Mentre le scuole esplorano il potenziale inclusivo dell’intelligenza artificiale per personalizzare l’educazione e superare barriere tradizionali, un recente sondaggio MyEdu 2023/24 svela un panorama di opinioni divergenti tra genitori e studenti riguardo l’uso delle tecnologie nei compiti a casa, evidenziando sia entusiasmo sia preoccupazioni. In questo scenario, il ruolo dei genitori e degli insegnanti diventa ancora più determinante nel guidare gli studenti attraverso la transizione verso la “scuola del futuro”, un ambiente in cui la tecnologia non è solo uno strumento di supporto ma un vero e proprio protagonista nel processo educativo.
I risultati dell’Osservatorio MyEdu sull’anno scolastico 2023/24
A qualche settimana dalla fine della scuola è positivo il bilancio sull’utilità dei compiti e sul carico di studio dell’anno scolastico appena concluso sia da parte dei genitori ma – sorprendentemente – anche da parte dei ragazzi dai 14 ai 16 anni.
Nonostante il tema dei compiti a casa sia da sempre oggetto di dibattito tra genitori, alunni e insegnanti, i risultati del sondaggio a cura dell’Osservatorio sulla didattica digitale di MyEdu 2023/24 trovano d’accordo sia mamme e papà sia, inaspettatamente, i loro figli.
L’accettazione sorprendente dei compiti a casa tra gli studenti
Non solo la quasi totalità dei genitori – circa il 90% su un campione di 2.741 famiglie coinvolto da MyEdu sul territorio nazionale – considera i compiti a casa utili, ma persino il 69% degli adolescenti, rispondenti all’indagine BVA Doxa “Junior 2024” per MyEdu, considera equilibrato il carico di studio a casa, il 5% lo ritiene addirittura scarso e solo il 24% eccessivo.
È un risultato che stupisce a confronto con i desideri dei ragazzi espressi nell’indagine dello scorso anno, sempre a cura dell’Osservatorio MyEdu e BVA Doxa, da cui emergeva che gli studenti sognavano “una scuola senza compiti”.
L’IA come risorsa da sfruttare
Ciò che inoltre si evidenzia dalla ricerca 2023/24 è che il target di ragazzi di 14-16 anni intervistati da BVA Doxa per MyEdu considera l’intelligenza artificiale una risorsa da sfruttare, mentre da parte dei genitori dei bambini della scuola primaria e secondaria di primo grado coinvolte da MyEdu le idee non sono ancora così chiare: quasi il 60% dei genitori “non sa” o la ritiene un rischio. La maggioranza degli adulti rispondenti all’indagine, quindi, è spaventata da una novità che non conosce e per questo percepisce solo come una minaccia.
Accettazione dei compiti e AI: c’è una correlazione?
A questo punto sorge spontaneo domandarsi se esista una correlazione tra l’insolito riconoscimento del ruolo dei compiti a casa e l’intelligenza artificiale, entrata repentinamente negli smartphone e pc di gran parte degli studenti (sappiamo che Chat GPT o simili promettono un aiuto “infallibile” anche nei compiti).
Di certo, l’Osservatorio MyEdu, che prosegue da oltre 10 anni e permette di monitorare la percezione delle famiglie e dei ragazzi nei confronti della scuola e dell’innovazione didattica, dal prossimo settembre punterà a indagare un’eventuale connessione tra i compiti e il supporto dell’IA e in quali specifiche modalità si espliciti questo rapporto.
Il potenziale inclusivo della tecnologia applicata alla didattica: esempi
L’innovazione tecnologica, nel suo complesso, ha già ampiamente dimostrato il proprio potenziale migliorativo nella didattica e nell’apprendimento. Oltre alla semplificazione e alla velocizzazione di attività meccaniche e ripetitive, pensiamo prima di tutto all’aspetto dell’inclusione: gli strumenti digitali, e quindi multi-mediali e interattivi, offrono un enorme potenziale inclusivo, particolarmente utile a studentesse e studenti con BES (Bisogni Educativi Speciali) o DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento).
A patto che gli strumenti digitali vengano utilizzati in affiancamento e integrazione agli altri strumenti a disposizione – quindi carta, penna, lavagna, libri di testo, confronto con i compagni ecc – questi hanno già fatto rilevare importanti progressi anche da parte di alunne e alunni meno facilitati dagli strumenti tradizionali.
Aiuto agli alunni con dislessia
Ad esempio, banalmente, per un’alunna o un alunno dislessico poter imparare la storia attraverso un video didattico, animato, interattivo, impostando il ritmo (lento/veloce) più adatto, è molto più efficace che non leggere pagine statiche sul libro cartaceo.
In questo senso, l’IA a scuola può dare a questo potenziale inclusivo un impulso inedito.
Analizzare e segmentare le caratteristiche di ogni singolo alunno
Gli algoritmi di intelligenza artificiale permettono di analizzare e segmentare le caratteristiche di ogni singolo alunno, che diventa per l’AI, unico, singolo e con bisogni specifici. In un contesto di progressivo aumento di studenti con bisogni educativi speciali o disturbi specifici dell’apprendimento, come la dislessia, è fondamentale offrire strumenti su misura per i diversi stili di apprendimento.
Applicazioni pratiche e già largamente utilizzate sono gli algoritmi di generazione di mappe mentali e cognitive, di trascrizione di testi o sottotitoli automatizzata, di conversione del testo in parlato (text-to-speech) o l’utilizzo della stessa ChatGPT per il processo di domanda/risposta tramite linguaggio naturale.
Aiuto agli studenti con difficoltà di lettura
Uno studente con difficoltà di lettura può scegliere di imparare in maniera alternativa ascoltando un audio, studiando su una mappa e non su un testo scritto, trasformando un testo in immagini.
I supporti didattici generati da algoritmi di intelligenza artificiale
In MyEdu lavoriamo per accogliere queste nuove potenzialità tecnologiche mettendo a punto una serie di supporti didattici generati da algoritmi di intelligenza artificiale: le mappe cognitive, o la trascrizione dei testi in audio, grazie alla tecnologia di text-to-speech.
Parallelamente, stiamo studiando nuove modalità di sviluppo e integrazione di strumenti basati sull’IA che adattino i percorsi di apprendimento alle capacità individuali dei bambini: per la ricerca avanzata dei contenuti, per la creazione di test ed esercizi personalizzati, per fornire feedback immediato e potenziare l’autovalutazione.
Il sogno per il quale lavoriamo, insieme anche ai nostri consulenti scientifici e in particolare la professoressa Barbara Urdanch dell’Università di Torino, pedagogista e formatrice per l’Associazione Italiana Dislessia (AID), il professor Francesco Tissoni dell’Università Statale di Milano, esperto in editorie multimediale e linguaggi del web, la dott.ssa Valsecchi, esperta in didattica e neuroscienze, è realizzare un giorno una piattaforma digitale che sia realmente per tutti e che si adatti automaticamente alle esigenze e caratteristiche specifiche di ogni studentessa e studente.
IA a scuola: il ruolo degli insegnanti e dei genitori per un uso consapevole
Per tutte le ragioni sopra esposte, crediamo che insegnare l’utilizzo corretto della tecnologia, ancora di più nel caso dell’IA, dovrebbe entrare nel “programma” didattico per guidare le ragazze e i ragazzi a un uso consapevole delle sue applicazioni.
Tutti gli studenti ormai hanno familiarità con le potenzialità dell’IA e di app come ChatGPT nel rispondere a domande, nelle operazioni di ricerca, nella traduzione di testi e addirittura nella creazione di contenuti, temi, tesine, nella correzione di errori e compiti.
Delegare la propria formazione personale a una macchina: i rischi
Ciò che pochi ragazzi conoscono, invece, sono i rischi e le implicazioni negative del delegare la propria formazione personale a una macchina: è su questo aspetto, e non sul proibizionismo, la censura o peggio la paura dell’ignoto che dovrebbe basarsi un’educazione efficace.
Genitori e insegnanti, quindi, dovrebbero essere supportati in un percorso di educazione tecnica ed etica che li renda consapevoli e preparati a guidare e orientare a loro volta figli e alunni con un senso critico informato e libero da preconcetti ideologici.
Potenziare la figura dell’insegnante
In questo senso diventa sì cruciale potenziare la figura dell’insegnante, ma non solo attraverso ore obbligatorie di formazione strettamente tecnologica come quella prevista dal DM 66/2023 (Formazione del personale scolastico per la transizione digitale). Parlando con i dirigenti e gli insegnanti, viene da chiedersi se l’enorme investimento economico sulla formazione previsto dal PNRR stia dando davvero i frutti sperati o non stia producendo un effetto boomerang; ovvero il rifiuto del digitale. Piuttosto, non sarebbe stato più lungimirante ed efficace lasciare ai singoli docenti la possibilità di specializzarsi in ciò che ritengono più affine alle proprie aspirazioni o più utile? O quanto meno prevedere un investimento su un coaching di tipo psico-pedagogico dedicato, che permetta ai docenti di affrontare l’emergenza educativa delle loro classi?
L’importanza di un supporto per garantire l’inclusione
Ciò che gli insegnanti rilevano come la vera emergenza nelle scuole, infatti, non è la mancanza di robottini o arredi innovativi, bensì l’assenza di un supporto specializzato che li aiuti, per esempio, a garantire l’inclusione di studenti immigrati di prima generazione (o di seconda generazione che in casa non parlano italiano), a gestire alunni con disturbi specifici dell’apprendimento o ragazzi oppositivi e comportamenti aggressivi.
Conclusioni
Ecco, se tutte queste opportunità formative non piovessero dall’alto a tappeto ma fossero progettate sulla base di una specifica predisposizione, aspirazione o volontà, se gli insegnanti venissero pagati anche per le ore di formazione aggiuntiva, se il loro ruolo venisse riqualificato e rispettato all’interno della società, se i genitori non si permettessero intromissioni nel loro lavoro, allora forse staremmo iniziando a risolvere i problemi della nostra Scuola.