista dal Progetto GOL deve intendersi come un’opportunità importante di cooperazione tra i servizi pubblici e quelli privati finalizzata alla personalizzazione degli interventi. È riduttivo immaginare la rete di prossimità promossa dai Centri per l’impiego come una Rete che si limita a formalizzare ‘cataloghi’ di proposte formative tra di loro giustapposte, senza che esse abbiano la capacità di dialogare e di disegnare interventi ‘su misura’, di personalizzare la proposta, attraverso un approccio che integra tra di loro vari segmenti flessibili di formazione finalizzati a costruire competenze di base, competenze di formazione professionale e esperienze di inserimento nel mondo del lavoro. Le competenze di base digitali oggi sono diventate competenze di cittadinanza e la loro padronanza consente alla persona di cogliere le opportunità del mondo del lavoro e di orientarsi nel territorio e nei suoi legami sociali.
I CPIA attraverso la progettazione collaborativa di percorsi flessibili orientati alla padronanza delle competenze di base nell’ambito della Rete territoriale dei servizi che integra soggetti pubblici, privati e del terzo settore hanno l’opportunità di toccare con mano i bisogni del territorio e degli utenti e di ricavare informazioni basilari per ricalibrare anche la proposta dei percorsi d’istruzione di cui sono titolari. È, inoltre, un’opportunità di crescita professionale che ha una ricaduta importante nella professionalità dei Collegi Docenti che elaborano il Piano Triennale dell’Offerta Formativa in una dimensione di lavoro collegiale. Ma un approccio integrato di questo tipo che non si limita a costruire cataloghi di formazione e a perpetuare gli steccati che ciascuna agenzia formativa costruisce intorno a sé, va a tratteggiare una Rete Territoriale per l’apprendimento permanente (RETAP) che è molto di più della somma dei suoi componenti. La RETAP esiste in un territorio quando gli enti pubblici e privati, dialogano tra loro, progettano percorsi che si integrano sulla base di bisogni specifici rilevati, conoscono i rispettivi punti di forza e le criticità, hanno sviluppato una serie di relazioni stabili sul territorio che non si limitano agli incontri delle figure apicali delle varie organizzazioni. Possiamo cioè affermare che una Rete territoriale esiste nella misura in cui il Tavolo è sorretto da relazioni costanti tra tutti i suoi componenti. In questo caso potremmo dire che per fare un tavolo non bastano accordi e strumenti formali, ma che “per fare un Tavolo capace di proiettarsi in una dimensione di Rete ci vuole un fiore” (CRS&S Lombardia 2021), cioè relazioni e condivisione di prospettive, di finalità e di capacità di programmazione integrata. La sfida che l’investimento del programma GOL ci pone può essere vinta solo nella misura in cui si riuscirà a realizzare nei territori un salto di qualità nel modo di fare rete e si saprà valorizzare le competenze acquisite dai Cpia nell’istruzione degli adulti.
La Rete per l’Apprendimento permanente può avvalersi di una piazza digitale per includere e per consolidare le relazioni tra i partner. Un esempio è la Piattaforma Piazza Bella Piazza realizzata nell’ambito della Rete Territoriale a Lecco, che mira a includere i soggetti più fragili attraverso modalità di apprendimento non formale e informale che si sviluppano a partire dalla costruzione di reti di relazioni appartenenti al territorio. Il portale nasce come strumento di inclusione sociale per il progetto “DGR Inclusione” con capofila il Comune di Lecco. Grazie al lavoro collaborativo con gli Enti Istituzionali e del Terzo Settore operanti sul territorio di Lecco all’interno di questo progetto, il CPIA ha potuto creare uno strumento digitale finalizzato a supportare lo sviluppo di contenuti utili e funzionali al miglioramento della vita sociale e lavorativa in Italia, tutti dalla natura squisitamente pratica. I video sono divisi in tre sezioni tematiche in base alle diverse necessità: “Impara con noi”, “Cittadini siamo noi” e “I luoghi della città” L’utente trova brevi video, pillole informative che lo orientano nell’utilizzo dei servizi e delle opportunità formative e associative del territorio. La costruzione del portale digitale e la sua implementazione sono inoltre un’occasione costante di confronto e di conoscenza tra tutti i partner del territorio. Insomma, attraverso la dimensione digitale la Piazza rivive di nuovi soggetti e di nuovi legami sociali.
Inoltre, il portale digitale consente una interessante contaminazione tra apprendimento informale e formale, perché i contenuti dei video sono ripresi nelle lezioni che avvengono nelle classi del Cpia e in alcuni casi costruiti dagli stessi studenti per orientarsi nel territorio sociale: una piazza nella quale gli adulti interagiscono e imparano collaborando insieme con contenuti formativi liberi da PC e Smartphone
Il panorama e le azioni attuate e attuabili dai CPIA è dunque vario e promettente, intorno alle esigenze e alle capacità di “essere” realmente in rete e di accompagnare la crescita e l’inclusione sociale e lavorativa dei giovani e meno giovani dei territori.
Associare l’azione dei CPIA, in virtù della amplia platea di destinatari, ai soli profili di bassa occupabilità e di disagio, rischia, sul lungo termine, di togliere ulteriore linfa ad un segmento – pubblico di istruzione – che nei fatti rappresenta una risorsa da valorizzare sui territori. Rischia di offuscare ancor di più l’obiettivo di offrire a giovani e meno giovani una opportunità di reinserimento sociale e lavorativo. Rischia di consolidare una visione secondo cui il “disperso” non potrà essere recuperato. Almeno non nella ordinaria vita scolastica pubblica italiana.
Per un sistema dell’istruzione degli adulti: spazi e reti per l’apprendimento permanente dei cittadini
Il Regolamento DPR 263/2012 distingue tra percorsi di primo livello e di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana in capo ai CPIA e percorsi di secondo livello incardinati presso gli istituti tecnici, professionali e i licei artistici.
La cesura è evidente: se nelle intenzioni iniziali del legislatore (vedi art. 1 comma 632 della legge 27 dicembre 2006 n. 296) il sistema avrebbe dovuto essere unitario, nell’iter attuativo non è stato così. Oggi è sempre più necessaria una fase di sperimentazione che vada a istituire Poli Onnicomprensivi per l’Istruzione degli Adulti e per l’Apprendimento Permanente: luoghi dove gli adulti, accolti in spazi e ambienti di apprendimento adeguati, oltre a frequentare i corsi per conseguire un titolo di studio di primo e di secondo grado, possano frequentare percorsi di upskilling nella prospettiva dell’apprendimento permanente anche delle competenze digitali. I percorsi cosiddetti flessibili devono potersi integrare con i percorsi d’istruzione. Sono i percorsi flessibili a garantire all’adulto la conciliazione dei suoi bisogni di istruzione e formazione professionale con la sua ‘adultità’ che lo vede impegnato in attività lavorative e/o di cura delle persone.
Occorre cioè costruire, partendo dalla scuola pubblica, un contrasto alle povertà in cui formazione e cultura, percorsi d’istruzione e percorsi di garanzia delle competenze, percorsi ordinamentali e percorsi flessibili dialoghino tra di loro senza contrapposizioni, al fine di contribuire a costruire identità autonome capaci di orientarsi nella costruzione di Progetti di vita. Integrare le varie dimensioni del nostro agire quotidiano, unire insieme formazione della persona e del cittadino significa promuovere l’autonomia e contrastare efficacemente le povertà. Questo traguardo è possibile a fronte della capacità di saper fornire agli utenti strumenti per orientarsi e per inserirsi nel mondo del lavoro come dimensione di crescita personale. Con la finalità di aiutare le persone adulte a saper orientarsi nella rete delle relazioni territoriali, riconducibili sia alla sfera della cittadinanza che alla dimensione del lavoro, così da contribuire all’attuazione, anche attraverso l’agenda digitale, del dettato costituzionale che vuole la nostra Repubblica fondata sul Lavoro.
Bibliografia
Appadurai, A. (2014), Il futuro come fatto culturale. Saggi sulla condizione generale, Milano, Raffaello Cortina.
Buffardi A. (2020) Futuri Possibili. Formazione, Innovazione, Culture Digitali, Milano, Egea
Benedetti F., Buffardi A., (2022) Scuola, lavoro e territorio. Tradizione e innovazione nei percorsi formativi dei giovani e degli adulti. Roma, Carocci, versione digitale gratuita: https://www.carocci.it/prodotto/scuola-lavoro-e-territorio
CRS&S Lombardia (2021) Per fare un tavolo ci vuole un fiore. Spunti operativi per la costituzione di Reti Territoriali per l’Apprendimento Permanente. Quaderni spiegazzati, https://cpialecco.edu.it/wp-content/uploads/2022/03/maggio-2021.pdf
Morin, E. (1999), Les Sept Savoirs nécessaires à l’éducation du futur, Paris, UNESCO, (trad. it. I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2001).
(Morlicchio E (2012)., Sociologia della povertà, Bologna, Il Mulino.