media art

Intelligenze multiple, per imparare bisogna usare tutta la testa

Con il format del Media Art Festival vengono portate nelle scuole esperienze formative “a cervello completo”. Artisti e studenti lavorano insieme a opere condivise, sperimentando nuovi linguaggi e forme espressive

Pubblicato il 12 Mag 2017

Mirta Michilli

direttrice generale della Fondazione Mondo Digitale

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Per spiegare cosa siano le intelligenze multiple e cosa significhi imparare “a cervello completo” l’autrice Linda Williams nel volume Teaching for the Two-sided Mind (1986) usa una metafora molto efficace. Paragona l’emisfero sinistro del cervello, che ha predominato nell’educazione tradizionale, a un computer digitale e il destro a un caleidoscopio. L’emisfero sinistro lavora all’elaborazione di “parti”, mentre l’emisfero destro lavora all’elaborazione di “interi”. Nella media art possiamo immaginare un’associazione tra le dimensioni digitali e l’emisfero sinistro, e tra le arti e l’emisfero destro.

Una dinamica virtuosa che ci spinge ad apprendere con un approccio whole-brain, in perfetta sintonia con il modello di Educazione per la vita sviluppato dal direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale Alfonso Molina, che integra conoscenze, competenze, valori fondamentali e aspetti caratteriali (Educazione per la vita e inclusione Digitale, Erickson, 2016). Per questo, quando abbiamo ideato e sviluppato il progetto-format del Media Art Festival, abbiamo voluto che l’aspetto educativo fosse una dimensione fondante e abbiamo pensato a laboratori diffusi di produzione artistica nelle scuole e in altri luoghi formativi, come i fab lab. E per creare uno spazio di esperienza “a cervello completo”, aperto alle scuole di ogni ordine e grado, abbiamo creato anche all’interno della Palestra dell’Innovazione un Media Art Lab. Gli studenti sperimentano l’uso creativo delle tecnologie e forme collaborative di produzione, lavorando con artisti, maker, scienziati ecc. Grazie a queste esperienze coinvolgenti possiamo formare nuovi pubblici, interpretando in modo originale la sfida dell’audience development, priorità del programma Europa creativa.

In preparazione al Media Art Festival, che si è svolto nella capitale dal 27 al 29 aprile, sette laboratori hanno coinvolto 250 studenti di 11 scuole, 2 istituti comprensivi e 9 secondarie di secondo grado. Quattro laboratori hanno coinvolto gli artisti del progetto ENLIGHT – European Light Expression Netowrk, finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del Programma Europa Creativa, gli altri tre il progetto formativo “Carbon Footprint attraverso le arti digitali. Nuovi modelli didattici per l’insegnamento della scienza“, realizzato con il sostegno del Miur in collaborazione con il Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma.

Nei tre giorni di mostra al Maxxi, accanto alle opere di artisti internazionali come Sigalit Landau e Joseph Delappe, sono stati esposti anche i progetti delle scuole: quattro opere di video art, una installazione sonora, una installazione sonora interattiva e una performance sonora live. Per la categoria migliore opera realizzata con le scuole ha vinto “La sua lingua e la nostra“, installazione sonora interattiva realizzata dall’artista Francesco Bianco con gli studenti dell’ITTSET Emanuela Loi di Nettuno.

Quest’anno, per la prima volta, nella cornice del Festival si è svolta anche una maratona di creatività dedicata agli under 35, in collaborazione con Lazio Innova, all’interno del programma Lazio Creativo, per sviluppare idee imprenditoriali su media art e light art con strumenti tecnologici (app, siti web, game) a servizio di pubblici diversificati. Nella Palestra dell’Innovazione 140 studenti hanno progettano e realizzano strumenti digitali per promuovere e “accelerare” le storie di successo di Lazio creativo, il reportage narrativo e fotografico che ogni anno mette in mostra i 100 talenti giovani più innovativi e interessanti del territorio.

Oliver Grau, storico dell’arte e teorico dei media, sostiene che la media art sia la “forma d’arte più efficace per comprendere le urgenze culturali” del nostro tempo. Il tema di questa terza edizione, “Path Toward Human Sustainability”, ci ha permesso di portare all’attenzione di un pubblico molto diversificato la sfida della “consilience”, un termine difficile da tradurre in italiano, che forse possiamo rendere con l’espressione “convergenza”. La complessità del mondo, e l’accelerazione delle trasformazioni sono incomprensibili senza una visione capace di sintetizzare science e humanities. Così, grazie anche alla media art, stiamo formando una nuova generazione di studenti e di docenti capaci di pensare e agire con un nuovo framework mentale che opera per “interi”, cercando l’unità della conoscenza.

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