La videogame culture è strumento per la DEI – Diversity, Equity and Inclusion: i videogiochi riescono a unire le persone anche a distanza, promuovono la creatività e creano fiducia.
In Italia si stimano quasi 4 milioni di videogiocatori che hanno almeno 45 anni[1] e, secondo i dati sulla distribuzione dei giocatori per età negli Stati Uniti, la maggioranza 18-34 (38%) è seguita immediatamente dagli under 18 (20%) e, non molto distanti, dalle fasce d’età 35-44 (14%) e 45-54 (12%)[2]: i videogiochi non sono più una passione “di nicchia” delle nuove generazioni.
L’utilizzo dei videogame per la DEI è efficace sotto molteplici aspetti: innanzitutto perché quando ci apriamo alle persone senza preclusione diventiamo una società più prospera, in cui qualsiasi idea può essere espressa, ma anche perché il videogioco stesso diventa strumento per apprendere e comprendere la cultura della diversità.
Il gioco cattura l’attenzione, contiene elementi di curiosità che stimolano le persone, favorisce la perseveranza nel conseguimento di obiettivi ed è in grado di fornire feedback pressoché immediati che motivano chi gioca.
Fondamentale è il ruolo del divertimento: combattere il pregiudizio attraverso un videogioco insegna in modo familiare ma estremamente efficace cosa significa vivere in contesti multietnici, con diverse religioni e differenti background sociali e culturali.
Il team di Work Wide Women ha progettato e realizzato degli Applied Game sulla DEI: Diversity@Work e Diversity@School hanno portato vivacità nelle dinamiche di apprendimento in ambienti complessi e hanno coinvolto pubblici di luoghi molto diversi, rispettivamente l’azienda e la scuola.
Indice degli argomenti
Gli scenari alternativi di Diversity@School
Grazie a uno straordinario strumento che trasforma l’esperienza di apprendimento sulla Diversity, la videogame culture aiuta a creare un dialogo sincero, in cui tutti sono chiamati a partecipare e, attraverso il loro supporto, le aziende hanno l’opportunità di pensare a come riprogettare e sviluppare le proprie politiche DEI.
Grazie ai videogame è possibile trasferire l’esperienza di gioco all’ambito lavorativo, ottenendo un mix di concentrazione, attenzione al particolare, coordinamento, strategia, creatività, attitudine al problem solving e al lavoro di squadra.
È stato proprio grazie al “circolo virtuoso” scaturito dal progetto Diversity@Work che abbiamo avuto modo di realizzare la versione del videogame per il target 10-14 anni.
Lo strumento videoludico per la fascia di età considerata è particolarmente idoneo, in quanto permette di aprire il dibattito sulle tematiche inclusive nelle scuole, purtroppo i luoghi dove più spesso si formano pregiudizi su disparità di genere, razzismo, body shaming e disabilità.
Diversity@School permette di riportare il gioco a un livello più alto, come strumento didattico e non come ripiego alla mancanza di socialità: si tratta di un gioco digitale e interattivo per sensibilizzare un pubblico di giovanissimi su diversità e inclusione.
I ragazzi della Gen Z vengono quindi sollecitati su temi importanti attraverso uno degli strumenti da loro più utilizzati, soprattutto durante la pandemia.
Diversity@School rende immediato riflettere cosa significa vivere un mondo multietnico, con diverse religioni e differenti background sociali e culturali.
Rende possibile creare dei brevi percorsi alternativi che si compongono sulla base delle risposte fornite, dando origine a diversi scenari che permettono di restituire un feedback personalizzato: in questo modo, attraverso un videogioco, insegna alle nuove generazioni come combattere il pregiudizio e la paura di accogliere la diversità.
In un momento storico in cui mancano i momenti di socialità, i luoghi di aggregazione attorno a determinati contenuti diventano i luoghi virtuali: è così che il videogame parla lo stesso linguaggio di ragazze e ragazzi ed è proprio per questo diventa uno strumento diretto di comunicazione con la loro generazione.
Cenni storici sui videogiochi
Cenni storici sui videogiochi
I giochi da tavolo hanno una lunga storia e sono stati utilizzati nella maggior parte delle culture e delle società: alcuni apparvero addirittura in tempi antichissimi, forse addirittura prima della scrittura[3].
Difficile stabilire con certezza quale sia stato il primo videogame della storia: si narra che nel 1947 fu progettato il primo videogioco da Thomas T. Goldsmith Jr. e Estle Ray Mann che utilizzava otto valvole termoelettroniche.
Altri attribuiscono la creazione del primo videogioco al fisico William Higinbotham, che nel 1958 tramite l’utilizzo intelligente dell’oscilloscopio, pare facesse partecipare i propri studenti in maniera interattiva alle lezioni[4].
Dal 1962, anno dell’uscita del primo videogame ufficiale a cura di Steve Russell (Spacewar) a oggi, passando per Asteroids, Pac-Man, Tetris, The Legend of Zelda, PlayStation, World of Warcraft, sono stati fatti passi enormi e la speranza è che il cammino prosegua nella direzione di una loro versione ancora più evoluta e completa, inclusiva e capace di intercettare tematiche socialmente utili.