La tendenza a confinare nell’emergenza gli usi degli ambienti digitali in ambito scolastico sembra prevalere, dopo il lockdown e ancora dentro la pandemia, quasi oscurando decenni di dibattiti e pratiche di integrazione degli ambienti digitali per l’apprendimento a distanza.
Sullo stesso piano, nel post-confinamento, la demonizzazione dello smart working ha tradito, nei fatti e nelle idee, il significato della svolta digitale che manca al Paese.
I problemi che sono emersi, nella gestione della DAD, dello smart working, e in generale sul fronte della digitalizzazione, richiedono un’attenzione per accompagnarne l’evoluzione e l’integrazione nelle pratiche quotidiane, dentro una premessa culturale che non può essere quella del rifiuto incondizionato del digitale.
Il futuro della scuola nel PNRR: progetti e condizioni per l’innovazione
L’importanza del digitale per la scuola ai tempi della pandemia
Del resto, nelle azioni di contrasto ai confinamenti e alle limitazioni imposti dalla pandemia, l’arma del digitale è stata tra le prime che governi e collettività hanno provato a schierare. Nelle scuole – come nelle università – a livello normativo la didattica a distanza è stata imposta come unica via per consentire la prosecuzione delle attività. Tra l’obbligo della norma e il desiderio di normalità, le collettività scolastiche si sono ritrovate ad agire entro piattaforme online istituzionali e – talvolta anche con maggiore comfort – ambienti digitali informali. Nel variegato panorama nazionale italiano, hanno colmato le distanze partendo da differenti bagagli di esperienze e tecnologie.
Digitale e questione ecologia: perché non si può separarli da tutto il resto
L’emergenza Covid-19 ha, del resto, reso evidente la portata della sfida contemporanea, che intreccia temi di carattere culturale, ambientale, politico, sociale, economico, tecnologico, legale. Non si può parlare di una questione digitale separata dai diversi ambiti che, insieme, compongono la realtà sociale. Allo stesso modo non si può parlare di una questione ecologica distinta dalla complessità che viene fuori dalla intersezione dei molteplici aspetti che la compongono. Entrambe le tematiche assumono a partire dall’emergenza pandemica una rinnovata importanza, anche nelle intersezioni che le caratterizzano.
A livello nazionale italiano, per usare il linguaggio del PNRR, la modernizzazione della pubblica amministrazione, il rafforzamento del sistema produttivo, il contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle diseguaglianze sono parte di una unica sfida, rispetto alla quale il Next Generation EU «può essere l’occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo» (ibid.). Digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale sono i tre «assi strategici» che, nell’interconnessione degli elementi, rappresentano il valore della posta in gioco.
La scuola nel PNRR
La scuola è, nel Piano di ripresa e resilienza, parte di tale trasformazione, necessariamente più ampia e già in corso in periodo pre-pandemico.
La formazione, insieme all’inclusione sociale, territoriale e di genere, alla transizione ecologica, alla digitalizzazione e alla competitività, sono gli elementi all’insegna dei quali «promuovere una robusta ripresa dell’economia europea» (ivi, p.13). In questo contesto «la Missione 4 (N.d.A. Istruzione e ricerca) mira a rafforzare le condizioni per lo sviluppo di una economia ad alta intensità di conoscenza, di competitività e di resilienza (p.173). Quanto alla transizione digitale, «la rivoluzione digitale rappresenta un’enorme occasione per aumentare la produttività, l’innovazione e l’occupazione, garantire un accesso più ampio all’istruzione e alla cultura e colmare i divari territoriali» (ivi, p.19).
Nella prospettiva adottata, che focalizza l’attenzione intorno ai “pilastri” che dovranno sostenere la ripresa, la formazione è quindi introdotta nei termini più ampi delle «politiche per le nuove generazioni, l’infanzia e i giovani» (ivi, p.15). è in termini, appunto, di politiche che i Piani nazionali devono agire per migliorare i sistemi educativi, nonché le competenze di tutta la popolazione, comprese quelle digitali.
Il digitale e il lockdown mondiale del terzo millennio
Il 2020 segna a livello planetario l’evidenza della sfida contemporanea. Il lockdown mondiale del terzo millennio, l’emergenza epidemiologica e quella sociale che l’accompagna indicano un punto di rottura rispetto alle visioni del mondo, e alle aspettative, condivise. Nel primo periodo pandemico la questione digitale e quella ambientale hanno occupato un posto centrale nell’agenda pubblica, accanto ai dibattiti sulla natura del virus, sulle modalità di contagio e prevenzione.
Entrambe le tematiche rappresentano, del resto, temi di attenzione e di dibattito che vengono solo rilanciati dalla crisi. Anche l’infodemia – sintetizzabile come caos informativo – che caratterizza quella fase e le successive narrazioni della pandemia, appartiene al più generale scenario di trasformazione digitale che investe la vita sociale e politica. Il cui significato, per Derrick de Kerckhove è «un profondo e reale reset dell’individuo umano e della società. Un reset che segna inoltre una fase di passaggio della stessa evoluzione digitale»[1].
Dentro la crisi c’è la resilienza, e dopo l’emergenza si auspica la ripresa. Intorno a tali due direzioni si consolida la risposta europea alla pandemia che, attraverso il Next Generation EU prevede «investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale» (PNRR, p.5). Il Piano affronta la sfida della resilienza e della ripresa attraverso un programma trasversale alle principali questioni.
Disagi, carenze e criticità della Scuola
Un inquadramento certo non nuovo, sul quale però è importante soffermarsi, per ricordare la responsabilità delle politiche pubbliche. Il disegno di crescita di ogni singola istituzione è un tassello – fondamentale e imprescindibile – di un quadro che resta multidimensionale e che si nutre di condizioni, premesse e obiettivi complessi e complessivi. Ciò ben emerge dal programma nazionale di ripresa e resilienza, che nell’interconnessione dei temi articola tre assi strategici, sei pilastri, sedici componenti, sei missioni. E, per la Missione 4 richiama i disagi, le «carenze strutturali», le «criticità non risolte» del sistema di istruzione e formazione, dai divari territoriali e di genere all’abbandono scolastico, alle infrastrutture, al cosiddetto “storico” «skill mismatch tra istruzione e domanda di lavoro»; oltre al già da tempo dichiarato «basso livello di spesa in R&S», fino al «basso numero di ricercatori e la perdita di talenti”, alla «ridotta domanda di innovazione», alla «limitata integrazione dei risultati della ricerca nel sistema produttivo».
Temi da affrontare, a livello dei sistemi di istruzione e formazione, in una linea di continuità che va dalla prima infanzia all’università, ai dottorati, alla ricerca, all’impresa. Tra la prima infanzia e l’università un ruolo rilevante è attribuito al modello di istruzione tecnica e professionale, rispetto al quale il PNRR richiama la riforma implementata dal Ministero dell’Istruzione, che orienta verso «l’innovazione introdotta da Industria 4.0 (…) nel rinnovato contesto dell’innovazione digitale» (pp.180-181).
La centralità della transizione digitale e di quella ecologica – complesse nella connessione di elementi che caratterizzano le due questioni – richiama priorità trasversali, e non potrebbe essere altrimenti, nelle quali doverosamente risuona il vocabolario di obiettivi che sono rimasti disattesi.
Le contraddizioni che ostacolano il digitale nella scuola
Per rimanere sul piano della digitalizzazione, la complessità della questione passa però per la nostra esperienza quotidiana e per la riformulazione che da essa ne deriva a partire dalle contraddizioni che ancora sopravvivono. Piuttosto che valorizzare l’uso degli strumenti digitali per la Didattica a Distanza – per fare un esempio familiare alla maggior parte di studentesse, studenti e docenti – la DAD è divenuta sinonimo di didattica emergenziale e di serie B. La legittima necessità di studentesse, studenti e docenti di vivere l’esperienza e la relazione scolastica in presenza si è tradotta in una fuga dalle opportunità che gli ambienti online possono offrire. Piuttosto che rinforzare la modalità mista che garantisce vantaggi nelle diverse condizioni, offrendo il meglio della presenza e il meglio della distanza, una forte attenzione pubblica appare rivolta a demonizzare l’uso delle tecnologie digitali nella didattica.
Per tornare ad un aspetto del dibattito ecologico, sarebbe come confondere l’appello “plastic free” con una indiscriminata demonizzazione della plastica invece che promuovere l’impegno – e le condizioni effettive – verso il riciclo e il corretto smaltimento. Sarebbe come confondere le soluzioni: sostituire le bottiglie di plastica con le lattine in alluminio, comunque senza adoperarci per garantire il riuso e l’estensione del ciclo di vita dei materiali. Ad esempio, senza offrire adeguati contenitori per la raccolta differenziata, senza curare effettivamente le procedure di smaltimento e riciclo, senza promuovere una adeguata comunicazione pubblica sul tema.
Conclusioni
Nella trasversalità degli elementi che caratterizza le transizioni digitali ed ecologiche, ben venga dunque ricordare il piano della responsabilità delle politiche pubbliche. E insieme a quello, intrecciato nella dialettica sociale, l’agire individuale, delle singole istituzioni e delle collettività. Nella fragilità digitale e di fronte al rischio di collasso ecologico, tale intreccio richiama una imprescindibile dimensione culturale ed una necessaria operosità che, a partire dalle scelte pubbliche, vada oltre le dichiarazioni dei fallimenti accumulati.
I primi avvisi e investimenti nell’istruzione, nell’ambito del PNRR, invitano enti pubblici e locali alla riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico e delle infrastrutture, per affrontare “i nodi del paese”. Nodi da risolvere per la ripresa, per crescere nella trasformazione che già in periodo pre-pandemico correva veloce. «Un cambiamento – come ha ricordato de Kerckhove – innanzitutto delle basi della nostra cultura, che muta ad una velocità che supera la nostra capacità di sopportazione»[2].
Oltre la resilienza, c’è da auspicare la fine dell’ordinario stato di perturbazioni, in una cornice culturale supportata da politiche pubbliche che, in tutti gli ambiti, possano accogliere e favorire la transizione in corso e di cui abbiamo bisogno. Transizione che, nella trasversalità più volte richiamata, non può che essere culturale.
Bibliografia
Buffardi A. Individui, tecnologie, società: la trasformazione digitale nell’era Covid-19. Intervista a Derrick de Kerckhove. In IUL Research, Vol. 2 n. 3, 2021, pp. 21-32
de Kerckhove D. “Covid-19 is a Perfect Storme Accelerating Digital Transformation Societal Waves”. In T. Cavrak (ed.), The Role of Personal Digital Twins in the Control of Epidemics, 2020, IEEE Digital Reality, pp. 28-29
- de Kerckhove D. “Covid-19 is a Perfect Storme Accelerating Digital Transformation Societal Waves”. In T. Cavrak (ed.)., The Role of Personal Digital Twins in the Control of Epidemics, 2020, IEEE Digital Reality, p. 29. ↑
- Buffardi A. Individui, tecnologie, società: la trasformazione digitale nell’era Covid-19. Intervista a Derrick de Kerckhove, in IUL Research, Vol. 2 n. 3, 2021, p. 29 ↑