Parte il 13 settembre la piattaforma SIDI ogni mattina dirà ai presidi se i docenti e altro personale scolastico sono in regola con il green pass, alla luce dell’obbligo del primo settembre.
Una novità che ha importante ricadute privacy, solo in parte finora affrontate.
Come funziona la piattaforma per il green pass a scuola
La piattaforma, che fa parte del sistema informatico della pubblica istruzione, è collegata direttamente con il database dei green pass (presso Sogei), per accertare la presenza dello stesso. I presidi dicono – tramite associazione ANP – che sono contenti perché non si dovrà fare un controllo manuale, è tutto automatico.
I docenti e altro personale che la piattaforma indica senza pass non potranno entrare a scuola; dopo cinque giorni di assenza scatta sospensione dello stipendio.
Come si collega il preside
Ogni giorno il preside o un suo delegato si dovrà collegare alla piattaforma (con sue credenziali del sistema informativo dell’istruzione o con spid), che in una sola schermata e dopo pochi passaggi vedrà chi del personale in servizio ha il pass e chi no.
Non compare il motivo che ha portato al pass (vaccino, guarigione, tampone). Non è possibile conservare i dati. Tutto questo in base a indicazioni del Garante Privacy.
Come si vede dall’immagine sotto, appaiono prima i nomi in elenco con pass non valido.
Comunque possibile filtrare i risultati verificati per tipo personale, codice fiscale, cognome, nome
I problemi della piattaforma controllo green pass a scuola
Tutto bene? Un momento. Al netto dei problemi dei ritardi nell’arrivo del pass agli aventi diritto, con possibili discriminazioni ai docenti che non per loro colpa ne saranno privi – da ultimo i ritardi riportati dalla Regione Lazio dopo l’attacco informatico – ci sono questioni normative e privacy da considerare.
L’idea di consentire a determinate strutture di avere accesso alle banche dati pubbliche non è nuova nel nostro ordinamento, basti pensare al ruolo che le regioni (e le strutture informatiche di riferimento con loro) hanno nel controllare le banche dati anagrafiche ai fini delle prestazioni sanitarie. La differenza in questo caso è nel profilo del personale delle scuole che accederà alla banca dati, bisognerà essere sicuri dei profili di autenticazione per evitare casi simili a quello della regione Lazio con il recente data breach indotto da uno o più ransomware.
Vogliamo evitare che i dati su chi ha pass e chi no finisca in mani sbagliato.
Va notato in generale che la piattaforma apre a nuovi trattamenti di dati, che vanno fatti in modo adeguato alla normativa e che comporta nuovi rischi.
Serve legge per green pass a scuola
Dal punto di vista normativo ritengo tuttavia che, incidendo il controllo sul diritto al lavoro e su conseguenze anche disciplinari nei confronti del lavoratore, sia necessario che l’utilizzo del controllo sia previsto da una legge ordinaria, eventualmente anche sotto forma di decreto-legge. L’utilizzo di un atto normativo secondario quale un ordinanza ministeriale andrebbe incontro a troppi problemi di legittimità che potrebbero inficiare la misura
No alla tracciabilità dei docenti
Altro elemento che andrà evitato, ma sono certo che il garante privacy, si esprimerà in maniera idonea sul punto, è che la piattaforma consenta in qualche modo la tracciabilità degli spostamenti del lavoratore, perché questo contrasterebbe con i principi costituzionali a presidio dei singoli
Il pericolo sorge perché in alcune esperienze asiatiche le app sono utilizzate non solo a fini di controllo immediato ma anche come strumento di tracciamento e di immagazzinamento di dati in funzione successiva. Invece esaurita la funzione eventualmente di sospensione e sanzionatoria, non dovrebbe essere possibile ricostruire ex post il profilo del lavoratore.
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