A 360 gradi si sente il bisogno di un maggior uso di informazione autorevole per approfondire e per decidere. Lo reclamano gli insegnanti e i bibliotecari, che da anni sperimentano con i ragazzi percorsi di information literacy per creare lavori argomentati con fonti rilevanti, ma il problema è molto più generale e riguarda tanto più chi è al di fuori del percorso scolastico. Senz’altro non mancano queste fonti – l’editoria scientifica commerciale ne produce moltissime, purtroppo spesso non tradotte in italiano – ma qui ci focalizzeremo su quelle pubblicate da un editore particolare, l’istituzione pubblica.
L’evoluzione della documentazione prodotta dalle istituzioni pubbliche e diffusa in Rete è stata monitorata dall’Associazione italiana biblioteche attraverso il Repertorio DFP, un progetto nato nel lontano 1997, proprio quando questi documenti cominciavano ad essere diffusi anche attraverso la Rete Internet.
Un’apposita redazione, composta da bibliotecari, documentalisti e specialisti dell’informazione nei vari settori, ha contribuito negli anni al lavoro di selezione e indicizzazione di rapporti, relazioni, banche dati, periodici, siti e porzioni si siti1.
Qual è l’elemento che accomuna questi documenti? Il fatto che la loro produzione e circolazione non è responsabilità di un singolo o di una entità privata con un fini particolari, ma di istituzioni che rispondono e devono rendere conto ad una determinata comunità di cittadini. I documenti sono prodotti perché ciò è parte dell’ attività istituzionale dell’ente.
A prescindere dal tipo di pubblicazione, dal formato, dalla modalità di diffusione (oggi quasi esclusivamente Internet), l’informazione prodotta dalle istituzioni pubbliche, pur con tutti i possibili limiti, è, in molti casi, l’unica fonte originale esistente o, in altri casi, la migliore per qualità e autorevolezza rispetto a ciò che viene prodotto da soggetti privati. Come la democrazia, sebbene il sistema possa essere imperfetto, non siamo riusciti a trovarne ancora uno migliore. Stante che questo tipo di informazione trova una diffusione gratuita attraverso i siti web delle istituzioni, si tratta di pubblicazioni non solo rilevanti, ma gratuite e liberamente accessibili.
La fruizione della documentazione di fonte pubblica dovrebbe aiutare a porre un argine ai divari sociali che nascono dai divari informativi. Se chi è ricco può accedere ad informazione di qualità e chi è povero si trova ad usare contenuti imprecisi, inaccurati, poco significativi, questo non può che accrescere le diseguaglianze di partenza. La valorizzazione dell’informazione gratuita prodotta dal settore pubblico può quindi attenuare questo divario.
Se leggiamo i cambiamenti avvenuti in questi venti anni attraverso il censimento di documenti presenti nel Repertorio DFP, sul piano della disponibilità di informazione facilmente accessibile a tutti sono stati fatti passi importanti. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una continua messa in rete di archivi, datawarehouse, pubblicazioni, più di recente open data. Per esempio Normattiva, la banca dati della legislazione vigente, è ormai in linea dal 2010. La Gazzetta Ufficiale e le varie gazzette regionali, gli archivi delle principali corti inclusa la Corte di Cassazione, una grandissima quantità di dati statistici rilevati e elaborati dai membri del Sistan, con Istat in testa, sono potenzialmente patrimonio di tutti. E poi pubblicazioni, relazioni, ricerche di molte istituzioni vengono continuamente pubblicate in vario modo attraverso i siti web. Oggi non vi è istituzione pubblica che non usi il web per diffondere le proprie pubblicazioni e banche dati. Accanto a questi miglioramenti importanti in questi anni si sono registrate però anche numerose “sparizioni”, di siti web di enti pubblici, di pubblicazioni, di banche dati. Le ragioni per le “scomparse” sono varie: in alcuni casi progetti che chiudono, in altri casi si tratta della brutta abitudine di ripartire da zero all’arrivo del successivo governo, amministrazione e così via, talvolta le istituzioni pubbliche si trovano nella difficoltà oggettiva di gestire la grande quantità di documenti prodotti.
Perché vale la pena parlare di questi temi? Perché da un lato questo tipo di informazioni molto rilevanti e di qualità sono poco utilizzate. Pubblicare documenti su di un sito non significa ovviamente che qualcuno andrà a leggerli. Cercando attraverso motori o strumenti di ricerca non vi è nessuna certezza di vedere queste pubblicazioni segnalate nelle prime pagine restituite e quindi di un recupero “reale”.
I media usano l’informazione del settore pubblico, attingendo principalmente ai comunicati stampa, ma non sempre fungono da mediatori delle fonti verso i cittadini. Quando la notizia dell’uscita di testi fondamentali, come la Relazione del Governatore di Banca d’Italia o l’Annuario statistico di Istat viene presentata, di rado si segnala la disponibilità piena dei rapporti completi che hanno generato la notizia, accessibili a testo pieno e gratis. E questo vale molto di più per documenti davvero rilevanti ma meno noti al grande pubblico (si pensi alle Relazioni al Parlamento presentate su fenomeni assolutamente di interesse pubblico e consultabili tra i documenti parlamentari DOC in numero romano)2.
In conclusione, questo tipo di pubblicazioni non sono oggi un patrimonio davvero diffuso.
Quali problemi rimangono aperti se guardiamo dal punto di vista di chi le pubblicazioni di cui ragionamo le produce?
Senz’altro al primo posto troviamo la conservazione di questo patrimonio informativo digitale. Al momento la Biblioteca nazionale centrale di Firenze attraverso il Progetto Magazzini Digitali sta lavorando ad una soluzione per l’archiviazione automatica delle pubblicazioni elettroniche di interesse culturale destinate all’uso pubblico, incluse quindi quelle delle istituzioni pubbliche, ma il Regolamento che avrebbe dovuto dare seguito alla Legge 106 del 2004, relativamente alle ”modalità di deposito dei documenti diffusi via rete informatica” non c’è e si stanno realizzando sperimentazioni sull’archiviazione di informazione di fonte pubblica.
I singoli enti non aspettano, e infatti si sono organizzati autonomamente per la conservazione non solo delle pubblicazioni digitali ma anche dei dati. Il confronto è senz’altro necessario e sarebbe utile giungere ad una definizione di criteri comuni.
Altra questione riguarda la necessità di una chiara individuazione delle aree del sito delle istituzioni pubbliche destinate alle pubblicazioni e ai dati. Ci sono senz’altro ottimi esempi (Banca d’Italia, MEF…) ma è necessario che tutte le istituzioni pubbliche, e non solo quelle centrali, organizzino i propri siti in questo modo.
Ulteriore aspetto riguarda la rappresentazione e descrizione bibliografica dei documenti, con metadati formali e semantici per l’individuazione corretta degli stessi. La cura formale ha un valore sostanziale, perché l’assenza di certi elementi identificativi, maggiore nelle pubblicazioni web di quanto non fosse rispetto a quelle cartacee (ad esempio mancanza delle date di pubblicazione, del frontespizio con tutte le informazioni in merito alla responsabilità…), rende difficile identificare univocamente una pubblicazione.
Positivi sono gli sforzi, senz’altro perfettibili, che queste istituzioni stanno compiendo per cercare di produrre non solo documenti di analisi e di approfondimento, ma anche guide e strumenti educativi in relazione ai compiti cui sono preposti. Per fare alcuni esempi dal fronte dell’educazione finanziaria, Banca D’Italia pubblica Le guide della Banca d’Italia, che spiegano in modo piano, ma rigoroso, come funzionano i mutui, i conti correnti, il credito ai consumatori. Istat è stato un capostipite su questi progetti, già nel 2006 con il suo Il valore dei dati cercava di spiegare perché l’educazione statistica e le informazioni statistiche servano a tutti per decidere. Sul fronte della sanità il progetto MEDUSA dell’ Istituto Superiore di Sanità seleziona risorse rilevanti a partire da problemi biomedici guidando i cittadini nella miriade di informazioni presenti in rete . Su temi molto rilevanti l’ISS ha pubblicato numerose guide come quella recente sulle vaccinazioni.
Dal punto di vista della mediazione che le biblioteche esercitano rispetto alla divulgazione di queste pubblicazioni e banche dati possiamo segnalare vari approcci di information literacy education messi in atto e rivolti ad un pubblico ampio, in particolar modo a chi è al di fuori del percorso scolastico o accademico.
Da un lato le biblioteche di pubblica lettura degli enti locali lavorano attraverso laboratori e occasioni di apprendimento offerte ai cittadini consigliando l’uso dell’informazione del settore pubblico. La quasi totalità di esse offre inoltre servizi di assistenza alla ricerca in cui queste pubblicazioni, una volta parte del patrimonio fisico cartaceo delle biblioteche civiche e oggi di quello digitale, vengono suggerite ai cittadini in quanto autorevoli.
Le biblioteche delle istituzioni pubbliche che non appartengono agli enti locali possono contribuire non solo a diffondere le pubblicazioni del settore pubblico e del proprio ente con azioni positive (ne sono alcuni esempi le attività di information literacy education che vengono già proposte in questo senso dalla Biblioteca del Parlamento e dalle biblioteche delle Assemblee legislative di diverse regioni italiane)3, ma anche in una funzione consulenziale per l’istituzione stessa rispetto alle sue pubblicazioni, grazie al sapere bibliografico e di gestione dell’informazione di cui sono depositarie.
1 I criteri di inclusione sono qui specificati: DFP, Nota metodologica, <http://dfp.aib.it/index.php?P=DFP_003>
2 Camera dei deputati, Documenti parlamentari : I DOC, http://www.camera.it/leg17/168. A titolo di esempio: Relazione sui dati relativi allo stato delle tossicodipendenze in Italia, Relazione sullo stato di attuazione dei progetti di innovazione industriale, Relazione sulla formazione continua in Italia, Relazione sullo stato sanitario del Paese, Relazione sullo stato dell’ambiente, Relazione sulla partecipazione italiana alle operazioni internazionali in corso…
3 I progetti saranno presentati nel seminario che si svolgerà il 4 dicembre alla Biblioteca del Senato, organizzato dalla Biblioteca del Senato e dalla Redazione DFP di AIB, Associazione italiana biblioteche, dal titolo Giornata della documentazione di fonte pubblica: vent’anni di evoluzione dell’informazione nel settore pubblico .