pensiero critico

Guerra, combattere in classe le fake news: il ruolo della Scuola

La capacità di analizzare e verificare le notizie è una competenza che un cittadino dell’era digitale non può non padroneggiare. E la scuola svolge un ruolo fondamentale. Ma come deve porsi, data la variegata dieta informativa degli adolescenti? Il caso Finlandia è un esempio, ma come rapportarlo alla nostra realtà?

Pubblicato il 24 Mar 2022

Maria Cecilia Averame

docente e formatore

fake news

A poche settimane dallo scoppio della guerra in Ucraina l’Italia – come tutto l’occidente – è inondata da un flusso continuo di notizie e informazioni che arrivano da diversi canali e nelle forme più varie: accanto agli articoli di giornale possiamo accedere direttamente a tweet, dichiarazioni di personaggi politici, possiamo vedere video amatoriali girati dalle finestre delle case nelle città assediate o leggere i racconti in diretta dai rifugi improvvisati nelle metropolitane.

Tale flusso di informazioni inverte il normale meccanismo di accesso alle notizie: non siamo noi – o gli studenti italiani in particolare – ad andare a cercare le ultime novità, ma sono quelle che arrivano sui nostri dispositivi e computer.

Appaiono nel flusso dei social, nei video di tiktok, vengono condivisi e commentati da persone che conosciamo.

Sorgono a questo punto alcune domande, su livelli differenti: la capacità di analizzare e verificare le notizie rappresenta una competenza che un cittadino di un moderno Stato deve padroneggiare? E in caso affermativo, vi è una responsabilità dei sistemi di istruzione scolastica nello sviluppo di tali competenze, e quali (realistici e pratici) obiettivi dovrebbe porsi la scuola? Infine, volessimo parlare in classe di guerra e informazione, di quali strumenti potremmo usufruire, quali tematiche andrebbero affrontate nell’immediato?

Guerra e disordine informativo

Il termine “disordine informativo” non è mai stato più appropriato: da una parte è ormai noto che, durante un conflitto, vengono attuate sistematicamente opere di disinformazione e di propaganda per smuovere l’opinione pubblica, creare incertezze, indebolire il fronte antagonista e rafforzarsi all’interno. D’altra parte, questo flusso ininterrotto di contenuti dà la sensazione di avere accesso a una informazione più completa e a portata di mano. E poco importa se ogni tanto qualcuno cade nell’errore di postare la foto di un conflitto passato riferendola all’attuale, o condivide un meme propagandistico senza sapere cosa vi sia dietro.

Le informazioni che arrivano dalla rete non sono quasi mai neutre: portano con sé conoscenza, ma anche messaggi impliciti nascosti. Il flusso non è casuale, e richiede attenzione e preparazione per poterlo gestire in maniera corretta senza esserne manipolati.

Guerra, il ruolo centrale di TikTok per informazione e fake news

Il caso Finlandia

Guarda caso proprio la Finlandia, che condivide con la Russia un confine di 1340 km e da essa si è resa indipendente “solo” nel 1917, è da considerarsi un punto di riferimento per l’analisi critica delle informazioni, in rete e non.

La lotta alle fake news non è una generica prassi nata nell’ultimo ventennio con la diffusione del web, ma è trattata come una competenza essenziale perché ogni cittadino possa difendersi dalla macchina della disinformazione, in questo caso russa.

La Finlandia offre una ulteriore argomentazione per l’importanza di queste competenze di analisi critica dei contenuti digitali: chiunque, in prima persona, può diventare vittima dei meccanismi di manipolazione e falsificazione dell’informazione in rete, e per questo è necessario riconoscere, prevenire o intervenire adeguatamente.

Un caso particolare è quello della giornalista e blogger Jessikka Aro. Dopo aver pubblicato un libro proprio sui meccanismi di propaganda russa si è trovata investita in prima persona da una “macchina del fango”. Le critiche che riceveva da un esercito di troll in incognito non vertevano infatti sul libro quanto sulla sua vita privata: insinuavano e diffondevano notizie false sul fatto che utilizzasse sostanze stupefacenti, che avesse relazioni segrete. Ancora: venivano diffuse online le sue informazioni private con indirizzo e numero di telefono e collegate ad avvenimenti e situazioni mai accaduti, per infamare la sua immagine.

L’analisi critica delle informazioni fa parte dei programmi scolastici finlandesi in qualsiasi ordine e grado dal 2016. Ogni materia ne è coinvolta: per esempio durante le lezioni di matematica si partecipa a lezioni di analisi dei dati, in informatica si verificano i metadata delle immagini in rete, in storia si studiano le grandi “fake news” e ne si analizzano i caratteri sociologici e psicologici[1].

Le competenze digitali degli studenti nell’Unione Europea e in Italia

Anche all’interno dell’Unione Europea l’attenzione verso le competenze digitali è costante.

Il Digital Education Action Plan per il periodo 2021-2027 rappresenta l’iniziativa più recente, e ha fra gli obiettivi quello di raccogliere le esperienze e gli insegnamenti appresi durante le iniziative di didattica a distanza dell’ultimo biennio per promuovere un adattamento complessivo dei sistemi di istruzione adeguandoli al digitale. La ratio è che possa essere un utilizzo del digitale “sano”, quotidiano e mirato a consentire lo sviluppo di competenze che altrimenti resterebbero come una attività esterna alla normale vita scolastica.

Per le specifiche competenze digitali, in attesa di un prossimo aggiornamento, ci si può basare sul DIGICOMP 2.1,e sulle cinque aree indicate, ovvero alfabetizzazione su informazioni e dati, comunicazione e collaborazione, creazione di contenuti digitali, sicurezza, risoluzione di problemi.

Ma oltre al quadro teorico la scuola necessita in questo momento di risposte pragmatiche: pur non volendo essere Finlandia, come rapportiamo alla scuola l’alfabetizzazione digitale? In quale modo inserirla fra una traduzione di greco e una analisi dei costi di economia aziendale, fra l’ora di educazione civica e un intervento di prevenzione al cyberbullismo? Come va impostata, e con quali obiettivi? Perché, se è vero che possiamo genericamente parlare di “competenze digitali”, tali competenze necessitano anche di molte conoscenze, che a loro volta necessitano di spazi e tempi dedicati, di formazione… Andrebbero per esempio dettagliate quali siano queste competenze e conoscenze attese in uscita dalla scuola: cosa devono saper fare gli studenti italiani con il digitale una volta diplomati? Avere un metodo per una corretta valutazione delle fonti? Identificare i metadata di una fotografia? Saper distinguere un BOT?

Parlare di guerra e informazione in classe

L’esigenza di far luce sull’informazione che arriva dai teatri di guerra è condivisa con altri sistemi scolastici di altri paesi. La dieta informativa degli adolescenti e dei giovani non passa solo per i canali informativi ufficiali, ed è quindi importante ragionare in classe rispetto all’utilizzo che le nazioni fanno dei canali social di intrattenimento per trovare alcune, prime, strategie.

Assistiamo alle prese di posizione delle grandi multinazionali social, e agli strumenti che mettono a disposizione, come il canale dedicato di Twitter, un flusso su cui vengono postate informazioni solo da account verificati. Dal flusso, è poi possibile risalire alle diverse testate giornalistiche e agli account degli inviati presenti in Ucraina.

Un secondo lavoro interessante è l’analisi dei messaggi reali ma manipolatori che arrivano dai politici coinvolti: perché la dichiarazione del Ministro degli esteri russo Sergei Lavrov spaventa? Quale è il messaggio implicito che contiene? E i tweet del primo ministro ucraino Volodymir Zelenski verso chi sono indirizzati, e quali obiettivi intendono perseguire?

Sempre restando nella manipolazione di informazioni vere, un’attività interessante è l’analisi dei titoli di giornale, per individuare le formule retoriche utilizzate e l’appello al sentimento. Che differenza c’è, ad esempio, fra titoli quali “Bombardano anche l’ospedale dei bambini”, oppure “Bombe sui figli d’Europa”, “Bombe sui bambini”, “Mosca Cieca”, “Bombe sui bambini malati”, oppure “Bombardato ospedale pediatrico a Mariupol” (tutti i titoli si riferiscono al bombardamento del 9 marzo 2022)?

Si può poi lavorare sulla capacità di valutare le fonti. Un primo passo è utilizzare correttamente strumenti di analisi delle immagini messe a disposizione da Google, pratica molto utile per verificare la provenienza di una fotografia e l’uso che ne è stato fatto all’interno della rete.

La lettura laterale

Alcuni suggerimenti ci arrivano dall’estero. Da una ricerca presentata a gennaio 2022 dell’Università di Standford ci arrivano alcuni suggerimenti per nuove strategie, in particolare sull’utilizzo della lettura laterale. La ricerca confronta le metodologie di ricerca in rete di alcuni gruppi di persone con background differenti. Ne è emersa una differenza di approccio fra chi, abituato alla carta, utilizza in rete la stessa modalità di lettura verticale (dall’inizio alla fine di un articolo) e che maggiormente incorre in errori e chi invece, più abituato alle meccaniche della rete, tende a leggere poche righe per aprire poi finestre e link, che permettono di risalire alla fonte o trovare collegamenti con altri scritti.

Per stimolare alla lettura laterale è online un progetto, Civic Online Reasoning, con materiali gratuiti per educatori e formatori utili per il lavoro in classe.

Sort Fact from Fiction Online with Lateral Reading

Sort Fact from Fiction Online with Lateral Reading

Guarda questo video su YouTube

Un secondo progetto interessante è The Student View, il cui focus verte proprio sulla media illiteracy, ovvero l’analfabetismo dei media e dei loro messaggi. In questo caso il progetto prevede la creazione di una redazione giornalistica in ogni classe, capace quindi di generare contenuti validati e affidabili.

L’analisi delle fonti

Un ultimo suggerimento è quello di non mettere da parte strategie e strumenti di maggiore complessità, come il noto CRAAP TEST, utile non solo per l’analisi delle fonti web ma anche per verificare e vagliare le fonti per ricerche scolastiche e saggi universitari. Tutte pratiche volte a favorire la creazione di uno spirito critico pronto a chiedersi, di ogni contenuto incontrato in rete, dove siano indicate le referenze, l’autore, la data di pubblicazione, etc.

Note

  1. https://www.valigiablu.it/finlandia-scuola-primaria-disinformazione/

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Analisi
Video
Iniziative
Social
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati

Articolo 1 di 3