Il metaverso per alcuni non è mai veramente esistito, tanto che ormai se ne parla molto poco. È un progetto fallito? Dopo un esordio brillante, con un certo clamore mediatico, oggi si ragiona di metaverso soprattutto tra addetti ai lavori e nelle riviste specializzate. Un’altra tecnologia, l’intelligenza artificiale generativa, sembra aver rubato la scena al metaverso e monopolizzato l’attenzione dei media generalisti.
Il metaverso continua a crescere (anche se non se ne parla)
Eppure il metaverso, anche se più in sordina, continua a crescere: 130 mondi e 119 piattaforme virtuali sono state mappate nell’ultimo rapporto pubblicato ad aprile dall’Osservatorio Extended Reality & Metaverse della School of Management del Politecnico di Milano. Sono 71 i progetti realizzati finora in Italia. E tra i settori più dinamici c’è quello educativo, che purtroppo in Italia non ha mai la giusta attenzione mediatica, salvo i casi di cronaca sulla scuola.
Sperimentazioni didattiche nel metaverso
Ecco perché vogliamo invertire questa tendenza e provare a valorizzare alcune sperimentazioni didattiche ad alta densità tecnologica, realizzate da scuole e università italiane. E partiamo proprio dal metaverso, in un viaggio esplorativo tra le molecole realizzato dal Dipartimenti di Chimica dell’Università di Palermo.
Tre classi del liceo Felicia e Peppino Impastato di Partinico, in provincia di Palermo, hanno avviato una sperimentazione didattica in uno spazio virtuale appositamente costruito sulla piattaforma Spatial.io, sotto la guida dei docenti del Dipartimento di Chimica dell’Università di Palermo.
Nel metaverso gli studenti hanno manipolato le accurate rappresentazioni digitali di diverse molecole, quali insulina, glucosio, mioglobina, emoglobina, etanolo e mannosio.
Un hackathon per il cambiamento climatico
E poi hanno perfino partecipato a un hackathon per sviluppare in modo collaborativo idee progettuali in grado di rispondere con soluzioni concrete alla sfida del cambiamento climatico: ad esempio, con un’efficace rappresentazione in 3D dell’acido bietico hanno mostrato un’interessante applicazione della molecola per il packaging del futuro a basso impatto ambientale.
La piattaforma Spatial.io, con capacità avanzate di realtà virtuale (VR) e aumentata (AR), ha consentito agli studenti di condividere, interagire e collaborare in spazi virtuali tridimensionali. Coordinate dalla loro docente Rosanna Amato, i giovani ricercatori hanno intrapreso un originale viaggio nello spazio virtuale guidati dai professori Antonella Maggio e Renato Lombardo del Dipartimento di Chimica di Unipa.
I vantaggi delle esperienze didattiche immersive
Il viaggio scientifico ha conquistato tutti. Dopo una introduzione sull’importanza dei modelli per la rappresentazione semplificata della realtà, in particolare per il mondo microscopico della chimica, studentesse e studenti hanno potuto manipolare nel metaverso le accurate rappresentazioni digitali di diverse molecole.
Le lezioni di chimica in ambienti virtuali immersivi consentono infatti di esplorare concetti complessi attraverso simulazioni e visualizzazioni che sarebbero difficili o impossibili da replicare in un’aula tradizionale.
“È stata un’esperienza sorprendente. Il “metaverso per la chimica” ha incuriosito ed entusiasmato prima di tutto noi, che l’abbiamo progettato e, nonostante sia stato faticosissimo, abbiamo fatto di tutto per condividerlo con docenti e studentesse e studenti. L’entusiasmo dei ragazzi ci ha pienamente ripagati dello sforzo”, racconta Antonella Maggio, professoressa associata dell’Università di Palermo, a Cecilia Stajano, la nostra responsabile delle comunità, che ha organizzato un tour di hackathon in giro per l’Italia con l’obiettivo di combattere il gender gap nelle materie scientifiche, con sfide tematiche dedicate a diverse curvature come data science o cybersecurity.
Metaversity: il futuro dell’educazione nel metaverso
Il concetto di metaverso potrebbe essere applicato alla chimica in molti modi interessanti. Possiamo immaginare un ambiente virtuale dove gli studenti di chimica possano esplorare molecole tridimensionali in modo interattivo, manipolare legami atomici, eseguire simulazioni di reazioni chimiche e persino partecipare a esperimenti virtuali.
Nel metaverso si possono attrezzare laboratori, con strumenti e reagenti digitali. Possiamo immaginare di esplorare le proprietà delle sostanze chimiche in condizioni diverse, come temperatura e pressione, e vedere come queste influenzano il comportamento delle molecole. E magari creare un luogo dove i ricercatori chimici collaborano globalmente, condividendo idee, dati e risultati in tempo reale. Potrebbero simulare reazioni complesse, progettare nuove molecole e testarle virtualmente prima di passare alla sintesi e alla sperimentazione nel mondo reale.
Questo uso avanzato per la ricerca delle potenzialità del metaverso ha portato a elaborare oltre al concetto di eduverso, anche quello di metaversity, un ambiente virtuale che potrebbe rivoluzionare l’insegnamento e la ricerca, offrendo nuove opportunità per l’apprendimento esperienziale e la collaborazione internazionale.
Ovviamente il metaverso, e le sue declinazioni in eduverso e metaversity, sono ancora in fase di realizzazione, ma siamo convinti che lo sviluppo sia facilitato soprattutto dall’evoluzione di altre tecnologie, come l’intelligenza artificiale, e dalla contaminazione di discipline diverse. Intanto almeno il 70 per cento dei più giovani conosce o frequenta almeno un mondo virtuale.
Il ruolo delle donne nella Scienza
Attraverso la collaborazione tra scuole e atenei possiamo aiutare i giovani a trasformare gli spazi virtuali di gioco in originali ambienti di apprendimento, proprio come hanno fatto a Palermo con la chimica, interpretando in modo originale la sfida delle Coding Girls.
A luglio sono trascorsi 90 anni dalla morte di Marie Curie, la prima donna a vincere il Nobel della Fisica nel 1903 e a riceverne anche un secondo, proprio in chimica, otto anni più tardi, per la sua straordinaria scoperta del radio e del polonio. Curie è un’icona che riesce a conservare un fascino intatto a distanza di un secolo. A lei continuano a guardare le ragazze che amano la scienza e che combattono gli stereotipi di genere con scelte libere nello studio e nella professione.
Lidia Armelao, dirigente di ricerca del CNR, definisce la chimica “pervasiva”, una “central science” perché connette tante altre discipline.
La chimica come disciplina connettiva
Forse è di questo che hanno bisogno i giovani, e soprattutto le ragazze, per appassionarsi di scienza: hanno bisogno di discipline che connettano, che aiutino a comprendere e visualizzare la complessità di questo nostro tempo.
Ho assistito a un intervento della ricercatrice e ingegnere Federica Mitri, che ha incantato una platea di giovani, soprattutto ragazze, spiegando i punti quantici. “L’anno scorso il premio Nobel per la Chimica è stato assegnato a tre grandi scienziati per il merito di aver ideato e sintetizzato i punti quantici, o quantum dots. Questi sono nanocristalli di materiale semiconduttore e, ad ora, sono le particelle più piccole ottenute nell’ambito delle nanotecnologie.
Quantum dots: dai monitor all’antiterrorismo
Oggi i quantum dots sono largamente impiegati in prodotti commerciali come i monitor dei computer e gli schermi televisivi basati sulla tecnologia QLED, ma anche in campo biomedico e diagnostico come biosensori o biomarcatori. Nel nostro laboratorio impieghiamo i quantum dots per realizzare sensori per applicazioni che vanno dal monitoraggio ambientale al contrasto degli incendi boschivi, fino anche all’antiterrorismo”.
Viene proprio voglia di entrare in quel laboratorio per capire come si possa spaziare dall’inquinamento ambientale al terrorismo… Chissà, forse saranno proprio le ragazze e le giovani donne a trasformare la tecnologia in argomento pop e ad appassionarci poi anche a un’autentica cultura scientifica.