Tra titolari, amministratori e soci d’impresa, sono già molto numerosi i nativi digitali. I dati del registro delle imprese mostrano infatti che attualmente sono 150mila gli incarichi ricoperti dai giovani della Generazione Z, nati quindi alla fine degli anni Novanta, cioè quando Internet era in pieno sviluppo. Sono inoltre 1,6 milioni i Millennial, nati invece a partire dall’inizio degli anni Ottanta.
Sebbene l’Italia non svetti nelle classifiche internazionali per livello di digitalizzazione, è evidente che il tessuto imprenditoriale sta cambiando al suo interno anche grazie al progressivo afflusso di persone nate quando le nuove tecnologie già erano una realtà.
PNRR, imprese in ritardo: ecco come le Camere di commercio possono aiutare
Le sfide: formazione e PA
Parlare con questa nuova generazione e, allo stesso tempo, aiutare i “più anziani” a compiere la transizione digitale, oggi indispensabile per restare sul mercato, è una sfida sotto diversi punti di vista.
Lo è per il sistema della formazione nel senso più allargato del termine, chiamato a dare risposte concrete a una platea di imprenditori che lamenta difficoltà nel reperire personale adeguato a sostenere i processi di innovazione. Le previsioni a medio termine del Sistema informativo Excelsior che guardano al 2027 mostrano che il PNRR sta intensificando la richiesta di competenze per affrontare i processi di transizione verde e digitale: tra il 2023 e il 2027 saranno richieste competenze green a circa 2,4 milioni di lavoratori (il 65% del fabbisogno del quinquennio) e competenze digitali a poco più di 2 milioni di occupati (il 56% del totale). Competenze che attualmente sono davvero difficili da trovare per diverse ragioni tra cui la riduzione del numero di persone in età lavorativa causata dall’invecchiamento della popolazione (secondo l’Istat, fino al 2030 la popolazione di 18-58enni diminuirà ad un tasso dell’1% annuo); l’elevato numero di giovani, soprattutto dal profilo qualificato, che cercano opportunità all’estero (e lo scarso numero di giovani di altra nazionalità che si stabilisce in Italia); il numero ancora ridotto soprattutto di giovani donne che scelgono studi STEM.
Ma c’è anche una seconda sfida da affrontare per affiancare adeguatamente il nostro sistema produttivo oggi sollecitato dalle transizioni digitale e green. E riguarda la pubblica amministrazione. A partire da quella pubblica amministrazione – come le Camere di commercio – che ha come mission l’attività di servizio alle imprese. Una sfida che le Camere di commercio hanno colto per tempo.
Come cambiano l’organizzazione e i servizi delle Camere
Il digitale sta infatti ridisegnando profondamente l’organizzazione e i servizi delle Camere. Il profilo a cui tendere, infatti, è quello della Camera 4.0, in grado di offrire servizi digitali “su misura” che possano raggiungere e soddisfare le necessità del più elevato numero possibile di micro, piccole e medie imprese.
Questa evoluzione ha due cardini fondamentali: l’utilizzo strategico dei dati in possesso del sistema camerale e la messa a punto di piattaforme di servizi innovativi.
Nel registro delle imprese ci sono i dati relativi a oltre 5 milioni di aziende, 10 milioni di amministratori, più di 1 milione di bilanci. Il sistema camerale raccoglie i dati sul mercato del lavoro, interpellando annualmente oltre 1,2 milioni di imprese per coglierne i fabbisogni professionali. Le Camere effettuano monitoraggi territoriali, così come fa il Centro studi Tagliacarne a livello nazionale. E poi, il sistema camerale raccoglie le informazioni riguardanti i rapporti tra imprese e PA, conservando 1,8 milioni di fascicoli di impresa con 22 milioni di documenti. Si tratta di un vero e proprio patrimonio che può essere valorizzato per capire meglio le trasformazioni in atto all’interno del sistema produttivo e nei territori, e che può consentire di profilare con accuratezza i cluster di impresa ai quali le Camere si rivolgono cogliendone i diversi bisogni.
Conclusioni
Gran parte di questi bisogni possono essere soddisfatti attraverso le piattaforme digitali. Già oggi il sistema camerale ne ha messo a punto diverse che consentono l’assessment della maturità digitale delle imprese; che misurano il rischio cyber; che aiutano le imprese negli ESG; che misurano l’affidabilità finanziaria. Piattaforme per l’orientamento dei giovani al lavoro, o che forniscono informazioni e formazione sui mercati esteri, o sulla normativa tecnica. Piattaforme che assicurano una assistenza di primo livello sull’innovazione. L’offerta è ampia ed è destinata a crescere nei prossimi mesi.
Per quanto sempre più fondamentale per le opportunità che offre, il digitale non esaurisce però l’operatività delle Camere di commercio. La chiave è al contrario l’ibridazione tra fisico e digitale. Questa è la formula vincente, possibile grazie ai 165 presidi operativi esistenti. Ad esempio, con il CNR è stata realizzata una piattaforma per mettere a disposizione delle pmi oltre 150 nuove tecnologie. Presso le Camere, però, sono state strutturate e promosse occasioni di scambio in presenza tra ricercatori e imprese: veri e propri ecosistemi territoriali dell’innovazione.