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IA a scuola: siamo davvero pronti?



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L’integrazione dell’Intelligenza Artificiale (IA) nella scuola italiana rappresenta una sfida significativa. Nonostante gli investimenti e le iniziative legislative, l’uso delle tecnologie digitali, inclusa l’IA, resta marginale. Una formazione adeguata dei docenti e una visione ecologica delle tecnologie sono essenziali

Pubblicato il 19 lug 2024

Michela Calvelli

Presidente Operativo di GĔNĔRAS Foundation Onlus



intelligenza artificiale pc

A volte è necessario sognare ad occhi aperti o, in questo caso, con un paio di occhiali virtuali capaci di proiettarci in una scuola pronta a integrare l’Intelligenza Artificiale e il suo potenziale all’interno delle proprie aule.

Tuttavia, al di là della consapevolezza pedagogica ed educativa che un siffatto strumento richiederebbe, leggendo la relazione tra mondo scuola e mondo digitale, sorge una domanda: siamo davvero pronti per questo passo?

Nei giorni scorsi, ad esemoio, il ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha annunciato l’avvio di sperimentazioni, dal prossimo anno scolastico, attraverso l’uso di assistenti virtuali dotati di IA nelle classi, così da alleggerire il carico di lavoro amministrativo dei docenti che potranno concentrarsi di più sui rapporti umani in classe. Sarà l’ennesima sperimentazione dall’alto, male accolta e male integrata o sarà capace di entrare in relazione con le reali esigenze dei docenti e lasciare qualche traccia di miglioramento?

Evoluzione normativa e investimenti

Partiamo da un breve excursus storico per comprendere la relazione tra la scuola italiana e la trasformazione digitale. Sappiamo che la transizione scolastica verso il digitale è stata sottoposta a molte sfide, la maggior parte delle quali sono ancora aperte e non del tutto affrontate.

Il percorso verso la digitalizzazione delle scuole italiane è stato segnato da numerose leggi e iniziative. A partire dagli anni ’90, diversi provvedimenti hanno cercato di integrare le tecnologie digitali nella didattica, percorriamoli:

  • D.Lgs. 297/1994 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione), decreto che ha posto le basi per l’introduzione delle tecnologie informatiche nelle scuole italiane, stabilendo i principi generali dell’ordinamento scolastico e includendo per la prima volta l’importanza delle tecnologie nell’educazione.
  • Piano LIM (2008), con uno stanziamento di 93.354.571 euro, il piano ha fornito 35.114 lavagne interattive multimediali alle scuole e formato 72.357 docenti, con l’obiettivo di migliorare l’interattività delle lezioni e coinvolgere attivamente gli studenti nel processo di apprendimento.
  • Progetti Cl@ssi 2.0 e Scuol@ 2.0 (2009), sono stati progetti pilota che hanno coinvolto rispettivamente 416 classi e 14 scuole, con un budget complessivo di 8.580.000 euro e 3,5 milioni di euro, con l’obiettivo di integrare le tecnologie nelle attività quotidiane delle classi e delle scuole partecipanti, e promuovere l’innovazione pedagogica.
  • Piano Nazionale per la Scuola Digitale (PNSD) 2015, con un investimento di 1 miliardo di euro, il PNSD ha previsto 35 azioni per migliorare infrastrutture, competenze digitali e contenuti digitali nelle scuole, con l’obiettivo di portare un piano organico e strutturato per la digitalizzazione della scuola italiana.
  • Legge 107/2015 (La Buona Scuola), legge che ha formalizzato il PNSD, sottolineando l’importanza della formazione digitale per docenti e studenti, rendendo almeno teoricamente obbligatoria la formazione digitale per i docenti e integrando le competenze digitali nei curricoli scolastici.

Il breve excursus storico evidenzia come gli interventi legislativi e ministeriali hanno creato un terreno condiviso rispetto alla necessità della scuola di relazionarsi con le tecnologie, ma i risultati sono stati variabili e non sempre all’altezza delle aspettative.

Indagine UVAL sull’efficacia degli investimenti in tecnologie digitali

L’indagine UVAL (Unità di Valutazione degli Investimenti Pubblici) ha analizzato l’efficacia degli investimenti in tecnologie digitali nella scuola italiana. I risultati mostrano che, nonostante gli ingenti investimenti, l’uso delle tecnologie digitali in classe rimane limitato e spesso marginale. I punti salienti dell’indagine riflettono un quadro piuttosto critico e sfidante:

Investimenti e attrezzature

  • sono stati investiti oltre 400 milioni di euro in formazione e dispositivi tecnologici tra il 2015 e il 2020;
  • 35.114 lavagne interattive multimediali sono state distribuite alle scuole italiane.

Uso delle tecnologie

  • nonostante gli investimenti, l’uso delle tecnologie digitali in classe rimane limitato e spesso marginale;
  • solo una percentuale limitata di docenti utilizza regolarmente le tecnologie digitali come parte integrante della didattica.

Formazione dei Docenti

  • la formazione dei docenti è spesso frammentata e insufficiente, concentrandosi più sugli aspetti tecnici che pedagogici;
  • circa 72.357 docenti sono stati formati nell’uso delle lavagne interattive, ma molti lamentano la mancanza di supporto continuo e specifico.

Le cause principali includono una certa cecità storica ministeriale, una mancanza di riflessione sugli esiti delle precedenti esperienze di introduzione delle tecnologie nella scuola. Inoltre un approccio burocratico top-down e la tendenza a considerare sufficiente un piano ben strutturato o una circolare ministeriale per avviare una trasformazione sostanziale, non è stato in grado di avviare processi virtuosi in grado di autoalimentarsi.

Nonostante le ingenti risorse economiche, progetti di sperimentazione di vario tipo dedicati all’inserimento delle “nuove tecnologie” e un numero significativo di ore dedicate alla formazione docenti, l’onda dell’innovazione tecnologica si infrange misteriosamente con degli esiti non molto entusiasmanti, come l’indagine UVAL sopra menzionata ha rivelato. Sembra che tutto sia perso, oppure è ancora possibile sollevare la scuola dal baratro della burocrazia?

Criticità fondamentali nel sistema educativo

Uno dei principali ostacoli all’integrazione delle tecnologie digitali nella scuola italiana è la mancanza di una formazione adeguata per i docenti.

Formazione pre-service e in-service dei docenti: le criticità

Questo problema si manifesta in due momenti chiave del percorso professionale degli insegnanti: durante la formazione universitaria (pre-service) e attraverso l’aggiornamento professionale continuo (in-service).

La formazione dei futuri docenti nelle università spesso non include moduli specifici e approfonditi sulle tecnologie didattiche. Gli studenti dei corsi di laurea in Scienze della Formazione Primaria e dei percorsi abilitanti per l’insegnamento non sempre ricevono una preparazione sufficiente per utilizzare efficacemente le tecnologie digitali in classe. Questa lacuna formativa si traduce in una mancanza di competenze tecnologiche di base tra i neo-laureati, che si trovano impreparati ad affrontare le sfide della didattica digitale.

Anche per i docenti già in servizio, la formazione continua rappresenta un nodo critico. Nonostante le numerose iniziative e corsi di aggiornamento promossi dal Ministero dell’Istruzione, molti insegnanti lamentano una formazione frammentata e insufficiente. I corsi spesso si concentrano sugli aspetti tecnici delle tecnologie, trascurando gli aspetti pedagogici e metodologici. Inoltre, la partecipazione a questi corsi è spesso lasciata alla volontà individuale dei docenti e la mancanza di un riconoscimento di merito a livello stipendiale da parte del MIUR, affida alla buona volontà dei singoli una richiesta professionale che rende difficile l’adozione di approcci pedagogici innovativi, limitando anche il potenziale delle tecnologie digitali nell’educazione.

Visione ecologica delle tecnologie

L’integrazione delle tecnologie digitali nella didattica richiede una visione ecologica, che tenga conto del contesto, degli obiettivi educativi e delle specifiche esigenze degli studenti. Per i docenti significa considerare attentamente il perché e il quando utilizzare le tecnologie rispetto ai metodi tradizionali, con una selezione e un uso consapevole degli strumenti digitali che abbiamo sempre più costantemente e in modo sempre più veloce e rinnovato a disposizione. Sappiamo che non tutte le tecnologie sono adatte a tutti i contesti educativi e non sempre il digitale rappresenta la soluzione migliore. Infatti, la scelta degli strumenti ha bisogno di essere guidata da una riflessione pedagogica che ponga al centro l’efficacia didattica e il benessere degli studenti.

Metodologie didattiche innovative e valutazione

L’adozione di metodologie didattiche cosiddette innovative richiede di accompagnare innanzitutto i docenti ad un’analisi critica e costruttiva sull’efficacia dell’intoccabile processo trinitario spiegazione/lettura-studio/esercitazione-interrogazione/verifica che ancora regna sovrano nelle credenze di docenti che fondano il loro insegnamento sulla certezza che la spiegazione in classe venga compresa parola per parola, da tutti gli alunni in modo univoco e lineare. Le evidenze scientifiche e le ricerche di molti noti pedagogisti (da Montessori, a Lodi, dalle sorelle Agazzi a don Milani) dimostrano che la linearità della spiegazione-lettura del testo in classe sia solo presunta. Eppure, modificare geneticamente la scuola intervenendo su questo DNA invisibile ma profondamente condizionante non è così semplice.

Esperienze bottom-up: Scuole Senza Zaino

Abbiamo a disposizione, però, alcune esperienze bottom-up che mostrano strade possibili, come la rete di Scuole Senza Zaino, con la loro capacità di attuare una ristrutturazione degli spazi e della didattica, includendo e integrando anche il digitale, che sono degli esempi virtuosi e attuali.

Comprensione di potenzialità, limiti e dei pericoli delle tecnologie

Resta comunque degna di particolare attenzione la faccenda che l’integrazione digitale significativa in ambito educativo e scolastico richieda una profonda comprensione delle potenzialità, dei limiti e dei pericoli delle tecnologie stesse. Gli insegnanti hanno bisogno di essere formati non solo sulle competenze tecniche, ma anche su come utilizzare queste tecnologie per favorire l’apprendimento collaborativo, l’inclusione e la personalizzazione dei percorsi educativi.

La cultura della valutazione

Inoltre, un altro aspetto cruciale è la cultura della valutazione, in quanto è necessario sviluppare strumenti e pratiche di valutazione che riconoscano e valorizzino l’uso efficace delle tecnologie digitali. Diventa necessario, quindi, andare oltre la semplice misurazione delle competenze tecniche per valutare l’impatto delle tecnologie sull’apprendimento, sullo sviluppo delle competenze trasversali e sul coinvolgimento degli studenti.

La relazione al centro

Quello che spesso è sottovalutato o dimenticato, quando si predispongono dei piani attuativi o integrativi del digitale nelle scuole, è che alla base di ogni sviluppo umano c’è la relazione, come ci ricorda il Manifesto di Edunauta, che riprenderemo più avanti.

Come in ogni buona relazione è necessario che sia costruita nel tempo sulla base di solidi ingredienti, quali:

  • una comunicazione aperta e onesta, che preveda un ascolto attivo, in cui ci si esprima cercando di comprendersi a vicenda e dandosi riscontri costruttivi in merito. Succede questo tra il mondo scuola e il Ministero?
  • Una fiducia reciproca, che sta alla base di una buona relazione, dove affidabilità, trasparenza e lealtà siano riconosciuti da entrambe le parti. Si fida la scuola del digitale? E del Ministero?
  • Una condivisione di valori e di obiettivi è essenziale, per cui diventa necessario dedicare del tempo per trovare una visione comune sugli aspetti fondamentali dell’educazione.

Strutturare una relazione solida tra Ministero, scuole e docenti

Per costruire una relazione solida e duratura tra il Ministero, le scuole e i docenti, è necessario un approccio integrato che metta al centro il dialogo e la collaborazione continua. Per considerare e affrontare le criticità emergenti al fine di condividere le migliori pratiche, il Ministero potrebbe avviare una serie di tavoli di lavoro misti, coinvolgendo rappresentanti del Ministero stesso, dirigenti scolastici e docenti, per discutere periodicamente le esigenze e le esperienze sul campo. Organizzare conferenze annuali sarebbe un ulteriore passo per presentare i progressi e discutere le future direzioni da prendere.

Parallelamente, proprio grazie all’ausilio di tecnologie all’avanguardia, lo sviluppo di un portale online dedicato alla comunicazione tra il Ministero e le scuole potrebbe facilitare lo scambio di aggiornamenti, documenti e linee guida. Un portale che potrebbe includere anche una sezione per i feedback dei docenti, creando così un canale diretto di comunicazione.

La formazione continua dei docenti

Abbiamo visto che la formazione continua dei docenti rappresenta un altro elemento cruciale. Offrire corsi di aggiornamento regolari, che coprano sia gli aspetti tecnici che quelli pedagogici delle tecnologie digitali, è fondamentale. Tuttavia, sarebbe altrettanto importante creare programmi di mentorship in cui docenti esperti in tecnologie digitali supportino i colleghi meno esperti. Un approccio di formazione tra pari potrebbe consentire una formazione più personalizzata e efficace, favorendo la crescita professionale di tutti i docenti coinvolti, come d’altronde già in parte viene proposto dal Movimento delle Avanguardie Educative, promosso dallo stesso INDIRE.

Sistemi di monitoraggio per valutare l’efficacia dei programmi di digitalizzazione

Inoltre, potrebbero essere implementati sistemi di monitoraggio per valutare l’efficacia dei programmi di digitalizzazione, basati su riscontri regolari da parte delle scuole e dei docenti, di cui poi siano resi pubblici dei rapporti annuali che sintetizzino i risultati, le sfide e le opportunità emerse. Un sistema che permetterebbe di apportare miglioramenti continui e di mantenere trasparenza e fiducia tra tutte le parti coinvolte.

Infine, per incoraggiare l’innovazione, il Ministero potrebbe offrire incentivi finanziari e professionali ai docenti e alle scuole che implementano con successo programmi innovativi di digitalizzazione. Istituire premi annuali per riconoscere le eccellenze nella didattica digitale e nel miglioramento delle competenze digitali tra gli studenti sarebbe un ulteriore modo per valorizzare gli sforzi di chi lavora per l’innovazione.

Saper coinvolgere attivamente le famiglie

La ciliegina sulla torta, sarebbe poi quella di saper coinvolgere attivamente le famiglie, in quanto hanno un ruolo fondamentale nel processo educativo e hanno bisogno di ritrovare un proprio riconoscimento sociale all’interno del sistema d’istruzione. Organizzare incontri periodici con le famiglie per discutere l’importanza della digitalizzazione e raccogliere riscontri può creare un ambiente educativo più inclusivo e partecipativo. Così come offrire workshop per i genitori su come supportare i propri figli nell’uso delle tecnologie digitali per lo studio potrebbe rafforzare il sostegno familiare e migliorare l’efficacia complessiva dell’educazione digitale.

Il ruolo di Edunauta

Quindi, ritornando al Manifesto di Edunauta, anche il digitale, per essere introdotto davvero nelle scuole, avrebbe bisogno di essere integrato in un’educazione che getta le sue basi nella relazione e nella cura reciproca. Edunauta, nel suo piccolo, è un programma creato da una Fondazione privata, che tenta di riportare la relazione al centro dell’educazione. Ma siamo davvero pronti per questo cambio di paradigma?

Siamo pronti per imparare dalla storia, una storia di leggi top-down che ha portato scarsi risultati, per ripensare come costruire insieme un futuro che sappia includere la tecnologia all’interno di una visione umana e umanista dalla quale l’educazione non può prescindere?

La scuola e la teoria della “100° scimmia”

Ritorniamo alla domanda iniziale sulla capacità della scuola di integrare l’AI nelle proprie aule. Dall’analisi storica e dei risultati, appare chiaro che siamo ancora lontani dall’essere pienamente preparati per un’integrazione consapevole e su larga scala delle nuove tecnologie nell’educazione. Molto dipende dall’iniziativa di singoli dirigenti scolastici o docenti motivati, che hanno bisogno di essere sostenuti e incentivati nel loro compito di trasformare la scuola dal basso.

Reti come Scuole Senza Zaino e il Movimento delle Avanguardie Educative rappresentano solo alcuni esempi di successo di iniziative dal basso che riescono a costruire strutture adeguate per una scuola al passo coi tempi. Edunauta, di cui abbiamo citato il Manifesto, raccoglie, mappa e sostiene economicamente queste iniziative virtuose, contribuendo alla trasformazione educativa. D’altronde il cambiamento avviene dalle persone, quando queste si sentono motivate e capaci di realizzarlo.

La teoria della “100° scimmia” illustra perfettamente quello che possiamo fare intanto che le Istituzioni trovano il modo per realizzare le trasformazioni necessarie: essere quel punto di svolta, quel momento in cui il cambiamento diventa irreversibile perché abbastanza persone hanno adottato nuove pratiche e nuovi modi di pensare. Il ruolo della cultura è proprio quello di contribuire a creare questo nuovo universo simbolico in cui potersi riconoscere, da cui pensare ed agire.

Alle varie reti, programmi e movimenti dal basso, poi, si aggiungono anche i più giovani che, con la loro capacità di cogliere rapidamente le opportunità offerte dall’AI e dalle nuove tecnologie, spingono gli adulti a trovare nuovi modi di rapportarvisi.

Conclusioni

Mentre questa massa critica si forma e trasforma lentamente il tessuto sociale, speriamo che il Ministero possa sfruttare il potenziale dell’AI per creare e strutturare piani di collaborazione più funzionali e integrati rispetto al passato.

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